Autocrate senza successori

Gli unici due leader che avevano qualche possibilità come successori di Arafat erano Abu Jihad e Abu Iyad.

image_421Gli unici due leader dell’Olp che avevano qualche possibilità come successori di Yasser Arafat erano Khalil al-Wazir (Abu Jihad) e Salah Khalaf (Abu Iyad).
Abu Jihad venne ucciso a Tunisi nel 1988 da un commando delle Forze di Difesa israeliane. Abu Iyad fu ucciso in Kuwait nel 1991 da un membro della fazione estremista palestinese di Abu Nidal (al secolo Sabri al-Bana). Sia Abu Jihad che Abu Iyad figuravano tra i fondatori dell’Olp e godevano di molta popolarità fra i palestinesi. La loro scomparsa dalla dirigenza dell’Olp ha lasciato un vuoto che in realtà non è stato ancora colmato.
Dopo la creazione dell’Autorità Palestinese nel 1994, hanno incominciato a circolare i nomi di altri potenziali successori, svanendo tuttavia con la stessa rapidità con cui emergevano. Nei primi anni vennero a galla i nomi degli ex capi della sicurezza Jibril Rajoub e Muhammad Dahlan come quelli di “giovani” carismatici che incarnavano la futura generazione di palestinesi. Da allora, però, entrambi hanno perso gran parte del loro credito nelle piazze palestinesi, cosa che ha permesso ad Arafat di neutralizzarli, tagliandoli fuori dai processi decisionali e dai veri centri di potere.
Anche un veterano dell’Olp come Mahmoud Abbas (Abu Mazen), a lungo considerato il naturale successore di Arafat, è stato messo da parte. L’anno scorso, dopo uno scontro al calor bianco con Arafat, Abu Mazen ha rassegnato le dimissioni da primo ministro palestinese accusando apertamente il presidente Arafat di voler preservare il suo dominio autocratico. Abu Mazen, che da allora diserta le attività di Arafat e della dirigenza palestinese, lunedì sera si è precipitato alla Muqata di Ramallah per informarsi sulle condizioni di salute del presidente e augurargli pronta guarigione. Era la prima volta che i due si incontravano da quando Abu Mazen, offeso e infuriato, se ne era andato dal quartier generale di Arafat per protesta contro il comportamento del suo capo. Secondo fonti vicine ad Abu Mazen, la visita comunque non avrebbe implicazioni politiche.
Anche Abu Ala, in qualche misura impegnato in un’analoga lotta di potere con Arafat, a un certo punto è stato considerato un possibile candidato alla massima poltrona dell’Autorità Palestinese. Ma il suo continuo battibecco con Arafat, unito alle voci che lo danno coinvolto in gravi casi di corruzione, ha seriamente danneggiato le sue chances. Abu Ala è sottoposto oggi a fortissime pressioni da parte del Consiglio Legislativo palestinese perché si faccia da parte, aprendo la strada a forze fresche.
Le turbolenze politiche al vertice dell’Autorità Palestinese sono iniziate due anni fa quando, sotto pressione di Stati Uniti e Unione Europea, Arafat ha dovuto accettare controvoglia di nominare un primo ministro, carica che fino ad allora non era mai esistita nell’Autorità Palestinese. Consapevole del piano volto a indebolire il suo potere, Arafat oppose però la massima resistenza alla richiesta che cedesse il controllo su forze di sicurezza e finanze. L’ostinazione di Arafat contribuì a innescare crescenti tensioni fra gli alti papaveri della dirigenza palestinese, in continua lotta fra loro per il controllo e per il potere. Arafat e molti suoi collaboratori hanno caparbiamente respinto le domande di riforme, denunciandole come un complotto americano e israeliano volto a creare una dirigenza alternativa sottomessa ai voleri di Washington e Gerusalemme. Le critiche più forti sono state rivolte contro Abu Mazen e Dahlan, accusati di voler scalzare Arafat.
Le tensioni politiche hanno avuto risvolti negativi sulla situazione della sicurezza in Cisgiordania e striscia di Gaza, soprattutto tra i capi delle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese trasformate, per dirla con le parole di un esponente di Fatah, in milizie private al servizio degli interessi personali di colonnelli e generali.
La scorsa settimana un gruppo di parlamentar dell’Autorità Palestinese ha firmato un appello rivolto ad Arafat in cui gli si chiedeva di licenziare Abu Ala e creare un nuovo gabinetto che affrontasse il caos della sicurezza e la corruzione, avvertendo che i palestinesi sono più vicini che mai alla guerra civile. L’appello riflette preoccupazioni crescenti fra i palestinesi su cosa potrebbe accadere nell’era post-Arafat.
Ora che Arafat viene percepito come un uomo debole e malato, molti palestinesi manifestano il timore che l’aperto scontro per il potere che già imperversa nell’Autorità Palestinese possa davvero sfociare in una guerra civile. Il tentativo, all’inizio del mese, di assassinare Musa Arafat, capo delle forze di sicurezza nazionale nella striscia di Gaza, viene visto come il primo colpo in quella che potrebbe diventare una sanguinosa battaglia per il potere il giorno dopo la morte di Arafat. “Abbiamo ottime ragioni per essere molto preoccupati – confida un funzionario veterano di Fatah – Ci troviamo oggi all’apice di una crisi politica e di sicurezza che potrebbe facilmente aggravarsi, se succede qualcosa ad Arafat”.

(Da: Khaled Abu Toameh su Jerusalem Post, 28.10.04)

Nella foto in alto: Culto della personalità nelle vie di Gaza