All’Onu, un bel regalo per l’Iran

L’ingresso del Libano nel Consiglio di Sicurezza crea una situazione problematica

di Yitzhak Benhorin

image_2710A partire dal primo gennaio 2010, e per i prossimi due anni, il Libano farà parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come rappresentante degli stati arabi, prendendo il posto della Libia. Ciò significa che, con l’inizio del nuovo anno, Hezbollah e Iran avranno accesso diretto al massimo organismo esecutivo dell’Onu. La milizia sciita libanese filo-iraniana Hezbollah (considerata terrorista da Stati Uniti, Canada, Australia, Parlamento Europeo e Israele), il cui disarmo è stato disposto – invano – dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza numero 1559 del 2004 e dalla numero 1701 del 2006 (sull’onda della seconda guerra in Libano), oggi fa parte della coalizione di governo a Beirut: un governo che poco fa ha ufficialmente stabilito che il disarmo di Hezbollah non è più necessario. E, a partire dal 2010, il Consiglio di Sicurezza includerà un rappresentante del governo libanese, nel quale siede il gruppo terrorista Hezbollah.
Walid Fares, libanese di nascita, consultato dal Consiglio di Sicurezza per l’adozione della 1559, ha recentemente detto alla Fox tv che, data la nuova struttura del governo libanese, Hezbollah godrà di un accesso diretto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Fares avverte che, a causa dell’ammissione del Libano nel Consiglio di Sicurezza, sarà più arduo procedere al disarmo di Hezbollah o approvare sanzioni contro l’Iran.
Gli americani si trovano in una situazione alquanto imbarazzante. Hanno tentato di sostenere un governo filo-Usa e filo-occidentale a Beirut, eppure dopo tutti gli sforzi diplomatici ed economici il primo ministro libanese Saad al-Hariri è andato a Canossa (cioè a Damasco) a giurare lealtà al presidente siriano Bashar Assad (da lui stesso fino a poco fa accusato dell’assassinio di suo padre). E il 21 dicembre Hariri si è incontrato a Beirut col ministro degli esteri iraniano. A quanto pare, alla vigilia del suo ingresso nel Consiglio di Sicurezza il Libano sta cadendo nelle mani dell’asse siriano-iraniano.
Chi esamini la composizione del Consiglio di Sicurezza, anche al di là dell’aspetto libanese, non può che esprimere profonda preoccupazione, nel momento in cui gli Stati Uniti si sforzassero di promuovere la decisione su un quarto round di sanzioni contro l’Iran. A gennaio la presidenza del Consiglio di Sicurezza sarà cinese, seguita dalla Francia a febbraio, che sarà dunque un momento più adatto per cercare di far passare tale decisione.
Ma oltre ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza che hanno diritto di veto (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina), vi sono altri dieci membri non permanenti. Essi non hanno diritto di veto, ma tradizionalmente il Consiglio opera cercando l’unanimità e spesso le risoluzioni passate sono state ammorbidite a questo scopo. Oltre al Libano, siederanno nel Consiglio anche il Brasile, con il presidente Lula da Silva che il mese scorso ha ospitato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e si è apertamente opposto a sanzioni contro Teheran. E poi vi saranno due nuovi ingressi dall’Africa – Nigeria e Gabon – che pure, come il Libano, sono membri dell’Organizzazione dei Paesi Islamici. Andranno ad aggiungersi ad altri stati dell’Organizzazione dei Paesi Islamici che già da un anno siedono nel Consiglio, come la Turchia e l’Uganda.
Assistiamo così al crearsi di una situazione problematica nel Consiglio di Sicurezza che – per inciso – non ha mai accettato Israele come membro a rotazione.
Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha espresso la sua contrarietà a sanzioni contro l’Iran in un incontro che ha recentemente avuto con il presidente Usa Barack Obama alla Casa Bianca e in altre dichiarazioni che ha rilasciato dopo quell’incontro.
Lo scorso 18 dicembre l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato una delibera che critica la condotta dell’Iran sul fronte dei diritti umani: solo quattro dei dieci membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza hanno votato a favore della risoluzione: Austria, Giappone, Messico e Bosnia. Viceversa, sei dei dieci membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza non hanno sostenuto la decisione contro l’Iran: Libano e Nigeria hanno votato contro; Brasile, Uganda e Gabon si sono astenuti; la Turchia non ha partecipato al voto.
Ecco gli schieramenti con cui gli americani dovranno fare i conti nel 2010, quando cercheranno di far passare sanzioni significative contro l’Iran.

(Da: YnetNews, 24.12.09)

Nella foto in alto: il primo ministro libanese Saad al-Hariri (a destra) riceve a Beirut il ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki