Dov’è la voce del mondo civile?

Troppo presi dalle flottiglie filo-Hamas per occuparsi della donna iraniana condannata alla lapidazione.

Di Yoaz Hendel

image_2881Sakineh Ashitani è stata condannata a morte per lapidazione, in Iran. Le immagini della povera donna condotta alla morte, il lancio delle pietre, la bava sulle barbe e la follia negli occhi degli uomini attorno a lei non potranno essere accantonate come una normale anomalia. L’adultera iraniana si troverà nella stessa situazione in cui si sono trovati altri “peccatori” in quel paese. Si può immaginare che alcuni occidentali dedicheranno qualche breve minuto a disagio alla cosa, scuotendo gravemente la testa. Ma già sappiamo che il giorno dopo inizieremo la giornata senza nessuna agitazione. Ci sveglieremo nel più completo silenzio.
Dopo tutto, chiunque capisce che ci sono cose ben più importanti di cui occuparsi che di un’altra donna iraniana lapidata per adulterio. C’è Israele, e c’è l’occupazione, c’è il dibattito sulle sanzioni e sui legami commerciali con Tehran. E così i corpi dei giustiziati in Iran continueranno ad accumularsi, mentre tutte le persone che in altre occasioni sanno sempre porre domande difficili e severe, improvvisamente risulteranno senza parole. Il paradosso è che la disumanità iraniana offre di fatto una chiara immagine di tutti quegli stati taciturni, che non si preoccupano affatto della vita umana quanto piuttosto, e soltanto, dei loro profitti futuri.
Basta provare ad analizzare il reale atteggiamento delle principali istituzioni mondiali verso l’Iran, uno stato dove si può essere lapidati per spionaggio, per violazione delle leggi religiose, per aver protestato contro il governo, per omosessualità, o anche solo per aver oltraggiato Ahmadinejad o gli ayatollah. Poche settimane fa l’Iran è diventato ufficialmente membro della Commissione Onu per i Diritti delle Donne, un organismo istituito dopo la seconda guerra mondiale con lo scopo di rendere questo mondo un posto un po’ migliore. Ora, non facciamo finta di non sapere che l’Iran, ultimo importante acquisto della Commissione, non è esattamente quello che definiremmo un campione dei diritti della donna. Sicché, mentre a Tehran gli esponenti discutono fra loro se una donna abbia il diritto di finire la sua vita sotto una gragnola di piccole pietre, sepolta nel terreno fino al petto, o se forse non abbia il diritto di chiedere che le siano tirate addosso pietre un po’ più grosse, a New York i rappresentanti dello stesso Iran avranno il compito di tutelare i diritti delle donne nel mondo.
Farà qualcosa, a questo riguardo, il nostro mondo così giusto, vale a dire quei paesi occidentali i cui contribuenti finanziano le riunioni della Commissione per i diritti delle donne? Porranno, questi stati, un veto all’ingresso dell’Iran nella Commissione? E gli Stati Uniti, guidati dal presidente più favorevole ai diritti umani di tutta la loro storia, lanceranno una decisa campagna contro quest’ingiustizia, magari tagliando immediatamente i fondi alla Commissione? Si può presumere che la risposta è “no”.
Dopotutto, in questi giorni c’è talmente tanto lavoro da fare con le flottiglie in partenza, anche dall’Iran, alla volta di Gaza: chi può avere tempo per l’ennesima adultera uccisa a pietrate? Come dicono i persiani, una donna qui, una donna lì, chi se ne importa fintanto che vengono mantenuti legge e ordine? Mica vogliamo ridurci a un branco di barbari.

(Da: YnetNews, 6.30.10)

Nella foto in alto: Sakine Ashtiani, madre 40enne iraniana condanna alla lapidazione