A chi importa del massacro siriano?

Piazza araba ed élite occidentali si infervorano solo per il conflitto ebraico-palestinese, e solo quando ci sono di mezzo degli ebrei

Di Sever Plocker

Sever Plocker, autore di questo articolo

Sever Plocker, autore di questo articolo

Il numero dei morti nella guerra civile siriana si sta avvicinando a 140.000. Almeno l’80% delle vittime sono state uccise dalle forze fedeli all’attuale regime siriano: un massacro che si consuma nel cuore del mondo arabo, a un tiro di schioppo dal mondo europeo occidentale e progressista. Il silenzio dell’uno e dell’altro, l’indifferenza araba ed europea per le montagne di corpi che si vanno accumulando nelle campagne e per le strade delle città siriane cancella di fatto ogni loro diritto di fare la morale a chiunque, in giro per il mondo.

Le autorità dei paesi arabi confinanti con la Siria stanno franando sotto il peso di centinaia di migliaia di profughi, e qui è dove inizia e finisce la loro preoccupazione per ciò che accade in quel paese. Una dozzina di vittime nelle proteste in Egitto scuote l’opinione pubblica araba illuminata; 140.000 morti in Siria non attirano la sua attenzione.

La piazza araba, famosa per la rapidità con cui si infervora e si incendia per le offese e le ingiustizie al mondo arabo, si è mossa poco o punto. I canali televisivi che infiammavano i loro spettatori nei giorni della “primavera araba” si sono buttati su spot pubblicitari e futili dibattiti in studio: chi è a favore degli omicidi di massa? Chi è contro? Chi si astiene? La maggioranza si è astenuta.

Siria: tre anni di guerra civile, tre milioni di profughi e sfollati (nella foto: il quartiere Bab Amro, a Homs, maggio 2012)

E dove sono le decine di migliaia di manifestanti davanti alle ambasciate siriane nelle capitali europee? Dove sono i giudiziosi pacifisti di Londra Parigi Roma Berlino Copenaghen, sempre pronti a lanciare grandi proteste sulle “questioni internazionali”? I pacifisti se ne rimangono in pace. Non si vedono battagliere conferenze convocate d’urgenza nelle università; non si vedono organizzazioni non governative fare appello a ogni persona ragionevole e dotata di una coscienza perché recida ogni rapporto con gli assassini seriali del regime di Damasco. I quotidiani non riempiono ogni giorno la prima pagina con storie di orrore e fotografie scattate nei campi della morte siriani, come si sono sempre compiaciuti di fare, invece, durante le operazioni anti-terrorismo israeliane in Libano o nella striscia di Gaza anche a costo di pubblicare senza tanti scrupoli notizie e immagini esagerate, decontestualizzate quando non direttamente falsificate.

Quasi dappertutto la carneficina siriana è passata dalle prime pagine alle pagine interne. Solo l’uso delle armi chimiche ha riacceso per un po’ i riflettori dell’opinione pubblica, per la memoria storica delle guerre mondiali. Ma Assad, che ha le mani e le braccia intere che grondano sangue, si è persino preso una amichevole pacca sulle spalle quando ha accettato di demolire il suo arsenale chimico (che non doveva nemmeno avere, e negava di avere). E perché mai ha accettato? Perché per un breve, fugace momento ha pensato che Obama fosse effettivamente pronto a usare la forza contro di lui. Tanto è bastato. Non è stata la diplomazia del compromesso di Putin che ha indotto i siriani a cedere le armi chimiche, è stata la diplomazia della minaccia occidentale. E un po’ di paura per il nervosismo di Israele.

«Abbiamo fatto l’abitudine agli ottocento siriani assassinati in un solo fine-settimana, compresi donne e bambini?»

E noi israeliani? Anche noi abbiamo fatto l’abitudine agli 800 siriani assassinati in un solo fine-settimana, compresi donne e bambini? Certo, la situazione particolare di Israele impedisce di aiutare le vittime dell’eccidio, salvo prendersi cura dei feriti che arrivano nei nostri ospedali, cosa che viene fatta con abnegazione e generosità. Certo, la Siria è uno stato nemico. E tuttavia i nostri rappresentanti in tutte le istituzioni internazionali dovrebbero mettere all’ordine del giorno incessantemente e instancabilmente l’orgia di stragi del regime siriano, anche a costo di risuonare come voce che grida nel deserto.

Inutile soffermarsi, poi, sulla viltà morale dei leader politici della comunità araba israeliana nei riguardi di ciò che sta accadendo in Siria: vergognosa, disgustosa, miserabile.

L’incapacità del mondo civile di aiutare i ribelli siriani moderati e democratici sta rapidamente portando all’estremizzazione tra le loro file, lasciando libero il campo a una crescente infiltrazione da parte del fanatismo islamista. La rivolta dei siriani civili si sta trasformando nella guerra dei cultori dell’odio. Ma in definitiva alle élite occidentali non importa e non è mai importato nulla della sorte degli abitanti dei villaggi siriani o degli oppressi a Tripoli. In definitiva non gliene importa nulla degli arabi, a meno che non abbiano a che fare con il conflitto ebraico-palestinese: e anche in quel caso non perché ci siano di mezzo i palestinesi, ma perché ci sono di mezzo gli ebrei.

(Da: YnetNews, 15.1.14)