Basta istigazione

La moderna calunnia del sangue secondo cui “La al-Aqsa è in pericolo" si ritorce contro i suoi autori: oggi la moschea è tenuta in ostaggio dai calunniatori

Il ministro di pubblica sicurezza israeliano Gilad Erdan ai funerali dell’agente di polizia Kamil Shnaan, nel villaggio settentrionale di Hurfeish, circondato da colleghi della vittima e autorità religiose druse. Nel riquadro: Kamil Shnaan e Hael Sathawi, i due poliziotti uccisi nell’attentato di venerdì presso il Monte del Tempio a Gerusalemme

Scrive l’editoriale di Ha’aretz: «L’attentato omicida sul Monte del Tempio che venerdì mattina ha ucciso gli agenti di polizia Hael Sathawi e Kamil Shnaan avrebbe potuto degenerare in un attacco strategico non solo in ambito arabo e internazionale, ma anche all’interno di Israele. Non esiste luogo politicamente e religiosamente più delicato del Monte del Tempio, dove la lava bollente aspetta solo di erompere e incenerire tutto ciò che c’è attorno. E non c’è luogo come il Monte del Tempio che richiede la massima saggezza militare e politica da parte di coloro che ne hanno il controllo. Dal momento in cui i luoghi santi vennero conquistati da Israele nel 1967, lo Stato si è adoperato il più possibile per dimostrare di poter essere un tutore responsabile di questi siti sacri ai fedeli delle tre religioni. È riuscito a prevenire folli attacchi progettati da estremisti ebrei, così come ha impedito che il sito venisse trasformato in un centro di azioni violente da parte di musulmani fanatici. La designazione degli orari di preghiera, il veto alle visite di parlamentari israeliani (sia arabi che ebrei), il coordinamento con il Waqf (l’ente del patrimonio islamico), le misure di sicurezza e la stretta collaborazione con la Giordania sono riusciti finora a prevenire un’eruzione apocalittica. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha fatto bene quando, subito dopo l’attentato, si è pubblicamente impegnato a preservare lo status quo. Ma l’attentato ha anche dato la stura alle oscure inclinazioni di coloro che sono pronti a dare addosso alla comunità araba d’Israele in quanto tale, cosa facilitata in questo caso dal fatto che i tre attentatori erano membri di un clan famigliare della città arabo-israeliana di Umm al-Fahm. Ancora una volta, a cominciare dalla dichiarazioni del ministro arabo-druso Ayoub Kara, è emersa la distinzione tra i membri della comunità drusa e i musulmani d’Israele, giacché in questo attentato due poliziotti arabi della comunità drusa sono stati assassinati da tre terroristi arabi della comunità musulmana. Ancora una volta si è parlato dei “leali” drusi e della “quinta colonna” musulmana. Ma sono tutti cittadini d’Israele, membri di minoranze che meritano equità di trattamento da parte dello Stato, non istigazione e reciproche recriminazioni. Questa non è una guerra tribale, né un attentato settario. Tutti gli israeliani piangono, insieme alla comunità drusa, l’assassinio di due suoi figli. Li piangono anche quelli che non condividono le politiche dell’attuale governo. Questo è il momento in cui governo e primo ministro devono rafforzare la cooperazione civile all’interno del paese e mettere a tacere coloro che spargono veleni.» (Da: Ha’aretz, 16.7.17)

