Aiuti allAutorità Palestinese: troppi, e persino dannosi

? quanto emerge dal rapporto Onu 2005 sullo Sviluppo Umano.

Da un articolo di Moshe Elad

image_922L’Autorità Palestinese gode di una posizione di rilivo nel rapporto di 400 pagine sullo Sviluppo Umano 2005 recentemente diffuso dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite.
Il rapporto classifica 177 paesi secondo un indice che combina tre principali elementi: reddito, salute e istruzione.
L’Autorità Palestinese, indicata nel rapporto come “territori palestinesi occupati”, ricade in una categoria unica e sfavorevole così definita a pag. 75 del rapporto: “Gli aiuti non hanno sempre giocato un ruolo positivo nel supportare lo sviluppo umano, in parte per fallimenti sul versante di chi riceve l’aiuto, in parte perché i paesi donatori hanno permesso che considerazioni strategiche prevalessero sulla preoccupazione per lo sviluppo”.
Non c’è forse descrizione migliore del trattamento speciale che i paesi donatori hanno riservato all’Autorità Palestinese: una discriminazione favorevole che talvolta ha toccato proporzioni scandalose.
Tre principali conclusioni si possono trarre da un esame complessivo di questo rapporto. Primo, l’Autorità Palestinese ha ricevuto un trattamento preferenziale senza alcun nesso con la sua reale situazione o le sue reali necessità. Secondo, non c’è nulla che giustifichi una fornitura così ampia di assistenza all’Autorità Palestinese quando essa non mostra alcuna capacità di diventare più efficiente. Terzo, l’eccessiva assistenza finanziaria garantita all’Autorità Palestinese ha in realtà ostacolato il suo sviluppo.
In un mondo in cui 2,5 miliardi di persone, per lo più in Africa, Asia ed America centro-meridionale, vivono con meno di due dollari al giorno (metà di esse con meno di un dollaro al giorno), in un mondo in cui dieci milioni di bambini in quei continenti muoiono ogni anno prima di arrivare ai cinque anni d’età, e 850 milioni di persone soffrono di seria malnutrizione: in un mondo siffatto, per qualche strano motivo i tre milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania e striscia di Gaza ricevono il secondo tasso d’aiuti più consistente del mondo: 288,6 dollari a testa. In Sudan, tanto per fare un esempio, dove nell’ultimo decennio sono morte due milioni di persone e sei milioni sono state costrette a lasciare le proprie case, l’aiuto estero ammonta solo a 18,5 dollari a testa.
Il rapporto inoltre contraddice altri tendenziosi rapporti di vari soggetti (che per lo più nutrono interessi particolari) che denunciano le disastrose condizioni economiche e sanitarie nei territori dell’Autorità Palestinese. Il rapporto dell’Onu divide i 177 paesi analizzati in tre categorie di sviluppo umano: alto (paesi sviluppati), medio (paesi di medio livello) e paesi deboli. L’Autorità Palestinese si colloca nel livello medio, piazzandosi al di sopra della maggior parte dei stessi stati arabi. Essa si trova al settimo posto, su 103 paesi in via di sviluppo, nella classifica per la povertà umana, alla pari con Singapore, Cuba e Colombia, al di sopra di Egitto e Arabia Saudita. Il rapporto afferma anche che, se non fosse per l’intifada, la situazione dell’Autorità Palestinese sarebbe molto migliore giacché i quattro anni di violenze hanno più che raddoppiato il tasso di povertà.
Gli autori del rapporto non hanno avuto il coraggio di fare il passo successivo e chiedere ai paesi donatori di contenere il loro fervore assistenziale verso i “territori palestinesi occupati” al livello delle esigenze ragionevoli.
Il regime dell’Autorità Palestinese è responsabile dei continui fallimenti: corruzione, spreco di donazioni, mancanza di trasparenza e così via. Se, per esempio, Arafat, Abu Mazen e i loro colleghi avessero gestito con la dovuta responsabilità i fondi ricevuti sin dal 1994, sviluppando infrastrutture per l’industria e il turismo, creando posti di lavoro e smettendola coi finanziamenti alle organizzazioni terroristiche camuffati da “mantenimento delle forze di sicurezza”, oggi ogni palestinese nei territori potrebbe avere un lavoro, un’abitazione e anche un’utilitaria.
Le “missioni di salvataggio” condotte da Stati Uniti, Europa e Giappone non solo non risolvono i problemi di fondo della società palestinese, ma anzi tendono a ostacolare l’applicazione di efficaci programmi di cambiamento. Crescere l’Autorità Palestinese su una tradizione di assistenza e beneficenza, anziché di lavoro organizzato e autonomo, è assai probabile che finisca solo per esacerbare la situazione, mettendo in dubbio la capacità della stessa Autorità Palestinese di istituirsi come stato indipendente.

(Da: Ha’aretz, 10.10.05)

Nella foto in alto: palazzo d’uffici a Ramallah (Cisgiordania)