Dopo-Arafat, segni di rinascita

La morte di Yasser Arafat sembra aver sollevato Ramallah da una sorta di obbligo verso la guerra.

di Amos Harel

image_489Il proprietario del City Inn, all’ingresso settentrionale della città di Ramallah, ha chiesto di recente al comando delle Forze di Difesa israeliane nella regione se c’erano problemi a riaprire il suo albergo. Il comando ha risposto di non avere nulla in contrario. L’albergo sorge sull’incrocio Ayosh a poche centinaia di metri dal campo militare di Beit El, quartier generale delle forze amate israeliane in Cisgiordania. Durante i primi mesi di intifada (autunno 2000) l’incrocio fu uno dei punti più caldi: ogni giorni palestinesi, armati e non, vi ingaggiavano violenti scontri con i soldati israeliani. A un certo punto, quando il fuoco palestinese contro i vicini uffici governati israeliani divenne troppo intenso, l’esercito piazzò dei tiratori scelti alle finestre del City Inn. La combinazione fra scontri continui nella strada antistante e presenza di soldati all’interno fecero scappare tutti i clienti, e l’albergo dovette chiudere.
Oggi, invece, pare proprio che la guerra a Ramallah sia finita. Quando il convoglio del capo di stato maggiore israeliano Moshe Ya’alon domenica ha attraversato la città, ha suscitato solo qualche sbadiglio. Non è stato lanciato neanche un sasso. L’unico interesse sembrava quello di alcune troupe televisive palestinesi.
Ya’alon non poteva nascondere il suo stupore per il relativo ordine, la pulizia delle strade (“più pulite che a Tel Aviv”, ha detto qualcuno del suo entourage), per il serie di costruzioni. La morte di Yasser Arafat sembra aver sollevato la città da una sorta di obbligo verso lo sforzo di guerra. La Muqata, il complesso semidistrutto dello scomparso leader, costituisce praticamente la sola testimonianza che rimane delle dure battaglie che si sono combattute a Ramallah negli ultimi quattro anni. Mentre Gaza continua a mietere vittime fra israeliani e palestinesi e i terroristi da Nablus continuano a cercare di mandare attentatori suicidi in Israele, Ramallah sta gradualmente tornando alle sue occupazioni più tradizionali: politica e affari.
Ramallah permette a Ya’alon di nutrire cauta fiducia in un cambiamento positivo. La nuova dirigenza palestinese guidata da Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha preso apertamente posizione contro la “lotta armata”. Anche se un accordo per la composizione definitiva è assai improbabile che possa essere firmato nel prossimo futuro, sembra che le chance per una interruzione delle violenze non siano mai state tanto buone. Abu Mazen appare più determinato, oggi, a perseguire una strategia anti-guerra di quanto fosse poco più di un anno fa, durante il suo breve periodo come primo ministro di Arafat.
Israele cercherà di agevolare il corretto svolgersi delle elezioni palestinesi nella convinzione che una vittoria ai voti di Abu Mazen possa rafforzare la sua legittimazione e rendergli più facile l’impresa di far cessare il terrorismo. Le intese raggiunte in occasione dei funerali di Arafat, che hanno funzionato bene, serviranno da modello per la giornata delle elezioni (9 gennaio 2005): le forze israeliane manterranno un basso profilo, mentre quelle palestinesi assumeranno una circoscritta responsabilità su sicurezza e ordine pubblico.
Il passaggio attraverso Ramallah ha rivelato molti segni incoraggianti. Nei pressi del centrale hotel Best Eastern i palestinesi gestiscono un posto di blocco permanente per la ricerca di auto rubate. Nelle scorse settimane sono stati restituiti a Israele già una trentina di veicoli recuperati in questo modo. Da ogni lato si possono vedere nuove costrizioni. Ogni settimana vengono acquistate decine di nuove auto. Nei mesi scorsi il numero di reclami da parte di organizzazioni internazionali per interferenze delle Forze di Difesa israeliane nelle loro attività è sceso praticamente a zero. I militanti Tanzim, che periodicamente costringevano i negozi di piazza Manara a chiudere, sono stati cacciati via dagli stessi commercianti.
Scene simili si possono vedere anche in altre città della Cisgiordania. A Gerico, Qalqilyah e Betlemme i volume delle attività terroristiche è significativamente diminuito. E si registrano miglioramenti della situazione anche a Hebron.
Due sono le principali minacce che possono mettere in pericolo questa nuova calma: l’eventuale successo di un attentato suicida all’interno di Israele, e ciò che continua ad accadere a Gaza. Gli sforzi di Abu Mazen per convincere Hamas ad accettare un cessate il fuoco almeno fino alle elezioni palestinesi sono rovinosamente falliti. La recente ondata di attacchi da Gaza costituisce una sfida sia alla nuova dirigenza palestinese, sia alle Forze di Difesa israeliane che hanno reagito con un’altra offensiva a Khan Yunis, e che potrebbero fare lo stesso nella parte nord della striscia di Gaza se i lanci di missili Qassam verso Sderot dovessero continuare.
Israele dovrà cercare di mantenere un difficile equilibrio nelle sue operazioni militari: deve agire per dissuadere i tiri su Sderot e Gush Katif senza contemporaneamente provocare una fiammata che possa mettere a rischio le elezioni palestinesi.

(Da: Ha’aretz, 20.12.04)

Nella foto in alto: primi osservatori UE giunti a Ramallah per monitorare le elezioni palestinesi.

Vedi anche:
Dopo Arafat

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