Ancora calunnie su Sharon?

Nonostante tutto, la stampa non riesce ancora ad essere corretta con il primo ministro israeliano.

Da un articolo di Tom Gross

image_1050Rispetto a come riferivano di Ariel Sharon in passato, quando in varie occasioni la calunnia e la demonizzazione dell’uomo avevano travalicato in forme di autentico antisemitismo, da quando il primo ministro israeliano è stato colpito dalla grave emorragia cerebrale di una settimana fa i servizi dei mass-media del mondo sono relativamente benevoli. Sharon il macellaio, il bulldozer, il criminale di guerra, il degno erede di Hitler è improvvisamente tornato umano anche in molti ambienti tradizionalmente assai ostili.
Ma solo fino a un certo punto. Anche nel quadro di servizi generalmente migliori e più corretti, mentre Sharon giace in ospedale tra la vita e la morte molti articoli sui media occidentali continuano a ripetere, quasi di passaggio, delle falsità come se si trattasse di verità storiche incontrovertibili: Sharon ha scatenato la seconda intifada, Sharon ha voluto le stragi di Sabra e Chatila e così via.
Da una ricerca su Google risulta che sono stati pubblicati più di 24.000 articoli su Sharon nelle 24 ore dopo l’ictus della sera di mercoledì 4 gennaio. Ma solo quattro giorni più tardi, sul Washington Post di lunedì, è comparso il primo, isolato riferimento alla lunga e vittoriosa causa per diffamazione intentata da Sharon negli anni ’80 in un tribunale americano contro il settimanale Time che lo aveva ingiustamente accusato d’aver incoraggiato le stragi di Sabra e Chatila. Allo stesso modo, non si è visto quasi nessun riferimento al fatto che quelle stragi furono perpetrate da arabi (cristiani) contro arabi (musulmani) come violenta reazione a stragi precedentemente perpetrate da musulmani contro cristiani (in Libano). E praticamente non si è letto da nessuna parte che la cosiddetta seconda intifada (la campagna terrorista palestinese lanciata nel settembre 2000) era stata diligentemente pianificata dai palestinesi. Lo dicono loro stessi. “Sbaglia chiunque pensi che l’intifada sia scoppiata a causa della famigerata passeggiata di Sharon alla moschea di Al-Aqsa – ha dichiarato ad esempio il ministro dell’Autorità Palestinese per le comunicazioni Imad Al-Faluji il 3 marzo 2001 ad Al-Safir – L’intifada era stata programmata in anticipo sin da quando il presidente Arafat era tornato dai negoziati di Camp David [luglio 2000], dove aveva rovesciato il tavolo del presidente Clinton”. Mentre il capo terrorista Marwan Barghouti, attualmente in carcere, dichiarò al Jerusalem Times l’8 giungo 2001: “L’intifada non è iniziata per la passeggiata di Sharon alla moschea di Al-Aqsa. L’intifada è iniziata perché i palestinesi erano contrari al processo di pace nella sua forma precedente”. Ma i media occidentali, oggi come allora, non sembrano interessati a far conoscere queste affermazioni ai loro lettori.
La maggior parte dei servizi evita di fornire alcun contesto, per esempio sul perché le truppe israeliane entrarono in Libano nel 1982. Non si è visto quasi nessun riferimento alle precedenti mosse per la pace fatte da Sharon, come lo sgombero di Yamit e di altri tredici insediamenti dal Sinai nel 1982, quando era ministro della difesa.
