Ancora lunga la strada per il compromesso

Cosa negoziare se perdurano terrorismo e pretesa del “ritorno”?

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_1868Scrive Yediot Aharonot: Coloro che sono impegnati in una campagna per convincere l’opinione pubblica che Israele non troverà mai un interlocutore negoziale più soddisfacente di quello attuale e che quella attuale è una finestra d’opportunità irripetibile per fare la pace, vivono in un mondo di fantasia. In realtà, il fatto che si salti direttamente alla composizione definitiva del conflitto deriva dal fatto che i palestinesi non hanno mantenuto nessuno degli impegni che si erano assunti sottoscrivendo la Road Map, innanzitutto quello di porre fine al terrorismo, smantellare le organizzazioni terroristiche e confiscare le armi che circolano illegalmente nei loro territori. Per questo non ha senso arrivare a un accordo quando si sa già che il terrorismo palestinese continuerà indisturbato.

Ha’aretz elogia il segretario di stato americano Condoleezza Rice per aver preso, riguardo allo stato palestinese, una posizione che probabilmente non è gradita agli ambienti della destra israeliana e a certi gruppi, sia ebraici che cristiani, che hanno molta influenza sui pezzi grossi dell’amministrazione Bush e del Congresso. Per questo la Rice merita doppie congratulazioni: per la sua perseveranza nel promuovere l’importante obiettivo che si è posta, e per aver preparato il terreno e i cuori agli inevitabili compromessi sulla strada della divisione della terra.

Scrive il Jerusalem Post che la questione principale che dovrà affrontare il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni, da poco nominato capo della delegazione negoziale alla conferenza di Annapolis, sarà quella di guadagnare il consenso americano e palestinese alla posizione di Israele sul tema del cosiddetto “diritto al ritorno” dei profughi. Se Mahmoud Abbas (Abu Mazen) considera l’autentico riconoscimento di Israele come una concessione che non può o non vuole fare, allora in pratica non vi sono differenze tra il suo campo e quello di Hamas, che rifiuta apertamente la legittimità dell’esistenza di Israele. Se, viceversa, Abu Mazen è disposto a riconoscere formalmente il diritto di Israele ad esistere come stato degli ebrei, abbandonando la rivendicazione di un’invasione demografica che di fatto lo negherebbe, allora si aprirà la strada per progressi sostanziali.

(Da: Yediot Aharonot, Ha’aretz, Jerusalem Post, 16.10.07)

Nella foto in alto: un blindato israeliano in fiamme durante un’operazione anti-terrorismo delle Forze di Difesa israeliane martedì scorso a Nablus