Nadav Shragai

Scrive Nadav Shragai: «La versione moderna della calunnia antisemita del sangue, secondo cui “la moschea di al-Aqsa è in pericolo” si ritorce ora contro i suoi autori. Oggi la al-Aqsa è davvero in pericolo, ma la minaccia non è israeliana. Il Monte del Tempio non è, come dicono gli istigatori di odio anti-israeliano, “sotto attacco” “sotto la minaccia” o “tenuta in ostaggio” dagli israeliani. È tenuta in ostaggio dalla calunnia del sangue che alla fine ha portato spari, morti e sangue sin dentro i cortili della spianata delle moschee sul Monte del Tempio. Gli assassini sono venuti da Umm al-Fahm, un luogo dove si sono tenuti numerosi raduni all’insegna dello slogan “La al-Aqsa è in pericolo”. I tre assassini avevano partecipato a quelle manifestazioni e ne avevano interiorizzato il messaggio. Le manifestazioni erano capitanate dall’uomo che tutt’oggi si definisce lo sceicco di al-Aqsa, il fondatore del Ramo Settentrionale del Movimento Islamico israeliano, Raed Salah. La calunnia, vecchia di cent’anni, nata ai tempi del Gran Mufti di Gerusalemme Haj Amin Husseini per giustificare violenze e pogrom anti-ebraici, è stata rilanciata proprio a Umm al-Fahm. Ispirati dall’istigazione del Ramo Settentrionale del Movimento Islamico e dei pari suoi (la Fratellanza Musulmana, la Turchia, il Qatar, Hamas), centinaia di terroristi sono scesi per le strade di Israele per pugnalare, investire, sparare a dozzine di ebrei, spronati dal falso appello “La al-Aqsa è in pericolo”. Ora la calunnia mille volte ripetuta ha sparso sangue sul Monte del Tempio, alle porte della moschea al-Aqsa e della Cupola della Roccia. E ora minaccia lo status quo che Israele per anni ha gelosamente costodito, nonostante la violazione ai diritti degli ebrei che tale status quo impone. E così, il terrorismo alimentato dalla falsa calunnia ha portato all’estrema profanazione del luogo santo per ebrei e musulmani che sosteneva di voler difendere.» (Da: Israel HaYom, 16.7.17)

Haim Shine

Scrive Haim Shine: «L’attacco terroristico di venerdì al Monte del Tempio è stato un atto di odio fanatico e uno degli attentati più pericolosi degli ultimi anni. Gli assassini avevano certamente l’intenzione di incendiare uno dei luoghi più fragili e sensibili del Medio Oriente, se non del mondo. Solo il coraggio e l’abnegazione degli agenti della polizia di frontiera israeliana, che hanno pagato un prezzo pesante per aver affrontato i terroristi, ha impedito alla situazione di degenerare chissà quanto. Un fatto particolarmente terribile è che l’attacco è stato eseguito da abitanti di Umm al-Fahm: cioè da cittadini israeliani. In realtà si tratta degli ultimi di una lunga lista di arabi israeliani che si sono resi direttamente responsabili o hanno aiutato altri a compiere attività terroristiche, da quelli che portavano sul posto gli attentatori suicidi fino ai parlamentari arabi che hanno partecipato alla violenta flottiglia filo-Hamas o che hanno consegnato di nascosto telefoni cellulari a terroristi detenuti. Naturalmente, gli arabi israeliani non devono essere mai accusati in gruppo per gli atti di singoli terroristi. Ma chiunque può capire che un individuo che commette un atto terroristico ha bisogno di infrastrutture, idee e politiche che lo sostengono. Le persone che commettono attacchi terroristici non agiscono nel vuoto, lo fanno quando hanno il sostegno e il riconoscimento delle persone fra cui vivono. È molto importante che la popolazione araba d’Israele e i suoi leader decidano e chiariscano una volta per tutte se abbracciano la narrazione palestinese che considera Israele uno stato nemico da combattere, da terrorizzare e da cancellare, oppure sono cittadini nel pieno senso della parola, inclusi la fedeltà e il rispetto delle sue leggi. Non ha senso rivendicare equità sociale mentre si definiscono “innocenti” o “combattenti per la libertà” gli assassini di tre adolescenti disarmati, come avvenne nel giugno 2014. La leadership religiosa, comunitaria, educativa e politica del settore arabo israeliano dovrebbe ripensare seriamente le proprie posizioni. Ogni ulteriore attentato in cui giocassero un ruolo degli arabi israeliani non fa che spingere verso un pericoloso scontro che potrebbe lacerare la fragile trama di rapporti che è stata intrecciata negli anni tra ebrei e arabi in questo paese.» (Da: YnetNews, 16.7.17)