Accuse di spionaggio a Israele. Come mai proprio adesso?

La Casa Bianca, alla disperata ricerca di un successo in politica estera, vuole uno stato palestinese al più presto. Il governo israeliano non crede che ve ne siano le condizioni

Di Ron Ben-Yishai

Ron Ben-Yishai, autore di questo articolo

Ron Ben-Yishai, autore di questo articolo

Le accuse dagli Stati Uniti circa il presunto spionaggio israeliano, pubblicate lunedì sul Wall Street Journal, sono ingiuste e anche un po’ ridicole. L’amministrazione americana e il funzionario governativo che hanno fatto trapelare la notizia sono ben consapevoli del fatto che Israele è in grado di ottenere queste informazioni in modo del tutto legittimo da coloro che prendono parte ai negoziati con gli iraniani, così come attraverso altri mezzi legittimi all’interno della comunità dell’intelligence. Non è un segreto che Israele ha i suoi modi per sapere cosa accade in Iran e nei colloqui che stanno conducendo l’Iran e il suo rappresentante all’estero. D’altra parte, ciò che sarebbe inaccettabile per Israele dovrebbe essere inaccettabile anche per gli Stati Uniti. L’articolo del Wall Street Journal afferma esplicitamente che gli Stati Uniti hanno intercettato comunicazioni riservate israeliane e che da esse hanno tratto l’impressione che Israele “potrebbe aver spiato” gli Stati Uniti. E’ tollerabile che gli americani, che non devono affrontare minacce dirette alla loro esistenza, possano spiare un alleato mediorientale mentre quell’alleato mediorientale, Israele, che deve fronteggiare una minaccia diretta alla sua esistenza, non può dare un’occhiata più da vicino a quanto gli Stati Uniti stanno facendo alle sue spalle?

L'articolo del Wall Street Journal

L’articolo del Wall Street Journal

Ma al di là delle questioni di equità e moralità, è importante capire che le notizie sul presunto spionaggio israeliano fanno parte di una campagna condotta dagli Stati Uniti con un chiaro intento politico. Qui non si tratta solo della vendetta politica contro Benjamin Netanyahu, ma di una calcolata manovra politica pianificata dall’amministrazione Obama molto prima delle elezioni israeliane, per il caso in cui Netanyahu avesse vinto. E’ in atto un blitz dei mass-media contro Netanyahu gestito dalla Casa Bianca.

Dietro questa campagna mediatica, si celano le profonde preoccupazioni dell’amministrazione per quanto riguarda due aspetti: che Israele possa silurare l’accordo nucleare con l’Iran e che possa andare al governo in Israele una stretta coalizione di destra.

Inoltre, le accuse di spionaggio contro Israele hanno lo scopo di legare le mani ai membri del Congresso rispetto all’accordo con l’Iran, insinuando una velata accusa di “tradimento” verso chiunque, repubblicano o democratico, si schierasse contro quell’accordo utilizzando informazioni ricevute da Israele.

(Da: YnetNews, 24.3.15)

Scrive Boaz Bismuth, su Israel haYom: «A quanto pare, le interferenze della Casa Bianca si stanno spingendo un po’ troppo avanti. La Casa Bianca vuole uno stato palestinese al più presto (Obama ha disperato bisogno di poter vantare un “successo” in politica estera). Il governo israeliano appena eletto non crede che ve ne siano le condizioni. Passi che a Washington abbiano un problema con Netanyahu, ma dovrebbero almeno rispettare la volontà degli elettori israeliani. Si chiama democrazia, o no? E’ vero, siamo un paese piccolo e abbiamo bisogno di andare d’accordo con il nostro grande alleato. Ma anche l’amministrazione Obama può imparare a convivere con il governo che gli israeliani hanno democraticamente eletto». (Da: Israel HaYom, 24.3.15)