Anche i jihadisti sunniti temono i piani dell’Iran

Ma la conflittualità sunniti-sciiti non impedisce forme di collaborazione fra terroristi

Da un articolo di Yaakov Lappin

image_1842L’Iran e le sette sciite ad esso associate stanno dirottando la causa araba, piegandola al servizio delle loro “trame espansioniste”. È quanto ha dichiarato lo sceicco Hamid al-Ali, un importante leader e ideologo religioso sunnita che risiede nel Kuwait, i cui insegnamenti sono spesso diffusi sui siti web islamisti. Definito dal governo americano un “facilitatore del terrorismo impegnato nel sostegno finanziario a gruppi affiliati ad al-Qaeda che cercano di realizzare atti di terrorismo in Kuwait, Iraq e altrove”, Hamid al-Ali è anche noto per le sue posizioni fortemente anti-sciite.
In un suo intervento pubblicato a fine agosto su un forum internet legato ad al-Qaeda, Hamid al-Ali ha citato rapporti occidentali sui piani nucleari di Teheran per poi passare ad analizzare dal suo punto di vista il ruolo dell’Iran nella regione. “Il Libano è un chiaro esempio delle trame espansioniste iraniane a spese della vera causa araba, che viene sfruttata dalle sette sciite”, scriveva l’esponente islamista. E continuava: “L’Iran ha anche stabilito forti relazioni con la resistenza islamica palestinese, cosa che gli permette di controllare eventi (sulla scena palestinesi). L’Iran si è molto adoperato per la vittoria elettorale di Hamas. Il movimento jihadista deve stare attento alle reali dimensioni dell’influenza iraniana e non deve permettere che l’Iran sfrutti la sua legittima causa, come si è visto in Libano. Nella prossima fase vedremo sempre più isolamento, attriti ed escalation… fino a uno scontro inevitabile”. Hamid al-Ali concludeva la sua previsione dicendosi certo che “l’islam e i musulmani saranno vittoriosi” e che i musulmani sunniti prevarranno sui musulmani sciiti”.
Secondo il prof. Raymond Tanter, coautore del recente studio “Ciò che muove l’Iran”, i jihadisti sunniti hanno ragione di temere Teheran, anche se dubita che possa scoppiare una guerra su vasta scala tra Iran e al-Qaeda. Tanter, che è anche presidente dell’Iran Policy Committee di Washington formato da ex quadri della Casa Bianca, del Dipartimento di stato, del Pentagono e dei servizi segreti, dice che Hamid al-Ali non è affatto l’unico esponente sunnita a condannare l’Iran. “Altri sceicchi sauditi si sono spinti fino a condannare le ambizioni imperiali di Teheran – spiega – non solo per la minaccia posta dai progressi iraniani verso le armi nucleari, ma anche per il sostegno accordato dal regime iraniano agli Hezbollah sciiti in Libano. Mentre l’Iran fa passi avanti verso lo status di potenza nucleare, si assiste a una crescente presa di distanze da parte di leader spirituali e politici sunniti circa la minaccia iraniana di creare una ‘mezzaluna’ sciita volta a dominare sia gli sciiti che i sunniti. Sceicchi wahhabiti in Arabia Saudita criticano sempre più aspramente l’Iran per il fatto che arma, addestra e finanzia milizie che uccidono civili sunniti in Iraq”. Tanter ritiene tuttavia che “vi siano poche probabilità di una guerra tra al-Qaeda sunnita e lo stato sciita iraniano. Sono più gli elementi in comune ad entrambi che non le differenze che li dividono”. E aggiunge che “vi sono indicatori che Teheran garantisce santuari sicuri a parte della dirigenza di al-Qaeda. Detto questo, comunque, gli jihadisti sunniti non sbagliano quando vedono nell’Iran una minaccia per loro”.
Secondo Ely Karmon, dell’International Institute for Counter-Terrorism del Centro Interdisciplinare di Herzliya, una guerra sciiti-sunniti è già in corso sin dagli anni ’90. “E’ iniziata ben prima della caduta dell’Iraq di Saddam. Nel 1995 in Afghanistan al-Qaeda compì stragi contro gli sciiti. In Pakistan è stato usato il terrorismo contro la considerevole minoranza sciita. Gli sciiti hanno reagito organizzando i loro gruppi terroristici. Sono più di 10.000 le persone morte negli attacchi terroristici tra le due fazioni con attentati suicidi contro moschee e centri religiosi, anche se facevano poca notizia sui mass-media”. Citando uno scambio di lettere fra l’allora capo di al-Qaeda in Iraq Abu Musab al-Zarqawi e il suo leader Osama bin Laden, Karmon dice che al-Qaeda è andata gradualmente adottando la visione di Zarqawi secondo cui gli sciiti sono veri e propri infedeli e rappresentano un bersaglio prioritario della jihad. “Questo sarà uno dei temi che dominerà l’agenda del Medio Oriente negli anni a venire – afferma Karmon – In Iraq, al-Qaeda colpisce gli sciiti ogni giorno. Se gli americani si ritirassero, la cosa verrebbe presentata come una vittoria sunnita, giacché gli sciiti hanno partecipato ben poco alla guerra contro gli americani”. Karmon aggiunge, tuttavia, che “ciò non impedisce forme di collaborazione fra le due fazioni”, e spiega che l’Iran potrebbe decidere di utilizzare al-Qaeda per reagire ad eventuali colpi contro i suoi impianti nucleari evitando che tale reazione sia attribuibile direttamente a Teheran. Karmon sottolinea anche la crescente ammirazione che suscita, fra sunniti come i Fratelli Musulmani, Hamas e la Jihad Islamica palestinese, quelli che vengono percepiti come i successi della Rivoluzione Islamica iraniana e del suo attivismo sul piano internazionale.
Intanto il presidente del parlamento giordano Abd Al-Hadi Al-Majali, durante una visita in Kuwait il mese scorso, ha affermato che l’intervento iraniano in Iraq “non ha nulla a che fare con la religione né con il conflitto fra sciiti e sunniti”, aggiungendo che esso ha piuttosto motivazioni nazionalistiche e “rientra nello storico conflitto fra arabi e persiani”.
Secondo Middle East Media Research Institute (MEMRI), che ha tradotto e diffuso la dichiarazione, “questo nuovo approccio giordano è in linea con la posizione saudita: sebbene l’Arabia Saudita consideri lo scontro Iran-Iraq come uno scontro settario fra sunniti e sciiti, ha sempre fatto molta attenzione a non parlarne in questi termini in pubblico, attaccando piuttosto l’Iran in termini nazionalisti anziché religiosi”.
L’Iran – ha è quanto ha dichiarato al-Majali – alberga piani volti a indebolire significativamente l’identità araba. Ciò che sta avvenendo in Iraq non ha nulla a che vedere con sunniti e sciiti. L’intervento iraniano ha motivazioni nazionalistiche e non mira affatto a sostenere gli (arabi) sciiti come sostiene. Per questo – ha concluso – ritengo che oggi in Iraq sia minacciata l’identità araba”.

(Da: YnetNews, 27.08.07)

Nella figura in alto: Vari tipi di razzi d’artiglieria (Katyusha) che l’Iran fornisce ai terroristi Hezbollah