Cinque ragionevoli anni

Come disse Churchill, "il pessimista vede difficoltà in ogni opportunità; l’ottimista vede opportunità in ogni difficoltà"

Di Dan Margalit

Dan Margalit, autore di questo articolo

Dan Margalit, autore di questo articolo

Può darsi che la notizia di colloqui indiretti, mediati a livello internazionale, per un cessate il fuoco – una sorta di hudna (in arabo “periodo di calma”) – tra Israele e Hamas nella striscia di Gaza non siano altro che un ballon d’essai. E’ anche possibile che vi siano delle trattative, ma che non portino nessun frutto. Così come potrebbero essere effettivamente in corso dei colloqui che susciteranno indignazione su entrambi i lati della barriera di sicurezza, e che tuttavia vale la pena tentare.

Un cessate-il-fuoco di cinque anni, o anche solo una pausa, una tregua se non proprio “la fine del conflitto”, permetterebbe a Israele si risparmiarsi due operazioni come Piombo Fuso e Margine Protettivo. Almeno due. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Moshe Ya’alon, così come l’ex primo ministro Ehud Barak, sanno bene che queste operazioni portano al massimo due o tre anni di relativa calma. Pertanto cinque anni di relativa calma significherebbe risparmiare vite umane e terribile distruzioni, nonché prevenire un paio di “rapporti Goldstone”, naturalmente con altri nomi ma assolutamente prevedibili nel loro ripetitivo pregiudizio anti-israeliano.

A quale prezzo? Beh, un controllo più forte di Hamas sulla striscia di Gaza e, naturalmente, miliziani di Hamas più preparati, meglio armati e dotati di tunnel terroristici, pronti a scatenare il prossimo round contro Israele.

Iniziative come un porto, teoricamente sotto supervisione internazionale, ed estesi lavori di costruzione (civile?) nella striscia di Gaza sono, agli occhi di molti israeliani, un prezzo molto alto da pagare per un periodo di calma tutto sommato brevissimo. Per altri, invece, sono una buona base per prolungare il cessate il fuoco. Intanto, lo stesso lasso di tempo verrebbe utilizzato per aumentare il divario tra le capacità militari delle Forze di Difesa israeliane e Hamas, e per rafforzare le comunità israeliane prossime al confine con Gaza.

Dal video-testamento di un terrorista Hamas: “Noi sappiamo che non c’è miglior sangue del sangue degli ebrei”

Se i (presunti) colloqui per il prolungamento del cessate-il-fuoco si traducessero in pratica, può anche darsi che il presidente egiziano Abdel-Fattah el-Sisi colga l’occasione per sradicare al-Qaeda dalla penisola del Sinai facendola tornare in mani egiziane: il che lascerebbe Israele con un problema in meno, un problema che altrimenti potrebbe crescere e diffondersi.

Winston Churchill disse una volta: “Il pessimista vede difficoltà in ogni opportunità; l’ottimista vede opportunità in ogni difficoltà”. Mentre i colloqui proseguono da qualche parte in segreto – e la strada rimane lunga e rischiosa –, tutti continueranno a vedere quello che preferiscono vedere.

Si può presupporre che i negoziati, se si svolgeranno senza coltivare false speranze e solo su cose banalmente concrete, allora potranno sortire un risultato ragionevole: vale a dire, finché restiamo vigili e nessuno si fa prendere da eccessivo entusiasmo. L’esito potrebbe essere un degno risultato, dopo Piombo Fuso e Margine Protettivo.

Se poi, di conseguenza, una hudna di cinque anni contrattata con Hamas metterà al suo posto la dirigenza dell’Autorità Palestinese a Ramallah per via dei suoi madornali errori, non credo che nessuno in Israele si dispiacerà particolarmente per questo.

(Da: Israel HaYom, 18.6.15)