Due stati per due popoli con legittime aspirazioni

La parte sul conflitto israelo-arabo-palestinese del discorso di Obama al Cairo

di Barack Obama

image_2512[Dopo la premessa generale sui rapporti fra America e islam, il Obama ha trattato i seguenti temi: l’estremismo violento in tutte le sue forme (879 parole), la situazione fra israeliani, palestinesi e mondo arabo (1.019 parole), le armi nucleari (351 parole), la democrazia (375 parole), la libertà di religione (340 parole), i diritti delle donne (229 parole), sviluppo economico e opportunità in tempi di globalizzazione (541 parole).
Quella che segue è la parte che riguarda direttamente il conflitto israelo-arabo-palestinese del discorso tenuto giovedì dal presidente Usa Barack Obama al Cairo.]

[…] La seconda grande fonte di tensione che dobbiamo discutere è la situazione fra israeliani, palestinesi e mondo arabo.
I forti legami dell’America con Israele sono ben noti. Questo legame è indistruttibile. È fondato su legami storici e culturali e sul riconoscimento che l’aspirazione degli ebrei a una patria è radicata in una tragica storia che non può essere negata. In tutto il mondo, per secoli, gli ebrei sono stati perseguitati e l’antisemitismo in Europa è culminato in un olocausto senza precedenti. Domani visiterò Buchenwald, che faceva parte di un sistema di campi dove gli ebrei vennero schiavizzati, torturati, e uccisi con le armi e con il gas per mano del Terzo Reich. Sei milioni di ebrei vennero uccisi: più dell’interna popolazione ebraica di Israele oggi. Negare questo fatto è cosa infondata, ignorante e odiosa. Minacciare Israele di distruzione, o ripetere gli ignobili stereotipi sugli ebrei, è profondamente sbagliato e serve solo a rievocare nella mente degli israeliani queste memorie dolorosissime, impedendo quella pace cui i popoli di questa regione hanno diritto.
D’altra parte, è anche innegabile che il popolo palestinese, musulmani e cristiani, ha sofferto nella ricerca di una patria. Da più di sessant’anni patiscono il dolore dello sfollamento. Molti attendono nei campi profughi in Cisgiordania, Gaza e nelle terre circostanti quella vita di pace e sicurezza che non hanno mai potuto condurre. Subiscono umiliazioni quotidiane, grandi e piccole, che si accompagnano all’occupazione. Dunque, non vi siano dubbi: la situazione del popolo palestinese è intollerabile. L’America non volterà le spalle alla legittima aspirazione palestinese alla dignità, alle opportunità e a un proprio stato.
Da decenni c’è uno stallo: due popoli con legittime aspirazioni, ciascuno con una storia dolorosa che rende inafferrabile il compromesso. È facile puntare il dito: per i palestinesi, puntare il dito sullo spodestamento portato dalla fondazione di Israele; per gli israeliani, puntare il dito sulle costanti ostilità e aggressioni lungo tutta la loro storia, dentro e da fuori i loro confini. Ma se guardiamo a questo conflitto da una parte soltanto, allora non vediamo la verità: la sola soluzione è soddisfare le aspirazioni di entrambe le parti attraverso due stati, dove israeliani e palestinesi vivano in pace e sicurezza. È nell’interesse di Israele, nell’interesse della Palestina, nell’interesse dell’America e nell’interesse del mondo.
Ecco perché intendo personalmente perseguire questo risultato con tutta la pazienza che l’obiettivo richiede. Gli obblighi che le parti hanno concordato in base alla Road Map sono chiari. Affinché venga la pace, è ora che essi e tutti noi ci assumiamo le nostre responsabilità.
I palestinesi devono abbandonare la violenza. La resistenza con la violenza e le uccisioni è sbagliata e non ha successo. Per secoli i neri in America hanno sofferto sotto i colpi di frusta come schiavi e l’umiliazione delle segregazione. Ma non fu con la violenza che ottennero pieni ed eguali diritti. Fu con persistenza pacifica e determinata sugli ideali che stanno al centro della fondazione dell’America. La stessa storia la possono raccontare tanti popoli dal Sudafrica all’Asia del sud, dall’Europa dell’est all’Indonesia. È una storia con una semplice verità: che la violenza è un vicolo cieco. Non è indice né di coraggio né di forza sparare razzi su bambini che dormono o far esplodere donne anziane su un autobus. Non è così che si rivendica un’autorità morale, è così che la si perde. È ora che i palestinesi si focalizzino su ciò che possono costruire. L’Autorità Palestinese deve sviluppare la sua capacità di governo, con istituzioni che servano i bisogni della sua gente. Hamas ha sì il sostegno di alcuni palestinesi, ma ha anche delle responsabilità. Per svolgere un ruolo nella realizzazione delle aspirazioni palestinesi e unificare il popolo palestinese, Hamas deve mettere fine alla violenza, riconoscere gli accordi precedenti e riconoscere il diritto di Israele ad esistere.
Nello stesso tempo, gli israeliani devono riconoscere che, così come il diritto di Israele ad esistere non può essere negato, non può esserlo neanche quello della Palestina. Gli Stati Uniti non accettano la legittimità dei persistenti insediamenti israeliani. Queste costruzioni violano gli accordi precedenti e minano gli sforzi per far avanzare la pace. È ora di fermare questi insediamenti. Israele deve inoltre adempiere il suo dovere di garantire che i palestinesi possano vivere, e lavorare, e sviluppare la loro società. E la perdurante crisi umanitaria a Gaza, mentre è devastante per la vita delle famiglie palestinesi, non serve alla sicurezza di Israele, né la serve la persistente mancanza di opportunità in Cisgiordania. Il progresso nella vita quotidiana del popolo palestinese deve far parte della via per la pace e Israele deve fare passi concreti per permettere tale progresso.
Infine, gli stati arabi devono riconoscere che l’Iniziativa di pace araba è stata un inizio importane, ma non esaurisce le loro responsabilità. Il conflitto arabo-israeliano non deve più essere usato per distrarre la gente delle nazioni arabe da altri problemi. Deve invece spingere ad agire per aiutare il popolo palestinese a sviluppare le istituzioni che sostengano il suo stato; per riconoscere la legittimità di Israele; per scegliere il progresso rispetto a una controproducente focalizzazione sul passato.
L’America schiererà la sua politica con chi persegue la pace, e dirà in pubblico ciò che diciamo in privato agli israeliani, e ai palestinesi, e agli arabi. Noi non possiamo imporre la pace. Ma in privato molti musulmani riconoscono che Israele non è destinato a scomparire. Allo stesso modo molti israeliani riconoscono in privato la necessità di uno stato palestinese. È ora che agiamo tutti in base a ciò che tutti sanno essere vero.
Troppe lacrime sono state versate. Troppo sangue è stato sparso. Tutti noi abbiamo la responsabilità di adoperarci per il giorno in cui le madri israeliane e palestinesi potranno veder crescere i loro figli senza paura, in giorno in cui la Terra Santa alle tre grandi fedi sarà il luogo di pace che Dio voleva che fosse, in cui Gerusalemme sarà una casa sicura e duratura per ebrei e cristiani e musulmani e un luogo per tutti i figli di Abramo, affinché possano mescolarsi pacificamente insieme, come nella storia di Isra [il viaggio di Maometto], quando Mosè, Gesù e Maometto, sia la pace su di loro, si unirono in preghiera. […]

Il testo completo (in inglese) del discorso di Obama al Cairo:

http://www.jpost.com/servlet/Satellite?cid=1244034998314&pagename=JPost%2FJPArticle%2FShowFull