Dire “no” a Hamas

In Medio Oriente, un negoziato fallito è peggio che nessun negoziato

Da un articolo di Larry Derfner

image_2486Dal momento che Hamas è chiaramente alla testa dei palestinesi e l’amministrazione Obama vuol parlare con l’Iran e i talebani, non è più un tabù dire che Israele dovrebbe farsi avanti e parlare di pace con Hamas. Oggi, questa è l’opinione all’avanguardia.
L’idea è che Hamas sia sostanzialmente la versione religiosa di quello che era l’Olp prima di Oslo: un movimento che sarebbe quanto meno aperto alla conclusione della pace e che starebbe solo aspettando che Israele la smetta di essere così paranoico e di ristrette vedute. Ora che Hamas dice di essere disposta a negoziare una tregua di dieci anni, che cos’ha Israele da perdere a provare, si chiede la gente? Beh, penso che abbia da perdere molte vite umane.
Sono totalmente a favore di una tregua negoziata con Hamas in cambio della rimozione del blocco di Gaza, ma l’ idea di riconoscere Hamas ed entrare in negoziati di pace come facemmo con l’Olp nel 1993 è come camminare dritti dentro al fuoco. Se c’è una cosa che abbiamo imparato dal processo di Oslo è che il fallimento dei negoziati di pace in Medio Oriente è peggio che nessun negoziato. Si erano accese molte speranze, così il colpo è stato più violento. Prima di cominciare un nuovo, drammatico capitolo storico del processo di pace, dovremmo sapere sin dall’inizio che ci sono buone probabilità di successo. Con Hamas, sarebbe esattamente il contrario: sapremmo di essere diretti verso un precipizio.
Anche se potessimo accordarci con loro sui confini tra Israele e Palestina – possibilità abbastanza remota – non c’è alcuna possibilità che possiamo concordare sul cosiddetto diritto al ritorno per i profughi palestinesi. Ci sono moltissimi suggerimenti su come affrontare questo problema, ma anche quello che appare più “generoso” dal punto di vista palestinese è totalmente inaccettabile: anche per me, che pure sono probabilmente più a sinistra del 95% degli ebrei israeliani.
La massima concessione di cui ho sentito parlare è che non dovremmo necessariamente accettare il ritorno dei profughi a Haifa, Giaffa ecc. purché accettiamo la responsabilità della loro tragedia. Dovremmo, in effetti, scusarci per averli resi profughi.
Il che è ridicolo. Secondo questa proposta, di cui ho sentito parlare per la prima volta anni fa, veniva da Sari Nusseibeh, allora il leader palestinese più moderato, e di cui ho letto recentemente in una rubrica di Roger Cohen sul New York Times, ci chiede di dire una terribile menzogna contro noi stessi. io sono pronto a scusarmi per molte cose che abbiamo fatto ai palestinesi – mi scuso per gli insediamenti, mi scuso per l’operazione Piombo Fuso – ma non sono pronto a scusarmi per la diretta conseguenza di una guerra iniziata dai palestinesi. Non ci sarebbero stati profughi se i palestinesi, come i sionisti, nel 1947 avessero accettato la soluzione ONU per due stati invece di scatenare una guerra. Quello fu il momento decisivo nella storia israelo-palestinese, e se io dicessi che noi avevamo torto e i palestinesi ragione commetterei un tradimento di me stesso come israeliano e un tradimento della verità per come la vedo. Io non chiedo a nessun palestinese di cambiare la sua “narrazione” e loro non dovrebbero chiedermi di cambiare la mia.
Dunque, se è impossibile arrivare a un accordo con i Sari Nusseibeh sul diritto al ritorno, come potremmo farlo con Hamas? Se nel 1993 era possibile credere che potessimo appianare le nostre divergenze con l’Olp, non vedo tale possibilità con Hamas nel 2009. Sappiamo cose oggi che allora non potevamo sapere. Nei 26 anni tra la fine della guerra dei sei giorni e la firma degli accordi di Oslo, non abbiamo mai cercato di raggiungere una soluzione “a due stati” con i palestinesi. Questo sarebbe dovuto essere il nostro primo tentativo e non sapevamo come avrebbero reagito. Quello che abbiamo scoperto è che negli anni fino allo scoppio dell’intifada l’Olp, con pochissime eccezioni, aveva messo da parte il terrorismo. Ma quello che non fece affatto, per i primi due anni e mezzo, e che non fece mai del tutto fu di fermare Hamas e il terrorismo della Jihad Islamica. Durante tutto il processo di pace, mentre Israele cercava di raggiungere una soluzione “a due stati” con Yasser Arafat, con l’Olp e con il popolo palestinese, Hamas faceva stragi di israeliani: e non solo per un suo principio generale, ma anche con lo scopo specifico di distruggere la possibilità di un accordo.
Il processo di pace durò in effetti dodici anni: dal 1988, quando Arafat riconobbe Israele e gli Usa riconobbero l’Olp, fino all’inizio dell’ intifada nel 2000. Per quei dodici anni, Hamas fece tutto quello che era in suo potere per uccidere la soluzione “a due stati”.
Alla luce di quella storia, come si può aver fiducia che oggi Hamas sia disponibile?
Non dico che Hamas non possa cambiare. Per quanto mi riguarda, non devono scusarsi, non devono modificare il loro statuto, non devono firmare gli accordi di Oslo – ma devono darci una ragione per credere che i negoziati di pace con loro possano avere successo. E per far ciò dovrebbero lasciar cadere tutte le richieste impossibili, come l’ammissione di colpevolezza israeliana nei confronti dei profughi palestinesi.
Fino a quel momento, cerchiamo di raggiungere con loro accordi di cessate il fuoco limitati, e speriamo che si decidano a farci un’offerta che non siamo costretti a rifiutare. Ma, almeno per ora, “processo di pace” e “Hamas” non stanno assieme. Sono la ricetta per un’esplosione.

(Da: Jerusalem Post, 16.04.09)

Immagine in alto: Nella propaganda palestinese il “diritto al ritorno”, rappresentato dalla chiave, equivale alla cancellazione dello stato di Israele (come mostra la mappa nel disegno)