Abu Mazen: “Non riconosciamo lo stato ebraico perché in Israele devono potersi stabilire sei milioni di palestinesi”

Netanyahu: “La dirigenza palestinese rende un pessimo servizio al proprio popolo alimentando fantasie impossibili”

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) – immagine d’archivio

In un’intervista dello scorso 30 settembre al quotidiano egiziano Akhbar Al-Yawm, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha detto che ci sono “6 milioni di profughi palestinesi che attendono di tornare” dentro Israele e che lui è uno di loro.

Nell’intervista, tradotta e diffusa in inglese lo scorso fine settimana da MEMRI (Middle East Media Research Institute), Abu Mazen si riferisce naturalmente ad una stima molto “generosa” del totale di figli, nipoti e altri discendenti dei profughi originari, e spiega che i palestinesi non riconosceranno mai Israele come stato nazionale del popolo ebraico perché ciò precluderebbe il “diritto al ritorno” di questi discendenti di profughi. “Non possiamo riconoscere uno stato ebraico – ha spiegato Abu Mazen – perché non possiamo chiudere le porte a coloro che desiderano tornare”, cioè stabilirsi dentro Israele (anziché nel futuro stato palestinese).

Abu Mazen, pur dicendosi disponibile a un accordo di pace “a due stati”, ancora una volta non ha spiegato il motivo per cui lasciò cadere l’offerta di accordo avanzata nel 2008 dall’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert. “Ho negoziato con Olmert – ha detto Abu Mazen nell’intervista – che era pronto a scambiare territori dandoci 20 chilometri extra oltre alla Cisgiordania, ma non si arrivò a un accordo e poi lui lasciò (la carica)”.

Nell’intervista Abu Mazen ha affermato che non accetterebbe alcun piano israeliano volto a ridisegnare il territorio in modo che residenti arabi d’Israele si ritrovino con le loro case all’interno del nuovo stato di Palestina, un’idea rilanciata dal ministro degli esteri israeliano Avigdor Liberman. “Scordatevelo – ha detto Abu Mazen – perché onestamente io non permetterò né forzerò mai nessun arabo ad abbandonare la sua cittadinanza israeliana”.

Tutta la pubblicistica palestinese del "ritorno" (rappresentato dal simbolo della chiave) raffigura la cancellazione di Israele dalla carta geografica

Tutta la pubblicistica palestinese del “ritorno” (raffigurato dal simbolo della chiave) rappresenta la cancellazione di Israele dalla carta geografica

Abu Mazen ha inoltre criticato Hamas e i Fratelli Musulmani definendoli “un branco di bugiardi”, e ha incolpato Hamas per aver innescato l’operazione israeliana “Margine protettivo” nella striscia di Gaza. Secondo il presidente palestinese, gli egiziani dovettero continuare “a proporre il loro accordo di cessate il fuoco per 51 giorni a causa della testardaggine di Hamas”.

Israele, che ha una popolazione di poco più di 8 milioni di abitanti dei quali più di un quinto arabi, ha sempre respinto la pretesa palestinese di un “ritorno” di milioni di discendenti di ex residenti arabi di quello che oggi è Israele, affermando che tale richiesta equivale a un tentativo di distruggere Israele con mezzi demografici, e sottolineando che il futuro stato palestinese dovrà accogliere i profughi palestinesi così come Israele accolse i profughi ebrei costretti a lasciare i paesi arabo-musulmani del Medio Oriente e Nord Africa negli anni in cui Israele veniva fondato.

“La dirigenza palestinese rende un pessimo servizio al popolo palestinese quando alimenta fantasie impossibili”, ha detto lunedì a Times of Israel Mark Regev, portavoce del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – E’ tempo che la dirigenza palestinese abbandoni questo genere di posizioni massimaliste che rendono sempre molto difficile arrivare a un accordo di pace”.

“La vera pace – ha detto Netanyahu in un video-messaggio proiettato al Forum Saban di Washington – arriverà solo con una leadership che esiga da parte dei palestinesi che accettino i tre pilastri della pace: primo, autentico riconoscimento reciproco; secondo, fine (con la firma dell’accordo) di tutte le rivendicazioni compreso il cosiddetto diritto al ritorno; terzo, presenza a lungo termine della sicurezza israeliana. Personalmente – ha concluso Netanyahu – non rinuncerò mai a questa terna della vera pace”.

(Da: Times of Israel, 8.12.14)