Attribuito a sottomarino israeliano l’attacco a un arsenale di missili russi in Siria

Un nuovo capitolo della tacita guerra d’Israele contro il trasferimento di armi strategiche a terroristi?

image_3784“Israele è in grado di attaccare molti obiettivi in Siria ma, stando ai reportage della stampa estera, sceglie gli obiettivi di alto valore strategico, come il missile Fateh-110 o i missili SA-17 e i missili Yakhont, che potrebbero cadere nelle mani di elementi terroristi estremisti”. È quanto ha detto domenica Giora Eiland, ex capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano.
Nel fine settimana diversi mass-media stranieri, tra cui il quotidiano New York Times e la tv CNN, hanno attribuito a Israele le misteriose esplosioni dello scorso 5 luglio in un deposito di armi siriano nella città portuale di Latakia, fornendo tuttavia dettagli discrepanti. La tv CNN ha parlato sabato di un’operazione delle forze aeree israeliane, mentre domenica il Sunday Times ha menzionato un attacco dal mare ad opera di un sottomarino della classe Dolphin della marina militare israeliana che avrebbe lanciato un missile da crociera. Si tratterebbe del primo intervento navale d’Israele in Siria dallo scoppio della guerra civile nel marzo 2011.
Il deposito, che sarebbe rimasto completamente distrutto, ospitava tra l’altro una cinquantina di missili anti-nave Yakhont P-800 di fabbricazione russa, consegnati quest’anno alle forze armate di Damasco.
Se fosse vera la versione data dalla CNN, quello presso Latakia costituirebbe il quarto attacco contro obiettivi strategici in Siria attribuito quest’anno all’aviazione israeliana. Secondo le notizie di stampa, tutti e quattro gli attacchi hanno preso di mira recenti forniture di sofisticate armi russe.
La scorsa settimana Qassem Saadeddine, portavoce del Consiglio supremo militare del Libero Esercito siriano (anti-Assad), aveva dichiarato alla Reuters che l’attacco “non era stato né avrebbe potuto essere effettuato dai ribelli siriani”. Esplosioni nella zona di Latakia, che fa parte della roccaforte di Assad sulla costa del Mediterraneo, sono state estremamente rare nel corso dei due anni di conflitto interno siriano.
Israele ha sempre ribadito di non essere in alcun modo implicato nella guerra civile che imperversa da due anni in Siria, se non per fermare i trasferimenti di armi potenzialmente pericolosi per lo stato ebraico. Rappresentanti del governo di Gerusalemme hanno sempre messo in chiaro che Israele avrebbe agito per impedire che armi sofisticate venissero trasferite dell’esercito siriano ai terroristi libanesi Hezbollah, sostenuti dall’Iran, e che fra queste armi andavano inclusi anche i missili a lungo raggio Yakhont, che potrebbero permettere a Hezbollah di minacciare, fra l’altro, gli impianti offshore israeliani di estrazione del gas naturale.
Nel suo reportage la CNN citava tre anonimi funzionari americani che avrebbero rivelato il ruolo di jet israeliani nell’attacco del 5 luglio. Alti funzionari siriani citati dalla tv satellitare iraniana in lingua araba Al-Alam, di proprietà statale, hanno invece smentito il reportage della CNN. Il reportage della CNN riferiva anche che Stati Uniti e Israele starebbero monitorando da vicino tutta la regione per la concreta possibilità che altre armi vengano trasferite in Siria, in altri punti lungo la costa, a bordo di navi da guerra russe. Secondo la valutazione dei funzionari americani citati dalla CNN, nelle scorse settimane diverse spedizioni russe avrebbero già raggiunto l’esercito del presidente siriano Assad.
Secondo Eiland “la portata degli attacchi attribuiti a Israele appare estremamente calcolata in modo tale da non essere percepita come un intervento nella guerra civile siriana”. Questi attacchi in Siria appaiono “puliti, nel senso che non lasciano tracce e vengono condotti in un modo da non permettere che i mezzi usati vengano filmati o fotografati, così da non mettere nell’angolo il presidente Assad”, cosa che lo costringerebbe a reagire in qualche modo. Tuttavia, avverte Eiland, “potrebbe sempre capitare un attacco di troppo, al quale Assad fosse costretto a reagire mettendo Israele di fronte a scelte difficili”. L’ex capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliana stima che Assad potrebbe decidere in qualsiasi momento di reagire “in modo limitato”. “In Siria – spiega – vi sono centinaia di razzi e missili puntati su Israele e sono sotto il controllo del regime. Alcuni di essi sono in grado di raggiungere le alture del Golan, altri possono arrivare a colpire la regione centrale di Israele. Assad potrebbe ordinare alle sue forze di lanciare sul nord di Israele un paio di missili terra-terra con testate convenzionali. Un attacco del genere, quand’anche non causasse alcun danno, costituirebbe un grosso problema perché Israele dovrebbe comunque decidere come rispondere”.
In questo contesto, aggiunge Eiland, “le fughe di notizie da parte americana (sulle presunte operazioni israeliane in Siria) sono altamente problematiche”.
“In queste precarie circostanze – commenta Dan Margalit su Israel HaYom – la cosa più saggia che possono fare sia Netanyahu che Assad è attenersi alle rispettive posizioni. Le Forze di Difesa israeliane non permetteranno il trasferimento di missili strategici, ma senza mai ammettere d’averli colpiti dando così ad Assad la possibilità di aggirare la sua promessa di reagire attaccando Israele: una situazione che risponde agli interessi di entrambe le parti. Tuttavia, in linea puramente teorica, bisogna anche supporre che le fonti anonime del Pentagono che hanno fatte trapelare informazioni ai mass-media americani, come avevano già fatto in occasione di due precedenti attacchi attribuiti a Israele, siano evidentemente mosse dal desiderio di vedere Israele coinvolto in un conflitto militare con la Siria per affrettare la caduta di Assad e risparmiare agli Stati Uniti la necessità di decidere qualcosa e magari di intervenire. Il che però comporterebbe una miriade di complicazioni per Israele, e certamente non è così che alleati e partner dovrebbero comportarsi fra loro. Si tratterebbe persino, in una certa misura, di una violazione della fiducia. Insomma – conclude Margalit – la situazione diplomatico-militare esige, per il bene di tutti, che Israele smentisca, anche se fosse vero che era dietro all’attacco del 5 luglio corso”.
In un’intervista domenica pomeriggio alla Cbs, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha negato qualsiasi coinvolgimento israeliano nell’esplosione del deposito di missili in Siria. Ricordando che Israele viene sempre chiamato in causa ogni volta che succede qualcosa in Medio Oriente, Netanyahu ha ribadito che il suo compito è solo quello di impedire il trasferimento di pericolose armi strategiche a Hezbollah.

(Da: YnetNews, Isreal HaYom, Jerusalem Post, 14.7.13)

Nelle foto in alto: immagini d’archivio del missile Yakhont P-800 e di un sottomarino classe Dolphin ormeggiato a Haifa