Crisi economica e integrazione sociale

Fra segnali preoccupanti ed episodi esemplari.

Se ne discute in Israele: commenti sulla stampa israeliana

image_3494Scrive ODED TIRA su Ma’ariv: «La crescita economica in Israele dipende soprattutto dalle esportazioni e il nemico numero uno delle esportazioni è pronto ad attaccare ai nostro confini: una crisi della domanda significa per Israele grandi difficoltà ad esportare. Per questo il volume di affari diminuirà ed è possibile che anche le banche ne siano seriamente danneggiate. Il sistema bancario europeo mostra preoccupanti segnali e se le banche sono gravemente colpite là, anche le banche israeliane ne risentiranno». Secondo l’editorialista, «la conclusione di tutto questo è che dobbiamo darci la sveglia e assimilare il concetto che siamo nel mezzo di una crisi grave. Possiamo scordaci le proteste sociali fino alla prossima primavera economica. Questo non è il momento di farsi illusioni. Dobbiamo concentrare le nostre forze e combattere questa crisi, che è già qui, in modo lucido, tenendoci per mano. Se rimandiamo, continuando a darci battaglia fra di noi, finiremo per ritrovarci in una situazione come quella della Grecia, dell’Italia, della Spagna, del Portogallo e dell’Irlanda».
(Da: Ma’ariv, 25.7.12)

Scrive HEZI STERNLICHT su Yisrael Hayom: «Non c’è un modo più semplice per dirlo: gente, la recessione e alla nostra porta di casa. Non stiamo più parlando di garbate discussioni sull’eventuale espansione del deficit per il prossimo anno. Stiamo parlando di una serie di colpi dolorosi al nostro portafoglio. Alcuni saranno originati dal nostro governo, altri arriveranno in modo “naturale” dal resto del mondo. Tra questi la crescita del dollaro, che interesserà molti prodotti. Ci si aspetta un’ondata di aumenti dei prezzi che non renderà le cose facili alla nostra economia. Ma non c’è scelta, davvero non c’è altra scelta, perché se dovessimo espandere il deficit ancora un po’ per finanziare il festival dello spreco, finiremmo come la Grecia o la Spagna».
(Da: Yisrael Hayom, 25.7.12)

Scrive ELDAD BECK su Yediot Aharonot: «Alcune settimane fa a Baku, capitale dell’Azerbaijan, ho incontrato un giovane che era immigrato in Israele. La nonna è ebrea, ma il nome del giovane attesta il fatto che lui è musulmano. Mi ha parlato con entusiasmo del periodo in cui ha prestato servizio nelle Forze di Difesa israeliane. “Non hai avuto problemi?” gli ho chiesto. “No – mi ha risposto con fierezza – Mi hanno anche fatto prestare giuramento sul Corano”». Secondo l’editorialista, «questo trattamento è un diritto di tutti gli arabi-israeliani interessati a prestare servizio nelle Forze di Difesa. E chiunque adempie ai suoi doveri, deve vedere riconosciuti allo stesso modo i suoi diritti».
(Da: Yediot Aharonot, 25.7.12)

Si veda anche:

Economia d’Israele: una sintesi del 2011. Regge bene alla crisi globale, grazie anche a provvedimenti sul piano sociale

https://www.israele.net/articolo,3323.htm

«Questo è il nostro paese e ha bisogno d’essere difeso. Da parte di tutti i suoi cittadini». Le voci (poco note) degli arabi israeliani che prestano servizio militare e civile

https://www.israele.net/articolo,3474.htm