Come le politiche coloniali distrussero la possibile convivenza fra nazionalismo arabo e nazionalismo ebraico

Dichiarazione Balfour, aspirazioni sioniste e nascita d'Israele non c’entrano nulla con la frustrazione del progetto di uno stato arabo indipendente

Di Mordecai Paldiel

Mordecai Paldiel, autore di questo articolo

Mordecai Paldiel, autore di questo articolo

Com’è noto, in un ennesimo tentativo di mettere in discussione la legittimità di Israele il ministro degli esteri dell’Autorità Palestinese Riyad al-Maliki, su incarico del suo presidente Abu Mzzwen, ha chiesto alla Lega Araba di aiutarlo a intentare una causa legale contro il governo britannico per la promulgazione, quasi cento anni fa, della “catastrofica” Dichiarazione Balfour. Se Maliki e Abu Mazen verificassero con più attenzione i dati della storia potrebbero essere costretti a giungere a conclusioni assai diverse.

Nel gennaio 1916, più di un anno prima della Dichiarazione Balfour, Gran Bretagna e Francia si erano segretamente spartite tra loro grandi porzioni di terre arabe che a quell’epoca facevano ancora parte dell’Impero Ottomano. Con l’accordo sottoscritto da Mark Sykes e Charles Picot, la Gran Bretagna si aggiudicava gran parte di quelli che oggi sono l’Iraq, la Palestina o Terra d’Israele e il Regno di Giordania, mentre la Francia avrebbe dovuto ricevere quelli che oggi sono Siria, Libano e la regione settentrionale di Mosul (in Iraq). In altri termini, i giochi erano fatti fra le due superpotenze dell’epoca prima che venisse promulgata qualunque dichiarazione a favore delle rivendicazioni sioniste.

Carteggio McMahon-Hussein del 1915: la linea nera indica il limite occidentale del regno arabo promesso a Hussein, e accettato da Feisal (clicca per ingrandire)

Ancora prima, nell’ottobre 1915, con lo scambio di lettere altrettanto segreto tra Henry McMahon, alto commissario britannico in Egitto, e Hussein bin Ali, sceriffo (leader spirituale) hashemita delle città sante di Mecca e Medina, Londra aveva promesso il sostegno britannico all’istituzione di un regno arabo che comprendesse l’area della penisola arabica nonché la Siria (ad eccezione “delle parti della Siria situate a ovest dei distretti di Damasco, Homs, Hama e Aleppo”), in cambio dell’adesione degli arabi alla guerra contro la Turchia. Secondo gli arabi, la promessa inglese includeva anche una parte della Palestina/Terra d’Israele e del Libano, cosa che McMahon successivamente negò recisamente, avendo ben presenti gli interessi francesi in Siria e Libano.

Sta di fatto che il leader sionista Chaim Weizmann, quando nel giugno 1918 incontrò Faisal, figlio di Hussein, nel suo avamposto militare ad Aqaba, venne accolto calorosamente con un sontuoso banchetto in suo onore. Nel mese di dicembre di quello stesso anno i due si incontrarono di nuovo, stavolta a Londra, in preparazione della conferenza di pace di Versailles. Ad un pranzo in suo onore, Faisal, leader in pectore del nazionalismo arabo, ebbe parole di profondo elogio per l’impresa sionista. Disse che “nessun vero arabo ha motivo di diffidare o temere il nazionalismo ebraico … Noi reclamiamo la libertà araba, e ci mostreremmo indegni di essa se ora non dicessimo agli ebrei, come faccio io in questo momento: bentornati a casa; e se non cooperassimo con loro fino al limitare dello stato arabo”. E aggiunse: “I nostri due movimenti si completano a vicenda: il movimento ebraico è nazionale e non imperialista”.

