26 ottobre 2016

“Israele non ha alcun desiderio di fare la guerra a Gaza, ma se Hamas ci obbligherà a farla, per Hamas sarà l’ultima guerra”. Lo ha detto il ministro della difesa israeliano Avigdor Lieberman in un’intervista lunedì al più diffuso giornale palestinese, al-Quds, contestata ancor prima che fosse pubblicata. “Vi sono elementi molto estremisti nella striscia di Gaza che puntano alla distruzione di Israele – ha detto Lieberman – ma sia chiaro: se decideranno di smettere di scavare tunnel, trafficare armi e lanciare razzi, noi diventeremo i primi investitori nella riabilitazione di Gaza: porto, aeroporto e zona industriale. Gaza potrebbe diventare una Hong Kong. Ma Hamas ha investito più di mezzo miliardo di dollari in strutture militari, anziché in sanità e istruzione”. Circa lo stato palestinese, Lieberman ha detto: “Sono per la soluzione a due stati, ma il problema sta nella dirigenza palestinese, non in Israele. Sono a favore di uno scambio di territori e della popolazione (che vi vive). Non capisco perché la zona del triangolo e di Umm al-Fahm debba far parte di Israele se i suoi abitanti si considerano palestinesi. E perché devo sovvenzionare il capo del movimento islamico Raed Salah e pagare lo stipendio alla parlamentare araba Hanin Zoabi, se non riconoscono lo stato ebraico? Vogliono far parte dello stato palestinese? Prego, si accomodino”. Con questo scambio, secondo Lieberman, insediamenti come Ma’ale Adumim, Givat Ze’ev, Gush Etzion e Ariel potranno far parte di Israele. Liberman ha poi criticato l’attuale presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che “non è in grado di prendere decisioni difficili” né di firmare un accordo di pace definitivo con Israele, e che presiede una gerarchia corrotta “che è diventata il principale problema del palestinese della strada”. L’Autorità Palestinese ha reagito con un comunicato in cui si dice che Liberman “si illude di poter trovare un partner palestinese di pace che si adatti alle sue posizioni” e si accusa il ministro israeliano di “tentare subdolamente di creare una divisione fra il popolo palestinese e la sua dirigenza”.