Atleta del Bahrain privato della cittadinanza

La colpa? Ha corso (e vinto) la Maratona di Tiberiade, in Israele

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1544Se c’è un campo dove la politica internazionale viene messa da parte in misura insolita, questo è lo sport. Grecia e Turchia non vanno d’accordo, Stati Uniti e Unione Sovietica avevano migliaia di testate nucleari puntate a vicenda, ma questi conflitti – e altri – non hanno impedito agli atleti di competere fra loro nelle arene di tutto il mondo.
È con questo spirito che Mushir Salem Jawher, cittadino del Bahrain, ha innocentemente deciso di partecipare la scorso 4 gennaio alla 30esima Maratona di Tiberiade, in Israele. “Quando ho deciso di venire, non sapevo che di dare vita a un evento storico – racconta Jawher, che è cattolico e di orgini kenyote – Ma quando sono arrivato mi hanno detto che nessun altro atleta di un paese arabo ha mai gareggiato in Israele. Per me non è un problema, e spero di tornare e gareggiare anche l’anno prossimo”.
Jawher ha vinto la maratona coprendo la distanza in 2 ore e 13 minuti. Non solo è felice d’aver vinto, ma si dice anche “molto orgoglioso” d’aver corso in Israele. La maggior parte dei paesi del mondo condividerebbero la felicità del loro atleta per l’affermazione in campo internazionale. Non così il Bahrain, per lo meno a giudicare dai comportamenti.
Due giorni dopo la gara, l’Unione Atletica del Bahrain si è detta “scioccata” e “profondamente rammaricata per ciò che l’atleta ha fatto”. Di più, l’Unione ha poi annunciato che il Bahrain ha deciso di revocare la cittadinanza di Jawher perché ha “violato le leggi del paese” sui viaggi in Israele.
Una reazione notevole, specie se si considera che Jawher non è un atleta qualsiasi del regno arabo, bensì quello che ha recentemente vinto una medaglia per il Bahrain in un grande meeting internazionale, è cioè la medaglia d’argento ai Giochi Asiatici.
Ancora più notevole se si ricorda che il Bahrain, fra gli stati arabi, è considerato uno dei più moderati e filo-occidentali. Nel 2004 il Bahrain ha firmato il primo accordo di libero scambio commerciale fra gli Stati Uniti e un paese arabo. E per farlo, il Bahrain aveva ufficilamente abbandonato la tradizionale politica araba di boicottaggio economico anti-israeliano. Nell’ottobre 2005, tuttavia, il parlamento del Bahrain ha approvato una legge che ripristina l’ufficio preposto a monitorare il boicottaggio contro Israele.
Chiaramente, come mostra la reazione alla vittoria di Jawher, l’ostilità contro ogni anche minima concessione verso Israele rimane molto forte anche in paesi arabi generalmente considerati relativamente moderni, moderati e occidentalizzati.
Taluni vedono questi atteggiamenti anti-israeliani, in paesi che non hanno alcun conflitto diretto con Israele, come una dimostrazione di solidarietà meramente retorica alla causa palestiense. Se è così, si tratta di un comportamemte assai costoso, e non tanto per Israele quando per i paesi arabi in generale e per i palestiensi in particolare.
E questo non perché il commercio con Israele possa essere di grande beneficio in entrambe le direzioni. Gli stati arabi, le cui economie languono in i grande ritardo rispetto a quella israeliana, beneficerebbero di più dall’apertura degi scambi con Israele di quanto non ne beneficerebbe Israele. In effetti, le economie arabe soffrono di una mancanza di diversificazione e di liberalizzazione che ha ben poco a che vedere con obsoleti boicottaggi.
In realtà il principale effetto economico dell’abbandono del boicottaggio, sia ufficialmente che di fatto, si produrrebbe attraverso l’impatto che la cosa avrebbe sull’immagine del mondo arabo. Un mondo arabo che mostrasse di volersi finalmente aprire a Israele, come aveva iniziato a fare con l’apertura di uffici commericali e con conferenze economiche internazionali dopo gli Accordi di Oslo del 1993, inizierebbe a superare la sua immagine di soggetto chiuso e minaccioso. Molti di questi paesi, che pure sostengono di partecipare alla lotta contro il terrorismo, non sono esattamente percepiti dai loro partner commericali occidentali come fattori positivi di pace e stabilità nel mondo. Nel migliore dei casi vengono visti come minacciati dalle stesse forze estermiste che attaccano l’occidente. Nel peggiore, come attivi simpatizzanti e finanziatori di jihad.
Certo, non si tratta solo di un problema di immagine, giacché c’è anche parecchio di vero in queste percezioni negative. La questione è cosa si potrebbe e si dovrebbe chiedere di fare agli stati arabi “moderati” per meritarsi questo appellativo. Punire un atlea per aver osato gareggiare in Israele è un ottimo esempio di ciò che non dovrebbero fare. Mushir Salem Jawher dovrebbe essere invece elogiato e ricompensato per aver aperto la strada al superamento degli stereotipi e aver contribuito alla pace fra mondo arabo e Israele. E se i palestinesi avessero da ridire, i loro alleati arabi dovrebbero dire loro la verità: voi siete quelli che hanno bisogno della pace più di chiunque altro, lascite che vi aiutiamo ad arrivarci con un primo esempio.

(Da: Jerusalem Post, 9.01.07)

Nella foto in alto: Mushir Salem Jawher vincitore al traguardo della Maratona di Tiberiade lo scorso 4 gennaio