Camminando sopra i malanni della società umana

A proposito dell'ultimo film di Eytan Fox e Gal Ochovsky

image_467L’annuncio sulle vendite del film “Camminando sull’acqua” in circa trenta paesi del mondo (che porterà quasi un milione di dollari nelle tasche dei produttori israeliani) mi rende invidioso non dei film israeliani ma di quelli iraniani, che sono grandi e modesti e riescono a mettere in evidenza i lati migliori dell’umanità in questo paese non molto bello. I film israeliani, invece, hanno successo all’estero solo se la cinepresa è diretta verso la Palestina, i territori occupati. E’ logico, se si prende in considerazione il fatto che per molte persone il mondo dell’occupazione sionista è diventato una delle ultime roccaforti del vecchio e brutto colonialismo. E’ difficile trovare i lati buoni di uno stato che produce più cadaveri che film, ma “Camminando sull’acqua” riesce a mettere in evidenza le cose buone nascoste nella società israeliana, pur indicando quelle brutte.
L’affascinante film di Eytan Fox e Gal Ochovsky farà sentir bene i non-ebrei, non per le auto-accuse, ma per l’introspezione su argomenti complessi e insidiosi come il nostro “complesso”, il nostro atteggiamento verso una Germania diversa, il modo in cui conviviamo con il nostro carattere nazionale e il modo in cui i tedeschi convivono con la loro storia. Sullo sfondo dei ripetuti attentati terroristici, l’arabo omosessuale (interpretato splendidamente da Yussuf Sweid) cerca di dire: “Voi ebrei siete sempre occupati a pensare a cosa vi è o non vi è stato fatto. Forse, se poteste smettere di pensare a questo vostro passato, potreste vedere…”. Ma l’uomo israeliano, un “graduato dell’esercito”, lo fa tacere. E ironicamente, proprio perché l’arabo è fatto tacere, le sue parole rimangono sospese per tutta la durata del film.
Tuttavia “Camminando sull’acqua”, più che un film sull’Olocausto e l’occupazione, è un film sugli omosessuali e gli eterosessuali. Fox riesce a creare energia erotica in quasi tutte le scene in cui appaiono due uomini, e il risultato è un film sexy e divertente che però esplora anche, con grande sensibilità, la possibilità di una vera amicizia trans-sessuale tra un omosessuale e un eterosessuale. Contrariamente alle sue dichiarazioni sull’Olocausto e l’occupazione, quando tratta questo argomento Fox mostra una realtà più complessa e intricata. Il nudo maschile che si vede nel film diventa solo lo sfondo dello spogliarello maschile che avviene da una parte in una confraternita di soldati intorno ad un fuoco, e dall’altra in un bar per omosessuali a Berlino, in cui si svolge una conversazione “femminile” sui diversi compiti a letto.
Il modo coraggioso di trattare questi argomenti poggia sulle ampie spalle di Lior Ashkenazi, che interpreta il macho israeliano, e di Knut Berger, che interpreta un omosessuale tedesco. Ayal è un killer del Mossad, che assassina la gente senza farsi scrupoli ed insiste nel “compiere il lavoro prima che lo faccia Dio” e fa parte di quel gruppo chiamato “la lama della spada” nella spietata istituzione sionista. Conosco il tipo, ma è difficile non perdonare il personaggio poliedrico e dinamico interpretato da Ash, che sembra riuscire a gestire i suoi timori e le sue inibizioni. Axel è in grande misura il positivo-negativo di Ayal. Il fatto che eviti di dormire con uomini tedeschi è forse la prova di un conflitto irrisolto con il passato della sua famiglia e del suo paese, esattamente come Ayal – figlio di sopravvissuti all’Olocausto. L’interdizione del suo letto ai connazionali è la versione omo-tedesca dell’interdizione dei prodotti tedeschi da parte di israeliani.
Il cameraman, Toby Hochstein, ha filmato Ayal ed Axel nei più bei paesaggi di Israele. La sua grande abilità è stata quella di filmare questi posti come sono realmente, senza trasformarli in attrazioni. Il lago di Tiberiade non è santo, e non c’è magia nel fango del Mar Morto. Non c’è bisogno nemmeno di infilare un bigliettino nel Muro del Pianto (oggi si può inviare un fax). Nonostante il carattere non turistico del viaggio in Israele, sembra che il film si rivolga tanto agli stranieri quanto al pubblico israeliano. I colleghi di Ayal, per esempio, sono fieri di un titolo sul giornale che documenta i risultati di un tentativo di uccisione compiuto da Ayal stesso. L’abilità di Fox si nota, tra le altre cose, nella sua capacità di fare in modo che gente non nata in Israele si renda conto di quanto siano ridicole le famiglie borghesi tedesche nei loro tentativi di ballare al suono della canzone folk “Viene la sera” di Shoshanna Damari.
La fine del film soddisfa anche gli standard americani di un perfetto lieto fine. Se in “Yossi e Jagger” Fox ci aveva fatti immergere nell’amarezza e nella crudeltà della vita in Medio Oriente, qui fa lo sforzo di elevarsi al di sopra dei malanni della società umana, per fare in modo che il pubblico apprezzi il suo film per una forma di ottimismo cosmico. A me piace il lieto fine, ma alcuni miei amici che hanno visto il film, l’hanno trovato disgustosamente dolciastro. Forse la realtà riflessa nei nostri notiziari impedisce ai film israeliani di convincerci che, un giorno o l’altro, le cose si aggiusteranno. Forse ci piace soffrire. Quale che sia la risposta, “Camminando sull’acqua” è una pietra importante nell’edificio della cultura, che nasce sulle rovine di un’altra cultura; quella che è stata seppellita in Europa e quella i cui resti si possono ancora trovare tra il Giordano e il Mediterraneo.

(Uri Eylon su www.walla.co.il, 18.03.2004)

“Camminando sull’acqua” è nelle sale italiane dal 12 novembre.

Dello stesso regista, si veda:
Yossi, Jagger e la guerra che verra’

http://israele.net/prec_website/analisi/02102shv.html