Cosa vuole Ahmadinejad?

Non è ancora il nuovo Hitler, ma punta a diventarlo

Da un articolo di Barry Rubin

image_1852Grandi controversie ha suscitato, negli Stati Uniti e nel resto del mondo, la visita del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a New York e i suoi interventi alle Nazioni Unite e alla Columbia University. Ma chi è costui e cosa vuole veramente? È davvero un nuovo Hitler, o è semplicemente un leader con le sue comprensibili ragioni col quale bisognerebbe avviare un dialogo? Al netto delle passioni che suscita e dell’ingenuità con cui troppo spesso ci si comporta nei suoi confronti, quale ponderata valutazione di può fare di questo personaggio?
Ahmadinejad si comporta da demagogo su molte questioni per almeno tre motivi distinti. Innanzitutto cerca di usare le sue posizioni estremiste – estremiste anche per il panorama politico iraniano, che è già di per sé estremista – allo scopo di consolidare il controllo sul suo paese. In quanto capo di una fazione, e per sua ambizione personale, cerca di prendere il posto di altri soggetti e gruppi. Dopo tutto, la suprema guida Ali Khamenei rimane la singola persona più potente in Iran nonché il vero rivale di Ahmadinejad all’interno del paese.
In secondo luogo, Ahmadinejad persegue l’obiettivo a lungo termine della rivoluzione islamista iraniana, anche se il regime non sempre lo mette in cima alla sua lista di priorità, e cioè: diffondere la rivoluzione islamista in tutta la regione e affermare l’Iran come la maggiore potenza in Medio Oriente. In termini di promozione della supremazia iraniana, è intrinseco alla sua politica sia un elemento islamista sia un elemento nazionalista.
In terzo luogo, Ahmadinejad sembra essere autenticamente convinto di quell’ideologia islamista iraniana che considera la politica internazionale come una lotta fra i seguaci della vera fede contro gli alleati di Satana.
Gli obiettivi di Ahmadinejad, dunque, sono, pressappoco in quest’ordine: il suo controllo sull’Iran, il controllo dell’Iran sul Golfo Persico (specie sull’Iraq), la distruzione di Israele, la leadership iraniana sul Medio Oriente e la dominazione sul resto del mondo.
Ahmadinejad non costituisce un fenomeno unico nella storia moderna del Medio Oriente. Il ruolo da giocare è sempre quello del condottiero degli arabi e dei musulmani nonché principale nemico dell’America, di Israele e dell’occidente. Da questo punto di vista è paragonabile al presidente egiziano Gamal Abdel Nasser degli anni ’50 e ’60, all’ayatollah iraniano Ruhollah Khomeini degli anni ’70 e ’80, al presidente iracheno Saddam Hussein degli anni ’80 e ’90, a Osama bin Laden del periodo precedente e soprattutto successivo all’11 settembre 2001.
Ma Ahmadinejad è anche diventato un simbolo della sfida dell’estremismo islamista al resto del mondo.
Cosa rende diverso Ahmadinejad? Qui l’elemento chiave, stando alle sue stesse parole e al suo comportamento, è che Ahmadinejad non sembra frenato da nessuna cautela, da nessun calcolo razionale dei rapporti di forza. In altre parole, sembra capace di qualunque cosa, e dunque appare di gran lunga più pericoloso. Questo giudizio non è solo una percezione occidentale. C’ da scommettere che ogni tanto Ahmadinejad fa paura allo stesso Khamenei.
Vediamo alcuni fattori che ne fanno un caso a parte.
Ahmadinejad rilascia dichiarazioni che implicano la convinzione che la fine del mondo sia prossima e che il messia degli sciiti stia per arrivare. Secondo questa visione, scatenare una guerra con Israele o gli Stati Uniti non significa rischiare la distruzione del regime islamista iraniano quanto piuttosto attuare una missione divina.
Per una serie di motivi, Ahmadinejad pensa che la sua parte stia vincendo e che l’occidente sia debole e in ritirata. Il che può spingerlo verso un avventurismo ancora più estremista.
Sebbene anche altri leader iraniani abbiano parlato della distruzione di Israele, Ahmadinejad non manca occasione per rimarcare che questo obiettivo è in vetta alla sua lista di priorità, ed è più probabile che tenti di fare davvero qualcosa per cercare di realizzarlo.
Infine, Ahmadinejad potrebbe presto disporre di armi nucleari da mettere al servizio dei suoi obiettivi.
Vi sono due considerazioni importanti da fare, a questo punto. Primo, bombe e missili sarebbero nella mani dei Guardiani della Rivoluzione, suoi stretti alleati e principale fattore di collegamento con i gruppi terroristi, il che di per sé aumenta le possibilità che quelle armi vengano usate veramente. Secondo, se anche l’Iran non dovesse mai usare le armi nucleari, il loro effetto sulla regione sarebbe comunque devastante. I governi arabi si precipiterebbero ad inchinarsi all’Iran, e un gran numero di arabi correrebbero ad arruolarsi nei gruppi estremisti islamisti convinti che si tratti del movimento del futuro.
In Iraq, l’Iran è già entrato virtualmente in stato di guerra con gli Stati Uniti cercando di esercitare l’influenza di Teheran e di provocare la morte di soldati americani.
Ahmadinejad è anche diventato, sotto tutti gli aspetti, il leader della campagna di odio contro gli Stati Uniti e contro non solo Israele, ma gli ebrei in generale.
Cosa può attenuare il pericolo posto da Ahmadinejad?
Ahmadinejad non ha ancora il pieno controllo sull’Iran e potrebbe non riuscire a realizzare completamente questo obiettivo. Inoltre, essendo un musulmano sciita e non un arabo, per lui è più difficile giocare la parte del campione di un mondo arabo in gran parte sunnita. Non è impossibile, giacché si tratta di barriere in parte superate, ma gli è comunque più difficile.
In conclusione si può affermare che Ahmadinejad non ha ancora conseguito lo status di un equivalente di Adolf Hitler o di Giuseppe Stalin in termini di principale minaccia mondiale alla pace e alla libertà, ma certamente punta a diventare proprio questo.
Dovrebbe essere abbastanza evidente che non ci troviamo di fronte a un problema di carenza di comunicazione, e che dunque intraprendere un dialogo con Ahmadinejad non avrà su di lui nessun effetto moderatore. Quello che si può fare è contrapporsi ad Ahmadinejad, esercitare pressioni sul suo regime. A parte i problemi legati al regime iraniano in generale, in ogni caso assumere una posizione dura nei confronti di Ahmadinejad è la cosa necessaria per convincere i suoi colleghi/rivali che devono sbarazzarsi di questo personaggio e smorzare i comportamenti del loro paese se vogliono garantire la loro sopravvivenza e quella del loro regime.

(Da: Jerusalem Post, 1.10.07)

Nella vignetta in alto (Washington Post): Ahmadinejad: “L’Olocausto non è successo… ancora”.