Dalla Tunisia un avvertimento per tutti i dittatori arabi

Israele: L’instabilità in M.O. conferma la nostra necessità di solide garanzie di sicurezza.

image_3036I dittatori arabi hanno buone ragioni di avere paura, alla luce dell’estromissione del presidente tunisino Zein al-Abideen Ben Ali. È quanto hanno detto analisti ed editorialisti del mondo arabo durante lo scorso finesettimana. Alcuni si sono spinti al punto di augurarsi che la “intifada” scoppiata in Tunisia si allargasse agli altri paesi arabi dando inizio a una nuova e più promettente era per il mondo arabi.
“La rivoluzione del popolo tunisino – ha detto l’analista politico Sami al-Buhairi – ha gettato nel panico molti leader arabi. Quella che è capitata a Ben Ali è un’umiliazione senza precedenti per un capo arabo”.
Ahmed Abu Matar, un altro analista politico, ha osservato che analoghe proteste potrebbero sfociare in un cambio di regime anche in Algeria. “I leader algerini e il resto del mondo arabo – ha detto – devono trarre conclusioni dall’esperienza tunisina. La domanda che bisogna porsi in questi giorni è: perché gli arabi sono gli unici che si innamorano perdutamente della poltrona e pretendono di restare al potere per sempre?”
L’analista Ahmed Lashin ricorda che si sono già avute dimostrazioni anti-governative in Algeria e in Giordania, e dice di non escludere la possibilità che l’intero mondo arabo precipiti nel caos sulla scorta della “rivoluzione” tunisina. “Gli arabi sono stati repressi troppo a lungo – dice – Desiderano un cambiamento e sono sul punto di esplodere”.
Sotto il titolo “Un grazie al popolo tunisino”, Abdel Bari Atwan, direttore del giornale pan-arabo edito a Londra Al-Quds Al-Arabi, scrive: “I prossimi giorni saranno cruciali per la maggior parte delle dittature arabe. Le condizioni di vita in Tunisia sono comunque migliori che in gran parte dei paesi arabi. Per di più la dittatura tunisina era meno repressiva delle dittature sorelle nel resto del mondo arabo”. Atwan suggerisce agli Stati Uniti di preparare un’isola nell’Oceano Pacifico per accogliervi i loro amici e dittatori arabi “così come venne aperta la prigione di Guantanamo per gli uomini di al-Qaeda”. E aggiunge che il popolo tunisino deve essere ringraziato due volte: “Per aver dimostrato che la piazza araba non è morta come tanti credevano, ed è capace di scatenare un’intifada e fare sacrifici per il cambiamento; e per aver sbugiardato i regimi arabi che sostenevano di prendersi a cuore i diritti umani e i valori di giustizia e democrazia”.
Sullo stesso giornale, il commentatore Hussein Majdoubi afferma che, alla luce della caduta del regime tunisino, è ora in questione il futuro delle dittature arabe e aggiunge che i prossimi della lista potrebbero essere i governanti di Marocco, Libia, Algeria ed Egitto. Majdoubi esprime anche disappunto per il fatto che l’occidente ha continuato a sostenere i dittatori arabi ignorando le condizioni delle masse arabe. Secondo Majdoubi, la rivolta popolare in Tunisia ha dimostrato che la paura dell’occidente per l’estremismo islamico era ingiustificata e infondata.
Anche nei territori palestinesi molti hanno visto con favore la rimozione dal potere del regime di Ben Ali. L’Autorità Palestinese, che aveva forti legami col regime tunisino, fino a tutta la giornata di sabato non ha commentato i drammatici sviluppi. La Tunisia diede ospitalità all’Olp quando l’organizzazione venne espulsa dal Libano nei primi anni ’80. Yasser Arafat e Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ebbero i loro uffici e le loro abitazioni a Tunisi per quasi dieci anni prima di trasferirsi nei territori palestinesi dopo la firma degli Accordi di Oslo con Israele nel 1993.
Da parte sua Hamas ha avvertito la dirigenza dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania che è destinata con ogni probabilità a subire la stessa sorte di Ben Ali. “Abu Mazen e i suoi figli sono fra i palestinesi più ricchi – ha dichiarato sabato Hamas – I capi di Fatah in Cisgiordania sono estremamente corrotti. Tutti gli indicatori dicono che gli abitanti della Cisgiordania, che vivono sotto un regime tirannico, sono prossimi a rovesciare il regime. La gente di Cisgiordania non può più accettare questa umiliazione”.
(Da: Khaled Abu Toameh su Jerusalem Post, 15.1.11)

ISRAELE: L’INSTABILITÀ IN MEDIO ORIENTE NON DIPENDE DAL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE ED ANZI CONFERMA LA NECESSITÀ DI DARE SOLIDE GARANZIE DI SICUREZZA AL FUTURO TRATTATO DI PACE

Intervenendo all’apertura della riunione del governo israeliano, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto che Israele segue “da vicino” gli avvenimenti relativi sia ai moti in Tunisia che alla crisi politica in Libano. Entrambe le crisi, ha rilevato Netnayahu, dimostrano quanto “la nostra regione sia instabile”. E ha aggiunto: “Chiunque può vedere che vi è un certo numero di centri di instabilità nella regione in cui viviamo, ma speriamo che calma e sicurezza possano essere restaurate”.
Netanyahu ha collegato la rivolta civile all’impasse negoziale con i palestinesi dicendo: “La lezione è chiara: qualunque accordo che dovessimo raggiungere deve essere solidamente fondato sulla sicurezza. Non è che possiamo firmare un accordo di pace, chiudere gli occhi e amen. Abbiamo bisogno di solide misure di sicurezza, perché la pace può anche disfarsi. Vi possono essere cambi di regime e pertanto la politica del governo israeliano è quella di garantire accordi di pace e sicurezza che assicurino la stabilità nel caso la pace venisse ribaltata”.
“Per molti anni la gente ha continuato a dire che il conflitto israelo-palestinese è la fonte dell’instabilità in Medio Oriente – ha detto il vice primo ministro Silvan Shalom, che è nato in Tunisia – Ma ora si vede che vi sono almeno tre centri di instabilità che non sono connessi con Israele: Tunisia, Libano e Sudan. L’affermazione che il conflitto israelo-palestinese sarebbe la causa di ogni bistabilità in Medio Oriente non è altro che una leggenda”.
Anche il vice primo ministro Shalom ha espresso la speranza che in Tunisia venga ripristinata la calma. “Si tratta davvero di uno sviluppo di portata storica – ha detto – La Tunisia è un paese moderato che ha legami con l’occidente. Seguiamo gli sviluppi, anche per via delle nostre relazioni con Tunisi, e speriamo che la comunità internazionale impedisca ad elementi estremisti islamisti di prendere il controllo del paese”.
(Da: YnetNews, 16.1.11)

Nella foto in alto: L’ultimo discorso in tv di Ben Ali prima di lasciare la Tunisia