27 ministeri per unAutorità che non governa

Quanto costano gli sprechi e gli eccessi della macchina governativa palestinese?

Da un articolo di Meron Benvenisti

image_1198Per quante critiche si possano fare agli sprechi e agli eccessi di un governo formato da 24 ministeri, vale la pena ricordare che il caso di Israele non è poi così drammatico. Esistono esempi peggiori.
Si consideri, ad esempio, la struttura governativo-burocratica dell’Autorità Palestinese, quella impantanata nella nota crisi politica e finanziaria. Chiunque dia un’occhiata da vicino alla lista di ministeri, dipartimenti, istituzioni e agenzie governative pubblicata dalla Palestinian Academic Society for the Study of International Affairs, di Gerusalemme est, non può che restare stupefatto: è questo ipertrofico mostro burocratico quello chiamato a gestire gli affari del popolo palestinese, in miseria e sotto occupazione e sull’orlo di una catastrofe umanitaria?
L’Autorità Palestinese conta non meno di 27 ministeri, uno meno di cinque anni fa. Ad ogni buon conto, il ministero che fu dello scomparso Yasser Arafat è stato suddiviso in tre distinti dipartimenti sotto Mahmoud Abbas (Abu Mazen): quello della presidenza, quello del primo ministro e quello del gabinetto.
Ogni ministero ha un ministro, un vice ministro e uffici regionali oltre a quello principale. In tutto vi sono 114 uffici regionali tra Cisgiordania e striscia di Gaza, ai quali si aggiungono 14 governatorati distrettuali, ciascuno con il proprio ufficio.
La distribuzione e la sovrapposizione di autorità e competenze dà la netta impressione che questa struttura amministrativa serva soprattutto per creare un gran numero di impieghi e per elargire favori. Non sono certo razionali considerazioni di efficienza quelle che hanno dettato la scelta di separare il ministero dell’istruzione e dell’istruzione superiore da quello della cultura e dell’arte e da quello della gioventù e dello sport. Ciascuno dei quali, naturalmente, ha diversi direttori generali e uffici distrettuali distinti. Gli affari del governo locale sono suddivisi fra tre ministeri: interni, governo locale e affari civili; mentre la programmazione è divisa fra il ministero per la pianificazione e quello per le autorità locali.
Le pubbliche relazioni stanno molto a cuore all’Autorità Palestinese. Oltre al ministero speciale per l’informazione (dotato di ministro, vice ministro, consiglieri, cinque direttori generali e cinque uffici distrettuali), al presidente Abu Mazen fanno capo tre specifiche ripartizioni per l’informazione: l’ufficio pubbliche relazioni, l’ufficio per l’informazione estera e un dipartimento per la stampa araba e i media locali.
La tecnologia informatica merita due ministeri, mentre le “risorse umane” e il planning interessano altri tre o quattro ministeri. Esiste un ministero specifico per le donne, e il ministero dei trasporti comprende anche indirizzo e numero di telefono dell’ufficio del capo dell’aeroporto di Gaza, distrutto cinque anni fa negli scontri con Israele.
Esiste un ministero per gli insediamenti e il “muro”, e un ministero per gli affari di Gerusalemme [che non fa parte dell’Autorità Palestinese].
A tutto questo bisogna aggiungere una pletora di “agenzie”, enti, istituzioni e comitati, come l’Authority per la qualità ambientale, l’Amministrazione fondiaria, il Comitato olimpico, agenzie per le teleradiodiffusioni, per l’energia e il carburante eccetera, ciascuno con decine di burocrati a libro-paga.
Le forze di sicurezza contano almeno dieci diverse organizzazioni, compresa la polizia navale e la polizia per il turismo e le antichità.
Se non sapessimo in quali tristi condizioni versano i territori palestinesi e quanto sia limitato, a volte persino fittizio, il controllo effettivo dell’Autorità Palestinese sui settori che sostiene di gestire, potremmo essere impressionati di fronte a questa dimostrazione di nation-building, che ha la pretesa di riflettere l’ampiezza delle attività del governo palestinese. La verità è che pochi soldati israeliani mandati a gestire i posti di blocco mobili all’interno della Cisgiordania influiscono sulla “economia nazionale” molto di più dei tre ministeri che sarebbero ufficialmente in carico di governarla.
La crisi finanziaria conseguenza del boicottaggio del governo Hamas minaccia di bloccare le attività dei dipendenti di questi 27 ministeri. Ma il problema più grosso è dato dagli oltre 40.000 insegnanti, 12.000 operatori della sanità e 70.000 agenti della sicurezza che rischiano di non ricevere più i loro stipendi. Il presidente francese Jacques Chirac ha proposto di trasferire gli stipendi direttamente a questi dipendenti. Ma è facile immaginare che l’apparato burocratico – dove lo stipendio medio e due terzi più alto della media nazionale – si premurerà di garantirsi che gli stipendi degli impiegati governativi siano i primi ad essere pagati.
Nell’attuale atmosfera di crisi nessuno si sogna di proporre una riduzione di questa pletorica macchina burocratica, per la quale esiste anche una scusa economica: se il governo non paga gli stipendi, la crisi economia peggiora. Dopo tutto, precedenti richieste di alleggerimento non hanno portato ad alcun risultato. Forse, in questo contesto, il dicastero palestinese più ironico di tutti è quello responsabile della “gestione del programma di riforme”, all’interno del ministero per la programmazione. Ha un numero di telefono, ma non risponde nessuno.

(Da: Ha’aretz, 4.05.06)

Nella foto in alto: 21 marzo 2006, l’entrata in carica del governo Hamas dell’Autorità Palestinese