Basta immunità per i leader del terrorismo

Gli stati arabi devono fare i conti con chi predica lideologia del terrore al loro interno.

Da un articolo di Sever Plocker

image_817Non è esatto affermare che i leader di stati arabi come Egitto e Arabia Saudita non hanno la volontà di sradicare il terrorismo islamista dai rispettivi paesi. Vorrebbero farlo, ma il fatto è che hanno paura.
Hanno paura della collera delle masse. Hanno paura delle ritorsioni di milioni di fedeli nelle moschee dove viene coltivato il credo dei fanatici. Hanno paura di tagliare la testa del serpente per paura di ciò che potrebbe crescere al suo posto. E poi, più di ogni altra cosa, vogliono salvare la pelle e il proprio potere.
I crescenti sforzi nella lotta contro il terrorismo rivelano due diverse strategie. La prima è quella che fu applicata dal regime laico militare in Algeria, e che portò a uccisioni in massa di truppe terroriste, presto dimenticate. Un gran numero di terroristi e sospetti terroristi venne ucciso dal culto militarista algerino, finché i capi dei gruppi terroristi alla fine abbassarono le armi, almeno per il momento. È una strategia che richiede reclutamento di massa, forze di polizia assai brutali, intimidazione e una quasi assoluta “licenza di uccidere”.
Israele invece, dopo un periodo di incertezza all’inizio della recente ondata terroristica palestinese, ja introdotto la seconda strategia: l’uccisione mirata di terroristi. Questo metodo richiede una meticolosa azione di intelligence, decisioni fulminee, addestramento di forze speciali, disposizione a fonteggiare condanne morali e l’inevitabile percentuale di errori.
La prima strategia lascia dietro di sé un fiume di sangue. La seconda strategia lascia dietro di sé un numero relativamente limitato di “uccisioni qualificate”.
Il primo metodo getta tutta la responsabilità degli attentati terroristici sugli attentatori stessi, su coloro che li mandano e sulle fonti che li sostengono. Il secondo metodo individua come principali responsabili i capi, soprattutto quei capi “spirituali” del terrorismo che diramano sermoni standosene seduti nei loro uffici ben protetti: quei “mentori” dei terroristi che godono di un genere di immunità che non è né comprensibile né giustificato.
Sono queste le persone che i capi degli stati arabi non hanno il coraggio di colpire. Sono queste che vengono risparmiate. I capi arabi se ne tengono alla larga. Le forze di sicurezza egiziane e saudite non esiterebbero un momento a “ripulire” un intero villaggio pur di inchiodare un’unica cellula terrorista. Non esiterebbero a spazzare via la gente che ha impiantato il terrorismo in quel villaggio con i sermoni nelle moschee e nelle università.
Ma il progenitore del terrorismo concreto è il terrorismo “spirituale”. Se si schiaccia questo, poco dopo si spegne anche il primo. Se invece si mostra timore e soggezione di fronte all’ideologia del terrorismo, passeranno gli anni, e persino le generazioni, prima che i suoi effetti siano battuti. Lo dimostra la storia.
Ecco perché, dopo gli attentati alla metropolitana di Londra, il primo ministro Tony Blair ha ordinato di estirpare il terrorismo islamista dalla Gran Bretagna fin dalle radici. I tempi dell’autocontrollo sono finiti. Risultato: forze britanniche hanno eseguito la loro prima uccisione mirata. Hanno sbagliato nell’identificare l’aggressore, non l’approccio.
Non è quello che avviene al Cairo. Le mani dei dirigenti egiziani, come quelle degli altri capi di stati arabi, tremano. La corruzione in questi paesi è evidente, il tanfo cresce e miliardi sgorgano dal suolo pieno di petrolio per poi scomparire nelle casseforti delle Isole Vergini. In queste condizioni è difficile lanciare una guerra contro la dirigenza spiritual-religiosa del terrorismo che si nasconde dietro la maschera della lotta per purificare la società araba. E il prezzo finiscono col pagarlo le decine di vittime innocenti delle esplosioni nel Sinai.

(Da: YnetNews, 07.24.05)

Nella foto in alto: Un poliziotto egiziano cerca di impedire al fotoreporter di scattare immagini sul luogo dell’attentato al Ghazala Gardens Hotel di Sharm el-Sheik

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