Caduto Mubarak, terroristi imperversano nel Sinai

Gli attentati a Eilat dimostrano che Israele dovrà contare solo sulle proprie forze anche sul fonte sud.

Di Anshel Pfeffer

image_3209La serie di attacchi terroristici che ha avuto luogo giovedì sulla strada che va dal confine israelo-egiziano ad Eilat non è stata purtroppo una sorpresa per gli alti funzionari della sicurezza israeliani. Si aspettavano che prima o poi avvenisse qualcosa del genere.
L’escalation dei problemi di sicurezza nella penisola del Sinai, il continuo lavoro sulla nuova barriera di confine e la frustrazione dei gruppi terroristi all’interno della striscia di Gaza, che da un po’ di tempo in qua non sono riusciti a realizzare con successo attentati terroristici a partire da quel territorio: tutto indicava l’alta probabilità di un tentativo di attacco attraverso la frontiera con l’Egitto.
È ancora troppo presto per dire se i terroristi che hanno compiuto gli attentati di giovedì siano partiti dall’Egitto e passati attraverso il Sinai per poi dirigersi a sud verso la regione di Eilat, o se si sia trattato dell’opera di una cellula terroristica di matrice islamica già operante da qualche tempo nel Sinai. In ogni caso, è chiaro che la rivoluzione egiziana che ha avuto inizio in Piazza Tahrir e si è poi diffusa in altri stati arabi è orami arrivata in Israele.
Nei mesi scorsi a più riprese Israele aveva autorizzato l’esercito egiziano ad incrementare le sue forze schierate nel Sinai ben al di là di quanto previsto dagli Accordi di Camp David (1978-79), premettendo l’ingresso di migliaia di soldati e carri armati egiziani nella regione di El Arish e nel resto del Sinai settentrionale, nel quadro di un’estesa operazione contro le forze di al-Qaeda. Ora appare evidente che gli sforzi egiziani da soli non sono sufficienti, e che le Forze di Difesa israeliane – che nei trent’anni scorsi avevano potuto ridurre le proprie forze lungo il confine con l’Egitto concentrandole sulla frontiera settentrionale, in Cisgiordania e attorno alla striscia di Gaza – ora dovranno rafforzare la loro presenza nel sud.
Ma non si tratta solo di trasferire reparti militari. Urge anche la necessità di completare la fortificazione di tutta la linea di frontiera meridionale (230 km) con sistemi di osservazione e controllo d’avanguardia, il che richiede l’impiego di centinaia di milioni di shekel dal budget della difesa. L’idea del ministero del Tesoro di decurtare il budget della difesa (per finanziare le riforme previste dal comitato di esperti nominati dal governo con l’incarico di trovare risposte alle proteste sociali) è stata seppellita nel giro di quarantott’ore dalle raffiche dei terroristi a Eilat.
Al di là dell’aspetto finanziario, i dirigenti della sicurezza israeliana dovranno abituarsi ad uno stato di cose in cui, a quanto pare, non potranno più fare affidamento sull’alleato esercito egiziano per proteggere il fronte sud.

(Da: Ha’aretz, 18.8.11)

Nella foto in alto: Al confine fra Israele ed Egitto