Chi ha ucciso Annapolis?

Annapolis fu il tentativo di scavalcare la Road Map perché non cessavano le violenze palestinesi

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2466Il ministro degli esteri Avigdor Lieberman si è contraddistinto per un’entrata burrascosa. “L’ultranazionalista” (BBC e al-Jazeera) Lieberman è “brusco e bellicoso” (New York Times), “aggressivo” (Ha’aretz) e “razzista” (il palestinese Yasser Abed Rabbo); il nuovo governo israeliano “non farà nessuna concessione per la pace” (Guardian) e “rigetta il processo di pace” (CNN). A che si deve tanto turbamento? Al fatto che Lieberman ha detto ai quattro venti che “il governo israeliano non ha mai ratificato il documento di Annapolis”.
Beh, per la verità il governo israeliano approvò il testo di Annapolis il 2 dicembre 2007. L’allora primo ministro Ehud Olmert lo rifilò ai colleghi ministri garantendo che comunque i previsti negoziati non sarebbero stati ingabbiati da nessuna scadenza e promettendo che, se i negoziati fossero sfociati in un accordo, questo sarebbe stato attuato solo dopo che i palestinesi avessero cessato ogni violenza (come previsto dagli accordi precedenti). In privato, prima dell’approvazione da parte del governo, Olmert aveva informato Lieberman, che però al voto si era poi astenuto.
Ma, a parte tutto questo, la realtà dei fatti è che Annapolis è morta, esattamente come Lieberman ha detto in modo così poco diplomatico. E lo sanno tutti. È morta quando Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e Ahmed Qorei (Abu Ala) hanno respinto l’offerta avanzata l’anno scorso da Olmert e da Tzipi Livni, che comprendeva praticamente tutta la Cisgiordania (i palestinesi già controllano la striscia di Gaza) più porzioni del Negev (israeliano) per compensare i blocchi di insediamenti strategici annessi da Israele poco al di là della Linea Verde (ex linea armistiziale ’49-’67). Olmert e Livni proponevano un’amministrazione internazionale sui luoghi santi ed erano disposti a cedere Gerusalemme est. Un tunnel o un ponte avrebbe collegato la “Palestina” orientale a quella occidentale, garantendo continuità territoriale fra Cisgiordania e striscia di Gaza. Il governo Kadima si opponeva solo all’idea di un ritiro totale sulle (indifendibili) linee armistiziali del 1949, e all’idea di riconoscere a milioni di “profughi” palestinesi (in realtà, ai loro discendenti) il diritto di “tornare” in uno stato di Israele amputato, cosa che notoriamente significherebbe strangolare demograficamente la popolazione ebraica del paese.
In altre parole, se i palestinesi avessero accettato l’accordo eccezionalmente generoso offerto da Olmert eLivni, la “Palestina” sarebbe già diventata il 22esimo stato arabo in Medio Oriente.
Tuttavia, il modo stizzoso con cui Lieberman ha fatto la sua dichiarazione su Annapolis ha nuociuto alla sostanza di quello che avrebbe dovuto essere l’argomento di Israele. Se si fosse mosso con un po’ di abilità, il giorno dopo i titoli dei giornali sarebbero stati: “Il nuovo governo israeliano sostiene la Road Map”. Giacché infatti Lieberman proprio questo ribadito: il pieno impegno verso quel documento che porta per titolo “Itinerario imperniato sui risultati per una soluzione definitiva a due-stati del conflitto israelo-palestinese” (“Performance-Based Road Map to a Permanent Two-State Solution to the Israel-Palestinian Conflict”).
Il processo di Annapolis fu in realtà fu il tentativo di scavalcare la Road Map perché i palestinesi non riuscivano – o non volevano – mantenere il loro impegno, previsto nelle prime clausole, di cessare tutte le violenze. E la comunità internazionale preferì l’illusione di slancio diplomatico che Annapolis sembrava offrire. L’alternativa sarebbe stata ammettere che anche i palestinesi “moderati” non erano pronti a completare il duro lavoro che è indispensabile se si vuole realizzare la soluzione a due stati
Lieberman è convinto che tutte i bei negoziati di Olmert e Livni non hanno portato Israele da nessuna parte. Ma assai significativamente il governo Netanyahu-Lieberman-Barak si è impegnato ad arrivare a uno stato palestinese attraverso la Road Map. Ciò che adesso bisogna stabilire è se i anche i palestinesi rimangono impegnati nello stesso senso, e se i passi previsti dalla Road Map debbano essere attuati in sequenza (interpretazione israeliana) o in qualche altra maniera ancora non definita (interpretazione palestinese).
La Road Map stabilisce infatti che “una soluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese verrà realizzata soltanto attraverso la fine delle violenze e del terrorismo, quando il popolo palestinese avrà una dirigenza che agirà con determinazione contro il terrorismo e sarà disposto e in grado di darsi una democrazia funzionante fondata su libertà e tolleranza, e attraverso la disponibilità di Israele a fare ciò che è necessario perché venga creato uno stato democratico palestinese”. Il che richiederà il congelamento da parte di Israele degli insediamenti e lo sgombero di quelli creati dopo il febbraio 2001. Questo è ciò che Lieberman sostiene. Cosa ci può essere di più chiaro?
L’uscita di Lieberman è giunta esattamente nel momento in cui Israele seppelliva l’ennesima vittima del terrorismo palestinese, il sedicenne Shlomo Nativ ucciso a colpi di mannaia il 2 aprile a Bat Ayin, un insediamento pochi chilometri a sud-ovest di Gerusalemme. È esattamente questo genere di barbarie palestinese, unito all’ostinazione diplomatica, che impedisce alla Road Map di decollare.
Parlando con asprezza anziché in modo accorto, Lieberman afferma di essersi guadagnato “il rispetto”. Di fatto ha regalato una vittoria superflua a coloro che distorcano la posizione di Israele sostenendo che è Israele che impedisce la nascita di uno stato palestinese: senza dubbio un’improvvida performance per un neo ministro degli esteri. Ma non è questo che ha ucciso Annapolis: Annapolis era già diventata per suo conto l’ennesima nota a pie’ pagina dei libri sulla storia dei cento anni di intransigente rifiuto arabo e palestinese.

(Da: Jerusalem Post, 3.04.09)

Nell’immagine in alto: Tutte le mappe della propaganda palestinese ribadiscono in modo martellante la rivendicazione su tutta la terra: lo stato di Israele è cancellato