Autorità Palestinese: «Dichiarazione Balfour, un crimine contro l’umanità»

Per Netanyahu, è l’ennesima dimostrazione che i palestinesi non riconoscono il diritto di uno stato nazionale del popolo ebraico: un rifiuto che è la vera radice del conflitto

Di Herb Keinon

La Dichiarazione Balfour (2 novembre 1917)

La Dichiarazione Balfour (2 novembre 1917)

Un giorno dopo che l’Autorità Palestinese ha definito la Dichiarazione Balfour “un crimine contro l’umanità” esortando la Gran Bretagna a chiedere scusa per quel documento, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che la vera radice dell’interminabile conflitto è il rifiuto da parte palestinese di riconoscere il diritto del popolo ebraico a uno stato nazionale nella propria patria storica.

La Dichiarazione Balfour, una lettera ufficiale scritta il 2 novembre di 96 anni fa dal Ministro degli esteri britannico Arthur James Balfour a Lord Rothschild, esponete della Federazione Sionista, caldeggiava l’istituzione nella Palestina appena liberata dal dominio turco-ottomane di un “focolare nazionale” per il popolo ebraico. “Quella dichiarazione riconosceva il diritto del popolo ebraico nella sua terra d’origine, in Terra d’Israele – ha detto Netanyahu domenica, aprendo la riunione settimanale del governo – Non vi è dubbio che quel riconoscimento internazionale del diritto del popolo ebraico a un proprio stato nella sua patria storica è della massima importanza, e che il rifiuto di riconoscere tale diritto, e quindi lo stato ebraico d’Israele, era ed è alla radice del conflitto”.

Dopo la prima guerra mondiale, la Società delle Nazioni incorporò la Dichiarazione Balfour all’interno del Mandato sulla Palestina facendola diventare, come ha ricordato il professor Alan Dershowitz nel suo The Case for Israel (2003), “un testo vincolante di diritto internazionale”.

Tutta la pubblicistica revanscista palestinese ostenta mappe che illustrano graficamente l’obiettivo massimalista di cancellare Israele dalla carta geografica (qui, il logo del Centro Palestinese per il Ritorno)

Affinché via sia pace tra Israele e palestinesi, ha ribadito Netanyahu, è necessario che essi riconoscano il diritto del popolo ebraico a un suo stato nella sua terra d’origine: questo significa che, in qualunque accordo per la composizione definitiva del conflitto, i palestinesi dovranno abbandonare il cosiddetto “diritto al ritorno” (dentro Israele anziché nel loro futuro Stato) ed ogni ulteriore rivendicazione nei confronti di Israele.

Per il momento le cose non sembrano andare in questa direzione. Stando a quanto riportato sabato scorso dal quotidiano in inglese Saudi Gazette, in occasione dell’anniversario della Dichiarazione Balfour il Ministero dell’informazione dell’Autorità Palestinese ha diramato una nota in cui si afferma che i palestinesi “stanno pagando il prezzo del peggiore crimine politico della storia contemporanea”, e si definisce la Dichiarazione Balfour “un marchio di vergogna per tutta l’umanità”.

La Gran Bretagna e il mondo intero, continua il comunicato dell’Autorità Palestinese pubblicato in inglese sul sito web del Ministero dell’informazione, devono riconoscere che tutto il male che si è abbattuto sui palestinesi, a cominciare dalla “spartizione” del Paese (approvata dall’Onu nel 1974, ma rifiutata dalla parte araba) “è stato causato della Dichiarazione Balfour”, che “continua a servire da base per un sistema di discriminazione che fa impallidire, al confronto, l’ex regime di apartheid in Sud Africa”. Il comunicato accusa poi “molte superpotenze” di “continuare a sostenere l’occupazione israeliana sulla culla del cristianesimo e sui luoghi sacri dell’islam”, come sempre senza nessuna menzione dell’importanza storica, culturale e religiosa di Gerusalemme e della Terra d’Israele per l’ebraismo.

(Da: Jerusalem Post, 3.11.13)

Si veda anche: Dichiarazione Balfour e Risoluzione di Spartizione. Due anniversari che aiutano a capire la storia