Un mese più tardi, il 4 gennaio 1919, un documento firmato sia da Weizmann che da Faisal cominciava con queste parole: “L’emiro Faisal … e il dottor Chaim Weizmann … memori della parentela razziale e degli antichi legami esistenti fra popolo arabo e popolo ebraico, e consapevoli che il modo più sicuro per portare a compimento le rispettive aspirazioni nazionali è mediante la più stretta collaborazione possibile nello sviluppo dello stato arabo e della Palestina [ebraica]”, concordano fra l’altro sul diritto alla libera immigrazione di ebrei in Palestina e al loro insediamento sul territorio. Nell’accordo con Weizmann, le parole “lo stato arabo e la Palestina” implicavano due entità separate, e Faisal conveniva che la Palestina (o Terra d’Israele) dovesse diventare il territorio aggiudicato al “nazionalismo ebraico”, separato dal nuovo stato arabo. Faisal, tuttavia, sospettando l’intenzione dei francesi si usurpare Siria e Libano, aggiunse di suo pugno un codicillo in arabo: “Mi atterrò a quanto sopra a patto che gli arabi ottengano la loro indipendenza”.

Accordo Faisal-Weizmann del 1919: la prima pagina e l’ultima, con la nota aggiunta di proprio pugno da Faisal (clicca per ingrandire)

In altre parole, se il promesso regno arabo, che non comprendeva la Palestina destinata agli ebrei, non si fosse concretizzato, l’accordo sarebbe risultato nullo.

Un mese dopo, il 6 febbraio 1919, intervenendo alla Conferenza di Pace Faisal parlò della Palestina come della enclave degli “ebrei sionisti”. E si aspettava il sostegno diplomatico dei sionisti contro i francesi e le loro pretese sulla Siria (tranne forse per il Libano). Intanto alla Mecca, il giornale dello sceriffo Hussein offriva un cordiale benvenuto agli esuli di ritorno, “i figli originari del paese, dai quali i loro fratelli arabi beneficeranno sia materialmente che spiritualmente”.

L’anno dopo, però, quando Faisal fu incoronato re a Damasco, capitale dell’antico impero arabo Omayyade, gli venne ingiunto di sottomettersi ai francesi. Essendosi rifiutato, venne espulso con la forza dal paese. Suo fratello Abdullah, che era a capo delle forze arabe in quella che è oggi la Giordania, decise di vendicare l’umiliazione subita da Feisal sfidando militarmente i francesi. Venne fermato all’ultimo momento dal Segretario britannico alle colonie Winston Churchill che, per placare i due fratelli, ideò un ingegnoso compromesso: Abdullah sarebbe diventato re di un paese di nuova costituzione chiamato Transgiordania (oggi Giordania), lì dove si trovavano le sue forze, e avrebbe goduto del sostegno finanziario e militare britannico, mentre suo fratello, il deposto Feisal, sarebbe stato incoronato re dell’Iraq, che ora comprendeva anche la regione settentrionale di Mosul sottratta ai francesi.

Aqaba, 4 giugno 1918: l'incontro fra Chaim Weizmann e l'emiro Faisal

Aqaba, 4 giugno 1918: l’incontro fra Chaim Weizmann e l’emiro Faisal

Così venne evitata una guerra tra arabi e francesi, ma allo stesso tempo si decretò che non sarebbe nato il promesso regno arabo unitario del Levante.

Il movimento sionista non ebbe niente a che fare con questo cambiamento della sorte delle aspirazioni arabe. La responsabilità ricade sugli autori dell’accordo Sykes-Picot, non certo su Lord Balfour che firmò una dichiarazione a favore delle aspirazioni dei sionisti che non venne contestata, ma anzi avallata da Faisal, all’epoca leader indiscusso del movimento nazionale arabo.

Dunque Abu Mazen e Maliki, anziché prendersela con i sionisti e la Dichiarazione Balfour del 1917, che non ebbero alcun ruolo nella spartizione Sykes-Picot del 1916 della quale non erano nemmeno a conoscenza, dovrebbero piuttosto rivolgere le loro accuse alle politiche coloniali britannica e francese per aver compromesso sul nascere le aspirazioni all’unità nazionale araba (che comunque, come allora era assolutamente logico, non presumevano nessuno specifico nazionalismo arabo-palestinese).

(Da: Jerusalem Post, 31.7.16)