Al di là degli standard morali più esigenti

In quale democrazia al mondo l’opinione pubblica permetterebbe al proprio governo di spingersi fino a questo punto?

Editoriale del Jerusalem Post

E così

Parlamentare di Hamas Fathi Hammad: “Di conseguenza i palestinesi hanno formato uno scudo umano di donne, bambini” (clicca l’immagine per il video, in inglese)

E’ possibile vincere una guerra asimmetrica contro organizzazioni come Hamas? Quando i terroristi di Hamas – o terroristi di altre organizzazioni che operano nella striscia di Gaza – lanciano razzi indiscriminatamente sui civili israeliani e poi si nascondono dietro i civili palestinesi, Israele si trova di fronte a un terribile dilemma morale.

Se reagisce, e provoca la morte di non combattenti palestinesi, non solo rischia di perdere la “battaglia per i cuori e le menti” dei suoi stessi cittadini, compresi i soldati che costituiscono un fedele spaccato della società israeliana, ma si espone alle accuse di crimini di guerra da parte della comunità internazionale. Questo è esattamente ciò che ci si aspetta che accada quando la Commissione d’inchiesta del Consiglio Onu per i diritti umani sull’operazione anti-Hamas Margine Protettivo della scorsa estate presenterà il suo rapporto alla Corte Penale internazionale.

D’altra parte, se Israele si astiene dal reagire  contro i terroristi per evitare vittime innocenti sul versante palestinese, si sottrae al suo inderogabile dovere di proteggere i cittadini israeliani dalle aggressioni di Hamas e affini.

Per trovare un giusto equilibrio, gli Stati Uniti e altri paesi occidentali che hanno dovuto affrontare dilemmi analoghi in luoghi come l’Afghanistan e l’Iraq (che tuttavia, a differenza della striscia di Gaza, distano migliaia di chilometri dalle loro case e famiglie) hanno sviluppato la dottrina del “doppio effetto” e la regola della proporzionalità: in ogni singola operazione, se miri a obiettivi militari (ad esempio le rampe lanciarazzi) e sai che il tuo attacco causerà verosimilmente anche vittime civili (eufemisticamente denominate “danni collaterali”), devi assicurarsi che il numero dei civili morti o feriti non sia “sproporzionato” all’importanza dell’obiettivo militare. Si tratta ovviamente di una valutazione estremamente soggettiva che raramente si è tradotta, per le potenze occidentali, in un vero limite ai loro attacchi contro obiettivi militari. Praticamente qualsiasi numero di morti civili può essere giustificato se l’obiettivo militare è considerato abbastanza importante. D’altra parte – dicono alcuni virtuosi censori, in particolare quando si tratta di giudicare Israele – anche un numero molto contenuto di vittime civili è comunque sproporzionato ed è sempre un crimine di guerra.

Un gruppo di esperti di alto livello militare e diplomatico (clicca l’immagine per i dettagli, in inglese)

Recentemente un gruppo di esperti di alto livello militare e diplomatico ha dimostrato che Israele è riuscito a gestire sorprendentemente bene questo tremendo dilemma morale, durante il conflitto della scorsa estate nella striscia di Gaza controllata dai terroristi di Hamas e affini. A differenza del Consiglio Onu per i diritti umani, che è pregiudizialmente contro Israele perché lo considera un “occupante” illegale e il primo se non l’unico colpevole del perpetuarsi del conflitto, questo gruppo di esperti ha messo a confronto in modo equo e obiettivo la condotta di Israele a Gaza con quella degli eserciti dei paesi occidentali in luoghi come l’Afghanistan e l’Iraq e ha trovato che Israele si è comportato straordinariamente bene. “Una misura della serietà con cui Israele ha tenuto in considerazione i doveri morali e le sue responsabilità ai sensi del diritto nei conflitti armati – ha scritto il gruppo – sta nel fatto che in diversi casi la scrupolosa aderenza di Israele alle leggi di guerra è costata la vita di soldati e civili israeliani”.

Si tratta di un’affermazione sbalorditiva. Dunque Israele non solo compie ogni sforzo per evitare la morte di non combattenti palestinesi avvertendoli in anticipo prima di lanciare attacchi militari e cancellando anche all’ultimo minuto le operazioni che rischiano di causare un numero sproporzionato di vittime civili, ma per farlo espone addirittura i propri soldati e civili a ulteriori rischi che talvolta finiscono per costare loro la vita.

Non ci stancheremo mai di ripetere che un tale comportamento, praticamente senza eguali al mondo, va al di là degli standard morali più esigenti, ed anzi solleva pesanti interrogativi circa la responsabilità morale di Israele verso i suoi propri soldati e civili. Con tutta evidenza il primo obbligo di Israele è verso i suoi civili, prima che verso i non combattenti sul versante del nemico aggressore, molti dei quali oltretutto sostengono Hamas e i suoi obiettivi. C’è da chiedersi in quale democrazia al mondo l’opinione pubblica permetterebbe al proprio governo di spingersi fino a questo punto.

Ma naturalmente niente di tutto questo farà mai la minima impressione sul Consiglio Onu per i diritti umani che si appresta ad approvare entusiasticamente il rapporto della sua Commissione grazie alla maggioranza automatica anti-israeliana dei paesi membri.

(Da: Jerusalem Post, 14.6.15)