Chi di Qassam ferisce

Mi domando fino a quando potremo andare avanti a citare l'impareggiabile osservazione di Abba Eban.

Da un articolo di Yoel Marcus

image_907Mi domando fino a quando potremo andare avanti a citare, senza annoiare il lettore, l’impareggiabile osservazione di Abba Eban secondo cui i palestinesi non perdono mai l’occasione di perdere un’occasione. Ma cosa possiamo farci se è ancora così adatta? I palestinesi non hanno imparato niente. Sembrano dotati di una patologica abilità di fare il più grosso e più stupido errore possibile ogni volta che si apre uno spiraglio e si intravede la possibilità di creare uno stato a fianco di Israele.
Che cosa li ha spinti, dopo la firma in pompa magna degli accordi di Oslo, a mandare attentatori suicidi nel cuore delle città israeliane? Perché, dopo la fine del summit a Camp David fra Barak, Arafat e Clinton, hanno scatenato l’intifata Al-Aqsa che ha falciato quattromila vite umane sui due fronti? Che senso ha inscenare parate di vittoria a Gaza e poi sparare una massiccia raffica di missili Qassam da territori che Israele ha abbandonato di propria volontà? A quale logica risponde la scelta di un momento così critico, mentre Sharon si batte per il proprio futuro politico contro oppositori interni al suo stesso partito, per bombardare Israele con quaranta Qassam in una notte? Cosa vogliono, che Israele sia governato da Bibi e da Uzi Landau?
Per un momento era parso che Hamas si attenesse alla richiesta di Abu Mazen di mettere la sordina ai fucili mentre era in corso il disimpegno, dal momento che Sharon aveva messo in chiaro che non vi sarebbe stato disimpegno sotto il fuoco nemico. Ma appena l’ultimo soldato israeliano se n’è andato da Gaza, i capi di Hamas si sono buttati a prendersi il merito per aver “cacciato” le Forze di Difesa israeliane e per aver abbattuto gli insediamenti. Nel sforzo di prendere le redini del potere quando l’Autorità Palestinese andrà alle elezioni in gennaio, hanno infiammato le folle nel solo modo che sanno farlo. Finché è arrivata l’esplosione dei Qassam, che ha ucciso diciannove palestinesi e ne ha feriti quasi duecento. Hamas non è riuscita a far bere nemmeno ad al-Jazeera la frottola che era colpa di Israele.
Quaranta Qassam lanciati in una notte non sono stati di buon auspicio per Abu Mazen, alla vigilia del suo vertice con Sharon. Condoleezza Rice gli ha dato una lavata di capo e gli ha chiesto di disarmare Hamas. Non esiste, gli è stato detto, che si costruisca una democrazia pervasa di bande armate…
Obiettivo della dirigenza di Hamas è dettare legge nell’Autorità Palestinese. Abu Mazen sembra troppo debole per imporre il principio “un solo governo, un solo esercito”. E sa bene che Mussa Arafat, freddato da Hamas, viveva a soli duecento metri da sua casa a Gaza.
Hamas trae la sua forza dalla piazza palestinese. Sarebbe un errore strategico da parte sua fare qualunque cosa che possa portare di nuovo a tiro l’artiglieria, i carri e gli aerei israeliani, ora che le Forze di Difesa israeliane hanno lasciato la striscia di Gaza e che agli abitanti è data la possibilità di ricostruire le proprie vite, liberi dalle restrizioni dell’occupazione.
Mettiamola così: chi va a letto con i Qassam non deve sorprendersi se si sveglia con un botto. Sia Abu Mazen che il suo ministro degli interni hanno denunciato Hamas. Quando i capi jihadisti hanno cercato di buttare la colpa su Israele, Abu Mazen non ha permesso che se la cavassero: “Coloro che hanno introdotto materiali infiammabili – ha detto – avrebbero dovuto considerare la possibilità che venisse gettato un cerino acceso”. Belle parole, ma insufficienti.
Il presidente dell’Autorità Palestinese ha abbastanza unità di esercito e di polizia, e tutto l’appoggio internazionale di cui ha bisogno, per schierarle a Gaza in una dimostrazione di forza verso Hamas. Hamas non è stata solo biasimata dai ministri dell’Unione Europa, è stata anche definita organizzazione terrorista dall’amministrazione Bush.
Perché Israele faccia ulteriori dolorose concessioni in nome di un accordo ci vorrà molto più degli scontri al comitato centrale del Likud e del voto dell’altra sera con le sue conseguenze. Quello che ci vorrà, più di ogni altra cosa, è un leader dall’altra parte che sia non meno energico di Sharon: un leader che sia pronto a battersi contro gli estremisti e i nemici della pace, ed essere qualcosa di più di un interlocutore sulla carta.

(Da: Ha’aretz, 27.09.05)