A gola spiegata

La canzone israeliana: una tradizione lunga, vivace e poco nota

Da un articolo di di Mordechai Naor

image_1629Nei giorni in cui le scuole israeliane si insegnava ancora il canto, molti raccontavano questa barzelletta: un ragazzo mostra al padre una pagella in cui si vede che è insufficiente in tutte le materie salvo un ‘ottimo’in canto.. Il padre, come si usava all’epoca, gli dà uno schiaffo. Quando il ragazzo chiede perché, il padre irato risponde: “Con voti così brutti hai il coraggio di cantare?”
Con questa barzelletta in mente, si potrebbe obiettare che in questi tempi difficili nella nostra società, la musica e le canzoni israeliane sono in una fase di grande fioritura e, a differenza di quel padre, dovremmo esserne lieti. Nell’Israele odierno è possibile ascoltare canzoni ebraiche, cantarle e danzare grazie a decine di stazioni radio (per non parlare di centinaia di siti web) che suonano migliaia di canzoni originali tutti i giorni. Si può anche assistere a performance di queste canzoni in TV, su uno speciale canale dedicato alla musica locale. Questa tendenza ha fatto sì che fossero recentemente pubblicati due libri sulla storia della canzone ebraica, che offrono agli appassionati di canzoni locali un interessante duetto storico-musicale. I due libri sono molto diversi l’uno dall’altro. Mentre quello di Natan Shahar è un album, pubblicato in un formato particolarmente grande e bello, con molte fotografie, quello di Eliram è soprattutto uno studio accademico. Tuttavia, hanno qualcosa in comune: entrambi gli autori considerano le canzoni ebraiche con apprezzamento e perfino con amore, ritenendole una componente importante nello sviluppo storico della cultura ebraica.
Il libro di Shahar contiene alcuni dati interessanti, come il fatto che, dall’inizio della canzoni ebraica in Eretz Israel (Terra d’Israele), alla fine del XIX secolo, fino alla fine del XX secolo sono state scritte ben 155.000 canzoni ebraiche. Shahar divide la storia della canzone ebraica in cinque periodi: il primo coincide con la Prima Aliyah, o ondata di immigrazione (1882-1903); il secondo, durato circa 20 anni (1904-1923), coincide con la seconda e la terza Aliyah; il terzo comprende la maggior parte del periodo del Mandato Britannico (1924-1948); e gli ultimi due coprono il periodo dello stato israeliano, con la Guerra dei Sei Giorni del 1967 come spartiacque fra i due.
Per ogni periodo, Shahar descrive i tipici autori di canzoni, gruppi, stili e sviluppi musicali nel loro contesto storico: l’inizio dell’Yishuv (comunità ebraica prima dello stato); la costituzione dello stato; vari successi, fallimenti e crisi; e, naturalmente, parecchie guerre. Shahar usa anche spaccati tematici concentrandosi su canti e bande militari, canti per bambini, canti per le feste e gli eventi speciali, canti Mizrahi (orientali), gruppi folk e l’influsso dei canti russi, e sui libri di canzoni nel corso degli anni.
Il libro è pieno di dettagli su centinaia di artisti e migliaia di canzoni dell’enorme repertorio che si è accumulato in oltre un secolo. Tuttavia, in alcuni punti, le informazioni sono purtroppo imprecise. Così, per esempio, presentando il periodo della seconda Aliyah, Shahar esprime un’opinione da tempo abbandonata dagli studiosi: cioè che solo i lavoratori pionieri dell’epoca siano degni di essere considerati parte di questa ondata di immigrazione. E che dire allora dei primi abitanti di Tel Aviv, i fondatori della Bezalel Academy of Art and Design e della Gymnasia Herzliya High School, o di quegli immigrati che andarono a vivere nei moshav (insediamenti agricoli cooperativi)?
Per quanto riguarda le canzoni, anche qui non mancano alcuni errori. Qualche esempio. E’ citata una versione popolare della nota “Ma yafim haleilot b’kna’an” (“Come sono belle le notti a Canaan”), composta di versi di poeti diversi, tra cui Bialik, e non somiglia affatto alla canzone originale di Yitzhak Katzenelson. Naomi Shemer, certamente la principale autrice di canzoni di Israele, non ha bisogno che le siano attribuite canzoni non sue, come “Carnival banahal” (“Carnevale nel Nahal”), di Yair Rosenblum (musica) e Leah Naor (parole).E la famosa canzone della guerra d’Indipendenza del 1948 “Bab el-Wad” è stata scritta da Haim Gouri e non da Haim Hefer. Il libro sembra anche ignorare altri studiosi che hanno studiato questo argomento e pubblicato libri, opuscoli ed articoli (soprattutto Eliyahu Hacohen, il “gran sacerdote”dello studio sulla storia della canzone ebraica).
