“Con tutto il rispetto, principe Hassan, su Trump lei si sbaglia”

La dichiarazione di Trump non vìola le risoluzioni Onu, che riguardano solo Gerusalemme est. Anche gli ambasciatori giordani vanno a Gerusalemme per presentare le credenziali al presidente di Israele

Di Oded Eran e Robbie Sabel

Oded Eran, co-autore di questo articolo, è stato ambasciatore d’Israele in Giordania (1997-2000), presso l’Unione Europea (2002-2007) e capo della squadra israeliana nei negoziati coi palestinesi (1999-2000).

Abbiamo apprezzato molto la scelta del principe Hassan di Giordania di dialogare pubblicamente con i lettori israeliani (con il suo contributo su Ha’aretz del 7.12.17) a proposito del riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte del presidente Trump. Tutti gli israeliani, ne siamo convinti, condividono il suo punto di vista quando scrive che “Gerusalemme ha uno status religioso e un retaggio culturale che abbraccia le tre religioni”, che “il futuro di Gerusalemme può essere risolto solo attraverso negoziati di pace” e il riferimento del principe Hassan al “diritto di tutti i credenti di poter pregare liberamente a Gerusalemme nei loro rispettivi luoghi santi”. Israele, naturalmente, si considera obbligato dall’impegno preso nel Trattato di pace Israele-Giordania a “rispettare il ruolo speciale del Regno Hascemita di Giordania nei santuari musulmani di Gerusalemme”.

Con tutto il rispetto, tuttavia, desideriamo dissentire dalle critiche che il principe Hassan muove alla dichiarazione di Trump. Da una lettura attenta della dichiarazione si capisce che non vi è dissonanza fra i principi enumerati dal principe Hassan e la dichiarazione di Trump. La dichiarazione non comporta alcuna violazione delle risoluzioni Onu (peraltro non vincolanti), né alcuna deviazione dalla tradizionale politica statunitense.

Vi sono due frasi-chiave, nella dichiarazione del presidente Trump, che spiccano in modo particolare. Innanzitutto, che riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele significa né più né meno prendere atto di un dato di fatto ovvio e già noto.

E poi che gli Stati Uniti, con questa dichiarazione, non prendono posizione in merito a nessuna questione relativa allo status finale “inclusi i confini specifici della sovranità di Israele a Gerusalemme o la soluzione delle frontiere contese”. Il presidente Trump si è accuratamente astenuto dal fare qualsiasi dichiarazione sullo status di Gerusalemme est o dei luoghi santi musulmani. Non ha fatto nemmeno alcun riferimento a una “Gerusalemme unificata”.

Robbie Sabel, co-autore di questo articolo, è stato consulente legale del Ministero degli esteri israeliano (1985-1993) e rappresentante israeliano ai colloqui di pace con Egitto e Giordania e ai colloqui post-conferenza di Madrid con i palestinesi

La dichiarazione ha semplicemente riconosciuto la realtà che Gerusalemme, senza definire la sua estensione territoriale, è la capitale di Israele. Questa realtà trova espressione nel fatto che a Gerusalemme hanno sede il presidente d’Israele, il suo parlamento e il suo governo. Tutti i capi di stato, inclusi quelli degli stati arabi e quelli dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sono sempre stati ricevuti dalle loro controparti israeliane a Gerusalemme. Gli ambasciatori stranieri, compresi quelli di Egitto e Giordania, hanno sempre presentato le loro credenziali al presidente d’Israele a Gerusalemme.

Senza entrare nel merito del suo accogliento o meno da parte di Israele, è interessante notare che l’iniziativa di pace della Lega Araba del 2002 fa propria la rivendicazione palestinese su “Gerusalemme est”, riconoscendo così implicitamente la sovranità di Israele su Gerusalemme ovest. Lo stesso Trattato di pace tra Israele e Giordania include una riserva giordana sullo status futuro di “qualsiasi territorio caduto sotto il controllo militare israeliano nel 1967”. Di nuovo, questa frase riconosce implicitamente la sovranità di Israele su Gerusalemme ovest.

Per quanto riguarda le Nazioni Unite, negli ultimi settant’anni le uniche risoluzioni approvate su Gerusalemme si riferivano sempre allo status di Gerusalemme “est”. Per tutto questo periodo, nessuna risoluzione delle Nazioni Unite ha mai messo in discussione la sovranità israeliana su Gerusalemme ovest o il fatto che a Gerusalemme avessero sede gli organi di governo d’Israele e che dunque ne fosse per definizione la capitale.

Sebbene nessun paese chieda esplicitamente di dividere fisicamente Gerusalemme, lo status di Gerusalemme est e dei luoghi santi musulmani può essere e rimane oggetto di futuri negoziati. Ma il fatto che Gerusalemme sia la capitale d’Israele è stato stabilito settant’anni fa, ed è fuori discussione. Quindi la dichiarazione del presidente Trump non vìola nessuna regola o norma internazionale e non fa che riflettere, come egli stesso ha affermato, un dato di realtà materiale e legale.

(Da: Ha’aretz, 10.12.17)

Poliziotti giordani sopra una bandiera israeliana dipinta sulla strada durante le proteste, venerdì scorso ad Amman, contro la dichiarazione di Trump su Gerusalemme