Come dissuadere un terrorista del camion?

Quando un islamista crede di sentire l’ordine di Allah di uccidere un ebreo o un cristiano, questo ordine prevale su ogni altra considerazione

Di Moshe Arens

Moshe Arens, autore di questo articolo

L’editorialista Amira Hass ha scritto la scorsa settimana su Ha’aretz che il terrorista palestinese che ha travolto con il suo camion un gruppo di soldati a Gerusalemme non poteva essere dissuaso dal commettere un tale atto benché fosse pienamente consapevole delle sue conseguenze: che i suoi parenti sarebbero stati interrogati, che la sua casa sarebbe stata probabilmente demolita. Tutto questo non gli ha impedito di agire, tutte le misure adottate dalle autorità con l’intento di esercitare un effetto deterrente su atti del genere non hanno funzionato, ha scritto Amira Hass, e presumibilmente non funzioneranno: con terroristi così motivati, queste misure non hanno effetto.

Ciò che Amira Hass non ha spiegato è che quando un musulmano religioso ritiene di sentire l’ordine da parte di Allah di uccidere un ebreo o un cristiano, o un qualunque altro infedele, questo ordine ha la precedenza su ogni possibile altra considerazione. Il che è particolarmente vero quando quel musulmano è seriamente convinto che eseguire l’ordine significhi aprirsi le porte del paradiso e delle relative ricompense.

Naturalmente, la maggior parte dei musulmani non sente ordini del genere dall’alto e non si mette alla ricerca della prima occasione utile per accoltellare, sparare o investire con un camion un gruppo di ebrei. Ma quelli che appartengono alla frangia islamica più estremista lo fanno davvero: a Gerusalemme come a Parigi, a Nizza, a Berlino o a Istanbul. A quel punto nulla li può dissuadere, e possono essere fermati solo da una pallottola. Quando il loro atto omicida è accompagnato dal grido “Allahu Akbar”, sappiamo con chi abbiamo a che fare: un terrorista islamista.

Video-testamento di un terrorista suicida di Hamas: “Siamo una nazione che beve sangue e sappiamo che non c’è sangue più buono del sangue degli ebrei. Non vi lasceremo in pace fino a quando non avremo spento la nostra sete e la sete dei nostri figli con il vostro sangue”. Combattente per la libertà?

Ad alcuni piace pensare che l’immaginario ordine di uccidere proveniente da Allah abbia uno speciale aroma palestinese quando è indirizzato a estremisti islamisti palestinesi, il che renderebbe gli esecutori dell’ordine divino non solo dei “martiri normali”, ma anche dei “combattenti palestinesi per la libertà”. Secondo questa linea di pensiero, il messaggio dall’alto udito da un terrorista dell’ISIS a Nizza o a Berlino è in qualche modo diverso da quello udito da un terrorista islamista palestinese a Gerusalemme.

La realtà di fatto è che negli ultimi anni vi è stata una significativa riduzione degli atti terroristici commessi da palestinesi che non appartengano alla frangia estremista islamista. Può darsi che molti di loro siano effettivamente scoraggiati dalle misure deterrenti adottate da Israele, mentre altri potrebbero essere convenientemente giunti alla conclusione che tali atti non giovano alla causa palestinese. La posizione ufficiale dell’Autorità Palestinese è che il terrorismo non aiuta la causa palestinese (salvo poi celebrare i terroristi “martiri”). Ma al terrorista del camion e a quelli come lui non interessa granché la “causa palestinese”. Evidentemente l’ordine di Allah ha il sopravvento.

Dissuadere organizzazioni terroristiche islamiste come Hamas e Hezbollah dall’attaccare Israele presenta un problema simile alla difficoltà di dissuadere il terrorista del camion. Anche i capi di questi gruppi sostengono di eseguire il volere di Allah. Ma a differenza del terrorista del camion, queste organizzazioni hanno una visione strategica e piani a lungo termine, e devono tener conto delle conseguenze delle loro azioni. Sentono di poter aspettare il momento più opportuno, scegliendo tempo e luogo dei loro attacchi in base ai loro piani. Possono aspettare fino a quando non si sentono abbastanza capaci e pronti, avendo accumulato un arsenale sufficiente. Se sembra che siano dissuase dall’attaccare Israele, questo è vero solo per il momento attuale. Quando pianificano un attacco a Israele, i capi di Hamas non possono non prendere in considerazione l’effetto che avrà la reazione israeliana sui due milioni di palestinesi che vivono a Gaza. Allo stesso modo Hezbollah, che in Libano agisce anche come un partito politico, deve considerare le ripercussioni delle sue azioni sul paese e i suoi abitanti. In ogni caso, poi, Hezbollah deve attendere il via libera da Teheran.

Ma non si creda per questo che tali organizzazioni terroristiche intendano abbandonare il piano di combattere ad oltranza per la distruzione di Israele nella ferma convinzione – esattamente come il terrorista del camion – che stanno eseguendo gli ordini di Allah. L’unico modo per fermarli è combatterli e sconfiggerli.

(Da: Ha’aretz, 16.1.17)