Si sono anche visti alcuni titoli e alcune vignette di pessimo gusto. “Il King Kong dei massacri” titolava l’8 gennaio The Observer, l’affiliato domenicale del Guardian britannico. “Sharon, il mandante della guerra perpetua” era il titolo di un articolo del 7 gennaio sul relativamente moderato giornale libanese Daily Star, firmato dal suo direttore itinerante nonché ospite frequente delle radio americane Rami Khouri. “L’eredità di Sharon non include la pace”: così il 5 gennaio veniva introdotto un pezzo sul sito web della BBC firmato dal suo corrispondente Paul Reynolds, mentre l’8 gennaio un pezzo di Richard Stott su Sharon pubblicato sul giornale a grande diffusione Sunday Mirror era intitolato “Middle Beast” (più o meno: La bestia mediorientale). Venerdì l’intera prima pagina dell’Independent di Londra mostrava una foto di Sharon con lo strillo: “All’interno, Robert Fisk su Ariel Sharon”. L’articolo, più di 7.000 parole dal nuovo libro di Fisk, non aveva praticamente nulla a che vedere con Sharon ed era composto quasi unicamente da ciò che Fisk sostiene essere accaduto a Sabra e Chatila. Naturalmente Fisk non fa alcun riferimento alla causa vinta da Sharon contro il Time.
Sì, nel complesso i servizi della stampa internazionale su Sharon da quando è stato colpito da ictus sono stati relativamente garbati. Chi avrebbe mai immaginato, per esempio, che il New York Times, che per decenni ha denigrato la reputazione di Sharon, pubblicasse su di lui un editoriale relativamente favorevole a firma di Benny Morris? Chi avrebbe immaginato che la home-page di aljazeera.net mostrasse questa settimana Sharon come un nonno che accende le candele di Hanukka?
Dico “relativamente garbati” perché è importante ricordare come erano i servizi su Sharon solo fino a poche settimane fa. Non solo veniva vituperato sulla stampa di tutto il mondo, ma spesso anche ritratto secondo gli stilemi del più classico antisemitismo. In Spagna, ad esempio, il 4 giugno 2001, solo tre giorni dopo che un attentatore suicida palestinese aveva fatto strage di ventun giovani israeliani in una discoteca, nel pieno del cessate il fuoco unilaterale israeliano, il periodico liberal Cambio 16 pubblicò una vignetta in cui si vedeva Sharon con un naso adunco (che non ha), con in testa una papalina kippà (che normalmente non porta), con sul petto una svastica inscritta in una stella di David, che diceva: “Se non altro Hitler mi ha insegnato come invadere un paese e distruggere ogni insetto vivente”.
Una settimana prima El Pais, l’equivalente spagnolo del New York Times, aveva pubblicato una vignetta con una figura allegorica che volava verso Sharon per mettergli sotto il naso un paio di baffetti rettangolari. Didascalia: “Clio, la musa della storia, mette i baffi di Hitelr a Sharon”.
Vignette sulla stampa greca nel 2004 mostravano Sharon come un ufficiale nazista. Il 3 aprile 2002, in occasione della Pasqua cristiana, una vignetta di Giorgio Forattini su uno dei maggiori quotidiani italiani, La Stampa, riproponeva l’accusa di deicidio con Gesù Bambino che, vedendo un carro armato israeliano, diceva: “Non vorranno mica uccidermi un’altra volta?”. Tre giorni prima trenta israeliani erano stati massacrati da un attentatore suicida a Netanya mentre celebravano la Pasqua ebraica.
Centinaia di temi simili sono stati applicati a Sharon per anni. Il settimanale Economist lo ha paragonato a Fagin, l’odioso personaggio antisemita di Charles Dickens. Prima era uscito con una copertina tutta nera e le parole: “L’Israele di Sharon, la preoccupazione del mondo”. E grottesche vignette su Sharon hanno continuato ad apparire fino non più di sei settimane fa su un giornale come il Guardian.
Oggi, per contrasto, l’atteggiamento verso Sharon appare in linea di massima misurato, persino rispettoso. Ma è meglio aspettare per vedere se i giornalisti dei media internazionali presumibilmente rispettabili hanno deciso di sbarazzarsi una volta per tutte delle derive antisemite nei loro servizi su Israele. È ancora troppo presto per dirlo.

(Da: Jerusalem Post, 11.01.06)

Nell’immagine in alto: La vignetta di Dave Brown sull’Independent (Sharon che divora bambini palestinesi) insignita del primo premio 2003 dalla Political Cartoon Society britannica.

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