E ora che si fa, dopo il rapporto Aiea sull’atomica iraniana?

Da più di quindici anni Israele avvertiva del pericolo. Inascoltato.

Di Alex Fishman

image_3283Le informazioni pubblicate martedì scorso dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica erano note ai servizi di intelligence occidentali da almeno due anni. In effetti il rapporto dell’AIEA contiene informazioni che sono state passate all’agenzia Onu da almeno dieci stati. E proprio qui sta l’aspetto globalmente drammatico della cosa. Se il rapporto dell’AIEA ci dice ciò che il mondo sapeva già un paio di anni fa, possiamo supporre che oggi la situazione sia assai più grave di quanto emerso martedì. E se qualcuno si domandava come mai Israele è tanto in ansia per la minaccia iraniana, ecco trovata la risposta.
Quel che Israele e il mondo temevano si è concretizzato: la bomba atomica iraniana va avanti di corsa ed già in vista della tappa finale. L’Iran ha la capacità di produrre armamenti nucleari in modo indipendente, senza dover fare affidamento su fonti esterne: dispone delle conoscenze tecniche e della maggior parte dei componenti necessari. Quel che deve fare Tehran è solo prendere la decisione. Se questa è la pesante conclusione cui giunge il rapporto dell’AIEA che descrive a che punto era lo sviluppo del nucleare militare iraniano circa due anni fa, dove sarà arrivato oggi l’Iran?
La prima lezione da trarre è questa: il civile occidente non è stato in grado di contrastare l’Iran sciita fondamentalista. Quando uno stato dittatoriale della portata dell’Iran cerca di dotarsi di armi nucleari, si scopre che non esistono moderate pressioni economiche o diplomatiche che possano fermarlo.
È da più di quindici anni che Israele mette in guardia il mondo rispetto a questo punto di arrivo. Gerusalemme ha fatto di tutto per persuadere la comunità internazionale. Il mondo ascoltava e da principio lo ha ignorato, poi ha cercato di contenerlo; infine, ma soltanto a partire dal 2007, ha iniziato ad assimilare il concetto. Tuttavia fino ad oggi i leader del mondo, Stati Uniti in testa, con l’Iran hanno fatto solo giochetti. L’ultima tornata di sanzioni “severe” dura da un anno e mezzo, ma il programma nucleare iraniano è andato avanti lo stesso. È vero che si sono visti contrattempi, sabotaggi, virus informatici e “morti misteriose” di scienziati nucleari iraniani, e che il progetto ha subito un ritardo di alcuni anni, ma poi ha ripreso ad accelerare. Se negli ultimi otto anni dei servizi segreti, Mossad compreso, si sono dati come missione prioritaria quella di frenare il programma nucleare iraniano, ciò che possono registrare è un successo soltanto parziale. La minaccia è stata solo rinviata.
E si illude chi pensa che la pubblicazione del rapporto dell’AIEA provocherà un cambiamento sostanziale nel modo in cui le potenze mondiali affrontano il programma nucleare iraniano. Ogni servizio di intelligence che si rispetti sa molto di più di quanto riportato dall’AIEA. E allora? Si è forse visto qualcuno nel mondo scandalizzarsi davvero per quanto emerge dal rapporto?
Gli iraniani avevano ragione sin dall’inizio: la pazienza paga. Sapevano che nessuno avrebbe fatto nulla di drammatico per fermarli. Neanche il presidente americano, che pure si è impegnato a non permettere che armamenti nucleari cadano nella mani degli ayatollah iraniani: e lui sa, più degli ispettori dell’AIEA, quanto l’Iran sia prossimo a dotarsi di tali armamenti. I russi, abbastanza cinici da sostenere che il nucleare iraniano sicuramente non serve a scopi militari, non si fanno problemi a tenere il piede in due staffe. E i paesi europei? Forse smetteranno di fare affari con l’Iran solo quando vedranno in cielo una nube iraniana a forma di fungo.
Oggi, come da due anni a questa parte, Israele si trova da solo di fronte alla minaccia iraniana. Certo, in “coordinamento” con gli americani. In altri termini, ha una meravigliosa intesa con gli Stati Uniti grazie alla quale coordina con loro la sua solitudine. L’unica speranza per Israele è che la pubblicazione del rapporto, e le minacce di un raid da parte di Gerusalemme, inducano – forse – Europa e Stati Uniti a dimostrare molto più vigore nel fiaccare il regime iraniano, anche senza la copertura del Consiglio di Sicurezza. Israele può solo sperare che le sanzioni non siano limitate alla banca centrale iraniana, con lo strangolamento del commercio internazionale di Tehran, ma che colpiscano anche importazione ed esportazione dei prodotti petroliferi. Ma le probabilità che questo accada non sono molto alte.
Pertanto il Medio Oriente e il resto del mondo devono prepararsi a uno di questi due scenari: o la faccenda si conclude con un qualche tipo di operazione militare in grado di procrastinare sostanzialmente il programma nucleare iraniano, oppure saranno gli iraniani che di loro volontà, per loro proprie ragioni, fermeranno il loro progetto atomico.
In ogni caso, lo stato di Israele farebbe meglio ad attrezzarsi per un’era di minacce nucleari in Medio Oriente.

(Da: YnetNews, 9.11.11)

Nella foto in alto: L’impianto di Bushehr, in Iran