Dai libri di scuola a piazza Tahrir

Secondo gli esperti, la distanza fra retorica scolastica e realtà ha spinto i giovani arabi nelle strade.

Di David E. Miller

image_3178Facebook è stato il medium che ha diffuso le parole d’ordine delle ribellioni della “primavera araba”, ma molto probabilmente i testi scolastici – le letture obbligatorie dalla prima infanzia fino a tutti gli anni dell’adolescenza che istruiscono i ragazzi su chi sono e da dove vengono – sono stati all’origine dell’alienazione che ha spinto i giovani nelle piazze.
È quanto hanno affermato alcuni studiosi che si sono incontrati a fine giugno a Gerusalemme, presso l’Istituto Harry S. Truman per la Promozione della Pace, e hanno passato in rassegna le lezioni che gli studenti ricevono dai libri di storia, letteratura, educazione civica e altre materie. “I testi scolastici arabi – spiega Falk Pingel, consulente e ricercatore del tedesco Georg Eckert Institute che si dedica allo studio dei libri di testo – non sono in grado di fare i conti con le diversità interne della società: trasmettono un’immagine omogenea della società che non corrisponde alla realtà”.
I sistemi scolastici in tutto il mondo arabo vengono solitamente criticati per la loro scarsa performance nel generare laureati in matematica, scienze e altre specializzazioni necessarie nel moderno mercato del lavoro. Ma un’analisi critica dei libri di testo in uso in questa regione rivela che essi falliscono anche nella funzione molto più basilare di creare cittadini informati ed istruiti.
Le scuole giocano un ruolo particolare in Medio Oriente e Nord Africa, dove circa il 60% della popolazione è sotto il 30 anni di età. I governi spendono intorno al 20% del loro budget per l’istruzione, ma i tassi di abbandono scolastico sono elevati, i punteggi nei test di valutazione internazionale sono bassi, e circa il 30% della popolazione della regione non è in grado di leggere e scrivere.
Sin dai primi anni, gli studenti possono facilmente constatare la discrepanza che esiste fra ciò che viene insegnato nei corsi di storia ed educazione civica e la realtà attorno a loro, il che li porta a diventare scettici: inizialmente verso la scuola e gli insegnanti, successivamente verso governo e leader. “Il crescente divario fra realtà e libri viene citato come una delle ragioni che hanno portato allo scoppio delle rivoluzioni nel mondo arabo”, dice Pingel.
La Siria, una dittatura sconvolta da rivolte sin dalla metà di marzo, è un potpourri di musulmani sunniti, alawiti, drusi e cristiani. Ma il partito Baath al potere è ideologicamente votato al pan-arabismo e teme che qualunque divisione possa minare la stabilità politica. Di conseguenza, hanno detto gli esperti al convegno, i libri di storia delle scuole siriane non fanno il minimo cenno alle divisioni etniche e religiose del paese, anche se ogni scolaro sa perfettamente a quale identità appartiene la sua famiglia.
Secondo Monika Bolliger, ricercatrice dell’Università di Zurigo che studia i libri di testo siriani, la rivolta in Siria ha evidenziato distinzioni settarie che hanno messo in risalto il fallimento del tentativo dello stato di creare un’unica identità araba onnicomprensiva. Gli studenti siriani da lei intervistati hanno deridono il loro sistema educativo: “Ne parlano come di una assurdità. I siriani spesso raccontano barzellette sul loro sistema d’istruzione, prendendone in giro gli slogan e la propaganda”.
Il curriculum scolastico arabo è altamente centralizzato, uniforme e focalizzato sulla ripetizione più che sull’innovazione, spiega Achim Rohde, ricercatore presso l’Università tedesca di Marburg dove studia i testi scolastici iracheni. Nel tentativo di evitare di affrontare questioni politicamente controverse, il curriculum scolastico iracheno ignora la storia del paese dopo il 1958, anno in cui il re hascemita venne rovesciato da un violento colpo di stato. Dopo di allora il paese è stato governato da una successione di capi del Baath, l’ultimo dei quali, Saddam Hussein, è stato deposto dalle forze alleate nel 2003. Gli alleati hanno cercato di risolvere il problema iracheno delle divisioni settarie rimuovendo dai libri di testo ogni riferimento alle minoranze, compreso l’accenno favorevole alla dottrina religiosa sciita che Saddam aveva ordinato di inserire negli anni ’90 quando cercava di ingraziarseli. Il che, dice Rohde, ha cancellato una fonte di comprensione fra comunità. “I testi scolastici sono parte del problema del settarismo”, spiega il ricercatore. Potrebbero diventare parte della soluzione solo se contemplassero esempi storici di cooperazione inter-settaria. Ma anche in quel caso, aggiunge, la transizione sarebbe difficile e ci vorrebbe tempo. La Tunisia, benché avesse il sistema educativo più sviluppato e moderno, è stata il primo paese arabo a conoscere una rivoluzione perché le sue riforme erano insufficienti.
Secondo Bolliger, dell’Università di Zurigo, lo scetticismo dei siriani verso l’istruzione convenzionale rientra nel più ampio scetticismo verso tutto ciò che sa di versione ufficiale perpetuata dai governi circa la storia e la società, rappresentata anche dai principali mass-media.
Ma non tutti si dicono convinti che i libri di testo giochino un ruolo così importante. Nathan Brown, politologo della George Washington University, dice che i ricercatori accademici sono attratti dai libri di scuola come modellatori della società e degli atteggiamenti perché sono agevolmente disponibili e letti da tutti. Ma, aggiunge, i libri di scuola non costituiscono necessariamente il miglior indicatore della natura di una data società. Striscia di Gaza e Cisgiordania, sebbene politicamente e ideologicamente divise, usano gli stessi testi scolastici. Nel rigido sistema educativo palestinese, un attento studio dei libri di testo è più importante per gli insegnanti che per gli studenti: “C’è ben poca libertà d’insegnamento” spiega Brown.
In Arabia Saudita, una società islamica fortemente conservatrice – dice Eleanor Doumato, già ricercatrice specializzata in libri di testo sauditi al Watson Institute for International Studies della Brown University americana – i testi scolastici ritraggono il paese come parte del “villaggio globale” e come se le donne avessero diritti e libertà che in realtà non hanno. Tuttavia, sottolinea Doumato, il problema non sono i libri di testo, che in nessuna parte del mondo danno una rappresentazione autentica delle società di cui trattano, bensì come vogliono che sia la loro società quelli che sono al potere. Il problema non sono i libri, ma i governi che li sponsorizzano. “I testi di educazione civica dipingono una versione idealizzata della società – conclude Doumato – Il problema è che in Arabia Saudita, sebbene riveriti, gli educatori stessi sono ignoranti”.

(Da: Jerusalem Post, 30.6.11)

Nell’immagine in alto: in una scuola di Gaza, agli scolari viene insegnato il culto dei “martiri”