Continue fughe di notizie palestinesi minano i negoziati

Israele ha formalmente protestato con il garante americano

Di Herb Keinon, Khaled Abu Toameh

I negoziatori israeliani Isaac Molho e Tzipi Livni e il capo negoziatore palestienese Saeb Erekat in un recente incontro a Gerusalemme

I negoziatori israeliani Isaac Molho e Tzipi Livni con il capo negoziatore palestienese Saeb Erekat, in un recente incontro a Gerusalemme

Nonostante la crescente irritazione degli israeliani per le continue fughe di notizie da parte dei palestinesi sul merito dei negoziati in corso fra le due parti, fonti governative a Gerusalemme fino a lunedì sera evitavano di rispondere alla domanda se questo potrebbe mettere a rischio le previste ulteriori scarcerazioni di detenuti palestinesi.

Nell’ambito della cornice negoziale mediata dagli Stati Uniti lo scorso luglio che ha portato al riavvio di colloqui diretti, Israele ha accettato di scarcerare in quattro fasi, nel corso dei previsti nove mesi del trattative, 104 detenuti condannati per reati contro la sicurezza. Il primo gruppo di 26 terroristi è stato scarcerato il mese scorso; un secondo gruppo dovrebbe seguire nelle prossime settimane.

Un funzionario del governo israeliano spiega che il quadro di riferimento per il negoziato accettato dalle due parti stabilisce che solo gli americani possano divulgare informazioni su ciò che sta accadendo al tavolo delle trattative. Mentre i rappresentanti israeliani si attengono rigorosamente a tale disposizione, senza rivelare nemmeno dove o quando si svolgono i colloqui, nel corso degli ultimi dieci giorni si sono moltiplicate le fughe di notizie, evidentemente da fonti palestinesi, che compaiono sulla stampa araba, tanto da spingere Israele a sporgere, poco prima di Rosh Hashanà (capodanno ebraico), una formale protesta presso l’inviato speciale americano Martin Indyk.

Spiega il rappresentante israeliano che le fughe di notizie comportano almeno tre ordini di problemi fondamentali. Innanzitutto, costituiscono una violazione dell’impegno assunto dai palestinesi, il che di per sé non è un buon segno. In secondo luogo, le fughe di notizie attestano una mancanza di buona fede nel loro approccio al negoziato. In terzo luogo, rendono molto più difficili dei colloqui che sono già abbastanza ostici così come sono. “Le fughe di notizie minano tutto il processo” spiega il rappresentante israeliano, specificando che ciò avviene indipendentemente dal fatto che il loro contenuto sia vero o meno.

Tra le fughe di notizie riportate dalla stampa araba, quella che i negoziati non starebbero andando bene, che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu starebbe offrendo ai palestinesi “solo” il 90% della Cisgiordania, che Israele starebbe chiedendo un controllo sui valichi di frontiera con la Giordania e postazioni di preallarme nella valle del Giordano.

(Da: Jerusalem Post, 9.9.13)

 

Le bugie palestinesi, attestate dal Dipartimento di Stato

Con una e-mail inviata al New York Times, il Dipartimento di Stato americano ha smentito l’alto esponente dell’Autorità Palestinese Nabil Shaath, il quale aveva ripetutamente sostenuto che una lettera firmata da John Kerry garantirebbe che i negoziati sarebbero ripresi a partire dalle ex linee armistiziali del periodo 1949-’67 (una delle precondizioni che la parte palestinese voleva imporre a Israele). “Abbiamo sempre detto – scrive nell’e-mail Marie E. Harf, portavoce del Dipartimento di stato – che notizie circa i colloqui che non provengano da alti funzionari degli Stati Uniti non sono da considerare attendibili, e questo è un buon esempio”. In sostanza, il Dipartimento di Stato ha elegantemente dato del bugiardo a Nabil Shaath.

(Da: Honest Reporting – Israel Daily News Stream, 10.9.13)