Due stati per un solo popolo?

Gli arabi vogliono uno stato solo arabo, e l’altro mezzo arabo

Da un articolo di Uri Orbach

image_1921[Da Jerusalem Post, 2.12.07: Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha ribadito sabato il suo rifiuto di riconoscere Israele come stato degli ebrei. “Da un punto di vista storico – ha detto ai giornalisti prima di partire per l’Arabia Saudita dove ha incontrato re Abdullah per colloqui sui risultati della conferenza di Annapolis – vi sono due stati: Israele e Palestina. In Israele, vi sono ebrei e altri che vi abitano. Questo è ciò che intendiamo riconoscere e nient’altro”.]

Da anni si sente ripetere lo slogan “due popoli-due stati”. I cittadini arabi d’Israele e l’estrema sinistra israeliana l’hanno sempre sostenuto. Poi, col tempo, vi hanno aderito molti altri, compreso il centro e parte del Likud: noi viviamo qui, loro vivono là, fine della storia.
È una prospettiva sicuramente allettante. Il conflitto, secondo la percezione comune, è tra ebrei israeliani e arabi musulmani palestinesi: risolvendo i problemi dell’”occupazione” e dei “territori” (due termini che già di per sé corrispondono a una certa visione del problema), automaticamente si avrà che i due popoli vivranno tranquilli e sicuri, ciascuno nel proprio stato.
Sbagliato. Improvvisamente, proprio quando la politica ufficiale di Israele ha adottato questa mitica visione e nel nome di questa visione il primo ministro si impegna solennemente ad Annapolis, salta fuori che i palestinesi non sono realmente interessati all’idea di due stati per due popoli. O meglio, per essere più precisi: sono interessati all’idea di due stati, ma non sono affatto d’accordo sull’identità e sul diritto dell’altro popolo. In altri termini, non pensano che il popolo ebraico abbia diritto a un proprio stato. Sono abbastanza generosi da accettare solo uno stato destinato esclusivamente ai palestinesi e un secondo stato destinato “alla popolazione israeliana”. Popolazione israeliana che vede assieme ebrei e arabi musulmani e di altre religioni. Insomma, uno stato e mezzo per un popolo e mezzo stato per l’altro popolo.
Il che suona come una presa in giro, giacché non esiste un “popolo israeliano”. Esistono dei cittadini arabi d’Israele che hanno titolo a tutti i diritti civili e religiosi di uno stato democratico, ma che sono cittadini – a pari diritti – di uno stato degli ebrei. Lo stato d’Israele non è stato fondato e non esiste per risolvere la questione palestinese o la questione musulmana, e neanche una “questione israeliana”. È stato fondato ed esiste come risposta a quella che era nota come “la questione ebraica”: creare una “national home”, una sede nazionale per il popolo ebraico.
Giustamente Israele cerca (non sempre con successo e non sempre con la necessaria determinazione) di far sì che i suoi cittadini arabi possano condurre la loro vita nella libertà e nella democrazia. Il che è molto di più di quello che si prospetta nel futuro stato palestinese, dove non vi sarà posto per nessun ebreo, men che meno per una comunità ebraica, per non dire poi di un insediamento ebraico. Senza contare, inoltre, che molti palestinesi preferiscono di gran lunga vivere come minoranza nello stato degli ebrei piuttosto che come maggioranza in uno stato palestinese. E loro sanno bene il perché.
Ma il principio è interessante. Si consideri la reazione dei palestinesi e dei loro sostenitori quando, in nome della pace, viene chiesto loro di riconoscere Israele come stato degli ebrei. Stanno per ottenere uno stato senza neanche un insediamento e neanche un ebreo, eppure trovano arduo accettare l’idea di stato per il popolo ebraico. Vogliono uno stato che sia soltanto loro e un altro stato che sia per ebrei e arabi: non Israele ma una sorta di Israel-ina.
Questo è sempre stato l’approccio palestinese. “Il nostro è già nostro: ciò che Israele ha già accettato – uno stato palestinese per i palestinesi – è un dato già acquisito. Ma questa irritante e noiosa insistenza su uno stato che sia per gli ebrei, questo no, non deve avvenire. Perché mai dovrebbe essere così? Noi palestinesi vogliamo essere parte anche dello stato di Israele”.
E non abbiamo ancora menzionato la striscia di Gaza, che è un altro stato palestinese, piccolo e rabbioso, apparso improvvisamente e col quale presto saremo costretti a negoziare o a combattere.
E allora, facciamo un piccolo esercizio di inversione dei ruoli. Innanzitutto Israele non riconosca affatto il diritto dei palestinesi ad avere uno stato loro. Perché mai dovrebbe? Dopo tutto la nazione araba ha già più di venti stati. Se poi, alla fine, in nome della pace, dovrà accettare la creazione di uno stato a maggioranza palestinese, ebbene non lo riconosca come stato arabo o palestinese. Dopo tutto, vi sono molti ebrei e israeliani che vivono là. Venga riconosciuto il diritto degli ebrei al ritorno nelle comunità di Gush Katif e Cisgiordania, terra dei loro padri, e che nessuna comunità venga sradicata. E intanto, nel piccolo Israele, lo stato degli ebrei continuerà ad esistere in pace e sicurezza. Appunto, due stati per due popoli.

(Da: YnetNews, 1.12.07)

Nell’immagine in alto: Il giorno dopo Annapolis, una mappa ”della Palestina” trasmessa dalla tv dell’Autorità Palestinese: lo stato di Israele è cancellato.