Il libro di Eliram divide la storia delle canzoni ebraico-israeliane in tre periodi. Il primo periodo, dai primi giorni del moderno insediamento ebraico (tardo XIX secolo) al 1963, quando l’era delle generazioni fondatrici culminò nell’avvento del gruppo Hatarnegolim. Il periodo di mezzo (1964-1980), durante il quale la musica rock arrivò nel paese. E il nuovo periodo, dall’inizio degli anni ’80 in poi, che ha visto lo sviluppo di pop e rock, compreso il rock etnico, che ha assunto un sapore Mediterraneo/Mizrahi, e il ritorno nostalgico al vecchio repertorio del canto in coro che ha portato a una fioritura di club e di eventi pubblici. Radio e televisione, osserva Eliram, avevano e hanno ancora un grande influsso sullo sviluppo di questo genere. Eliram ha esplorato nel suo studio quali canzoni ebraiche o di Eretz-Israel sono più popolari nelle serate canore, e ha reclutato parecchi artisti e studiosi per dare una risposta. Ariel Hirschfeld, per esempio, ha scritto: “La canzone nel suo periodo eroico, dagli anni ‘30 agli anni ‘60, è diventata un mezzo che combina sforzi artistici letterari e musicali … per una performance popolare comune la cui definizione è accentrata sull’esperienza dello stare insieme”. Gil Aldema ha definito le canzoni di Eretz Israel “canzoni ebraiche cantate insieme”. Secondo Eliyahu Hacohen, “il corpus di canzoni che potrebbe essere definito canzoni di Eretz-Israel è la somma di tutte le canzoni che sono state conservate e che hanno superato il filtro del tempo, e di generazione in generazione sono passate dai libri di canzoni alla bocca degli uomini”. Il poeta Nathan Yonathan, dal canto suo, ritiene che “la canzone ebraica sia lo spirito aggiunto della nostra esistenza in questo paese”. Molte delle persone che Eliram ha intervistato considerano il lavoro di Naomi Shemer come il miglior esempio delle canzoni di Eretz Israel. Eliram affronta anche il problema della musica Mizrahi (originaria delle culture ebraiche in Medio Oriente) e si chiede: le canzoni Mizrahi sono canzoni di Eretz Israel? No, risponde. Secondo lei, “si potrebbe dire che le canzoni considerate Mizrahi, o Mizrahi-Mediterranee, sono raramente comprese nel corpus delle canzoni di Eretz-Israel. Agli eventi di canto pubblici, queste canzoni non sono considerate compatibili con il genere, ad eccezione di poche entrate a far parte del corpus”. A sostegno della sua affermazione cita due inchieste in cui il pubblico doveva scegliere la canzone ebraica più popolare. Le inchieste sono state condotte in occasione del 40esmo e 50esmo anniversario della costituzione di Israele. Ai primi 30 posti non c’erano quasi canzoni Mizrahi, benché la partecipazione fosse aperta a tutto il pubblico israeliano, di tutti gli strati sociali e gruppi etnici, e benché molte canzoni Mizrahi fossero comprese nella lista delle canzoni proposte.
Eliram dedica considerevole attenzione a un fenomeno unico: cantate pubbliche in coro. Cita Effi Netzer, compositore ed ospite di questi eventi: “E’ un fenomeno tipicamente israeliano. In nessun altro posto al mondo la gente viene e paga al solo scopo di cantare in pubblico. Non esiste proprio”. Nel corso degli anni, sono sorti molti club di canto e hanno assunto un ruolo centrale nella cultura locale, insieme agli eventi di danza folk (basati anch’essi sulle canzoni di Eretz Israel).
L’autrice ha anche esaminato il repertorio di queste riunioni pubbliche e ha raggiunto alcune conclusioni interessanti. Non sorprende che Naomi Shemer sia in cima alla lista, sia come autrice di canzoni che come compositrice, a molta distanza dagli altri. Per quanto riguarda i versi, è seguita – nell’ordine – da Haim Hefer, Yoram Taharlev e Nathan Alterman; e non molto lontano da loro ci sono Jacob Orland, Nathan Yonathan, Ehud Manor e Rachel Shapira. Per i compositori, dopo Shemer troviamo Nurit Hirsh, Alexander (Sasha) Argov, Moshe Wilensky e Mordechai Zeira. Anche popolari, seppure meno, sono le melodie di Uzi Hitman, Nachum Heiman e Yair Rosenblum.
Entrambi i libri toccano un lato importante della cultura e dell’esistenza di Israele. Non sempre ci rendiamo conto di quanto profondamente siamo imbevuti di canzoni, fino a quando non sgorgano dalla nostra gola, quasi da sole. Yaakov (Yankele) Rotblit l’ha detto bene nella sua canzone “Zemer shekazeh” (“Una canzone come questa”), musicata da Nurit Hirsh, che dice più o meno: “Una canzone come questa che gioca sulle tue labbra / come tre batterie ti rimbomba nel petto / e non ti lascia riposare durante la siesta / allora tutta la strada fischietta quella canzone”.

(Da: Ha’aretz,04.02.07)