Britannia, addio

Se qualcuno vuole università Judenrein, mi pare giusto ed appropriato soddisfare questo suo desiderio.

Da un articolo di Gadi Taub

image_672Non è né saggio né onesto gridare all’antisemitismo ogni volta che Israele viene criticato. Chi tiene ai diritti umani ha tutte le ragioni per opporsi all’occupazione israeliana in Gaza e Cisgiordania. Come una grande quantità di altri israeliani, anch’io l’ho sempre fatto e simpatizzo con coloro, in tutto il mondo, che criticano le politiche del governo israeliano nei territori. Ma il boicottaggio accademico britannico di università israeliane è un’altra cosa. In questo caso mi è molto difficile spiegare la faccenda senza ricorrere alla categoria dell’antisemitismo.
In quanto presunta misura volta a promuovere i diritti umani, questo boicottaggio – decretato proprio quando Israele si sta movendo per porre termine all’occupazione – è assai sconcertante. Come è singolare il fatto che l’Associazione britannica dei docenti universitari non abbia mai adottato misure simili contro altre violazioni di tali diritti in altre parti del mondo. Gli accademici che provengono da regimi dove si praticano regolarmente la vera pulizia etnica, il genocidio e massicci crimini contro i diritti umani continuano ad essere i benvenuti nelle università britanniche. L’occupazione cinese del Tibet, tanto per citare l’esempio più ovvio, non sembra turbare l’Associazione britannica dei docenti universitari. Per quanto difettosi possano essere i diritti umani in Israele, e io sono fra coloro che criticano le politiche del governo, l’ipocrisia dell’Associazione britannica dei docenti universitari è veramente eccessiva. (…)
Sembra entrare è in gioco, qui, un meccanismo sottile. L’occupazione israeliana offre alle classi colte britanniche una rara opportunità per conciliare due pulsioni egualmente profonde, destinate altrimenti a collidere: da una parte l’immagine che hanno di sé gli accademici britannici come difensori dei diritti umani, agenti di civiltà in tutto il mondo; dall’altra l’apparentemente contraddittorio, ma profondamente radicato, pregiudizio contro gli ebrei. Quello all’opera, qui, è un razzismo istintivo ammantato di valori umanitari. È come se la coscienza liberale britannica volesse dire a se stessa: adesso sappiamo perché abbiamo sempre odiato gli ebrei, li abbiamo sempre odiati perché gli ebrei sono per loro stessa natura razzisti. Questa logica viscerale e contorta deve essere enormemente gratificante: i più primitivi istinti razzisti possono finalmente trovare piena espressione sotto una facciata civile e umanitaria.
Una logica così gratificante da rendere insignificante il fatto evidente che questo boicottaggio opera a favore anziché contro l’occupazione, alimentando proprio le paure sui cui prosperano i “falchi” d’Israele, la paranoia per cui “tutti” saranno sempre contro gli ebrei, indipendentemente da tutto. E va a colpire proprio quegli ambienti che più di altri hanno apertamente criticato l’occupazione. Prendersela con il mondo universitario israeliano è forse la scelta più sbagliata che si potesse fare, a parte boicottare direttamente Pace Adesso.
Per quanto mi riguarda, non sono colpito dal boicottaggio. La mia università, l’Università di Gerusalemme, finora è stata risparmiata dall’ostracismo, ed anche personalmente potrei forse contare su una clausola d’esclusione avendo più volte pubblicamente criticato il mio governo. Ma non intendo avvalermi di questi vantaggi. Non desidero essere risparmiato dal boicottaggio perché non considero morale questa esclusione. Come ebreo, non soltanto come israeliano, preferisco da qui in avanti non accettare alcun invito dalle università britanniche che partecipano al boicottaggio. E chiedo ai miei colleghi universitari ebrei in tutto il mondo di fare lo stesso. Se, come temo, alcuni accademici britannici preferiscono che i loro istituti siano Judenrein (ripuliti dagli ebrei), mi pare giusto ed appropriato soddisfare questo loro desiderio non andando più in quelle università dove viene applicato il boicottaggio, e dove noi ebrei non siamo graditi.

(Da: Jerusalem Post, 25.04.05)

Nella foto in alto: l’autore di questo articolo

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Gadi Taub

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