Boicottare i boicottatori

Ad esempio, prendendo a modello la legislazione già in vigore negli Stati Uniti.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2865Un osservatore casuale non può evitare l’impressione che Israele sia diventato il capro espiatorio del mondo. Quasi non passa giorno senza che giungano nuove notizie di boicottaggi economici/accademici/artistici/atletici, dei più svariati schemi di “disinvestimento”, di cancellazioni di eventi, snobbature teatrali, liste nere da supermercato. Sembra un piano orchestrato, anche se non lo è. Nonostante le apparenze, Israele è ben lontano dallo status del Sudafrica dell’apartheid che era colpito da sanzioni multi-governative decretate dall’Onu. Ma anche i boicottaggi non-governativi possono far danno, e innescare una sorta di effetto valanga. Già accade che talvolta le scomuniche anti-israeliane spronino una potente dinamica negativa. Dunque, come reagire?
Se è vero che non è possibile sbarazzarsi del tutto di questo fenomeno, è tuttavia possibile contrastare la collaborazione interna ai boicottaggi esterni, e quella di controparti che rientrano nella nostra sfera d’influenza. Venticinque deputati israeliani appartenenti a sette gruppi diversi parlamentari, compresi dieci presidenti di commissione e sette capigruppo (tra cui l’ex presidente della Knesset Dalia Itzik, di Kadima) hanno inoltrato un disegno di legge il cui scopo è far pagare pegno agli assortiti promotori dei vari boicottaggi. Se verrà adottato, diffamare Israele e ostracizzarlo oltre ogni decenza non sarà più un’attività comodamente indolore.
Ad esempio, per una serie di professori, autori, cineasti e artisti non sarà più solo un frivolo lusso innocuo quello di lusingare stuzzicare all’estero i peggiori pregiudizi anti-israeliani e incitare esplicitamente al boicottaggio. Attualmente queste attività sono, di fatto, addirittura redditizie. Garantiscono agli accademici calorose accoglienze negli atenei più prestigiosi, purché si denigri Israele con sufficiente veemenza. Aiutano a vendere libri e film, a mettere in scena pièce teatrali, ad allestire mostre ed esposizioni.
Il nuovo disegno di legge imporrebbe invece una scelta, a certi navigati israeliani che sputano nel piatto in cui mangiano. Il testo afferma che ai cittadini israeliani non sarebbe più permesso “istigare, promuovere o collaborare a boicottaggi contro lo Stato d’Israele o istituzioni israeliane” come università e ospedali, senza conseguenze. Essi infatti sarebbero legalmente passibili di pagare indennizzi alle vittime di specifici boicottaggi. Il disegno di legge si estende anche a stranieri promotori di boicottaggi nella misura in cui essi interagiscono con Israele o con israeliani, ad esempio limitando per gli individui implicati in boicottaggi il diritto di ingresso nel paese fino anche a dieci anni. In base a questo disegno di legge, ai soggetti stranieri o a chiunque a loro nome promuovesse un boicottaggio anti-israeliano verrebbe interdetto l’uso, a tale scopo, di conti bancari israeliani, azioni israeliane o territorio israeliane.
Ciò potrebbe applicarsi anche a quegli arabi israeliani che promuovono il loro proprio boicottaggio contro le merci che accusano d’essere prodotte in Giudea e Samaria (Cisgiordania). Tale boicottaggio è sincronizzato con il bando ai beni degli “insediamenti” sponsorizzato direttamente dalle più alte sfere dell’Autorità Palestinese di Ramallah. Si noti che è il Tesoro stesso dell’Autorità Palestinese che garantisce la copertura delle spese di una rigorosa applicazione del boicottaggio. Il primo ministro Salaam Fayad si è fatto fotografare mentre gettava personalmente prodotti israeliani in grandi falò, fra l’entusiastica approvazione degli astanti. Il palestinese che sfidasse il boicottaggio decretato dall’Autorità Palestinese può incorrere in pesanti ammende e addirittura nella carcerazione fino a cinque anni. Ed è totalmente caduta nel vuoto la denuncia da parte di Israele del fatto che queste attività dell’Autorità Palestinese violano clamorosamente i termini degli Accordi di Oslo (quelli grazie ai quali l’Autorità Palestinese esiste), e che esse mal si conciliano con tutta la retorica sulle “misure atte a creare fiducia fra le parti” che dovrebbero essere messe in campo durante i colloqui di prossimità (negoziati indiretti).
Per dare mordente all’indignazione israeliana, il disegno di legge anti-boicottaggio propone di dedurre le perdite dovute al boicottaggio dalle cifre complessive che Israele rimette regolarmente all’Autorità Palestinese. Quei denari verrebbero destinati invece al risarcimento delle persone e delle aziende israeliane direttamente colpite dal boicottaggio dell’Autorità Palestinese.
Il disegno di legge, dice Dalia Itzik, “costituisce una misura di autodifesa: l’Autorità Palestinese infligge consapevolmente dei danni con il suo boicottaggio. Occorre che sappia che, se non desiste, farà un danno anche a se stessa”.
In effetti, i divieti e le restrizioni del boicottaggio palestinese, specialmente in un contesto come il nostro, sono molti simili al sabotaggio e a un ennesimo modo di combattere contro lo Stato ebraico. È impensabile che Israele non risponda minimamente a quest’imboscata dell’Autorità Palestinese, e a queste provocazioni dall’estero. E quando viene dall’interno, questa ostilità è ancora più preoccupante.
Anche paesi che non sono nemmeno lontanamente assediati e vulnerabili come Israele non mostrano alcuna tolleranza di fronte a questo genere di fenomeni. In effetti, il disegno di legge anti-boicottaggio riprende quasi alla lettera le sanzioni legali previste dagli stessi Stati Uniti a carico di cittadini americani che istigano boicottaggi anti-americani o boicottaggi contro alleati dell’America. E ciò che va bene negli Stati Uniti non si capisce perché non debba andar bene anche in Israele.

(Da: Jerusalem Post, 13.6.10)

Nella figura in alto: demonizzazione di Israele nella campagne per il boicottaggio dello stato ebraico