E se ci fosse anche tanta invidia?

Alla base del risorgente odio anti-ebraico non c’è il comportamento di Israele di fronte al terrorismo palestinese né la questione di quali territori Israele dovrà cedere

Di Noah Klieger

Noah Klieger, autore di questo articolo

Noah Klieger, autore di questo articolo

Come molti altri, anch’io parecchi anni fa ho capito che l’antisemitismo nella maggior parte dei paesi europei non è in diminuzione, bensì il contrario è sempre più in aumento. E anch’io mi sono chiesto quale fosse il motivo di questo fenomeno che fondamentalmente non ha alcuna ragion d’essere, soprattutto in considerazione del fatto che non esistono più le comunità ebraiche relativamente grandi che un tempo vivevano in Europa.

La ben più alta, e crescente, percentuale di musulmani presenti in molti paesi europei è un fattore che in una certa misura innesca l’odio anti-ebraico e probabilmente lo alimenta, ma rappresenta solo una parte marginale del pregiudizio ostile verso gli ebrei, che un fenomeno “tradizionale” vecchio di molte centinaia di anni.

Nell’ambito dei miei tanti viaggi nel “vecchio continente” per conferenze e congressi, ho deciso di provare ad analizzare il motivo per cui l’antico antisemitismo sta sollevando di nuovo la testa. E in effetti, dopo centinaia di conversazioni con capi di stato e gente comune in Francia, Germania, Svizzera, Austria e altri paesi, ho iniziato a capire quale può essere il motivo principale.

Non si tratta né del comportamento di Israele di fronte al terrorismo palestinese, né del fatto che Israele (il giorno in cui troverà un interlocutore più serio e affidabile del presidente Abu Mazen) non rinuncerà comunque a tutte le terre rivendicate dai palestinesi e continuerà a tutelare i propri interessi (cosa può interessare a un cittadino svizzero se i palestinesi riceveranno o non riceveranno qualche chilometro in più nell’area di Hebron?).

La vera ragione dell’odio verso Israele, che è una chiara espressione di antisemitismo, è l’invidia.

Il padiglione d’Israele all’Expo Milano 2015

Per qualche motivo, la maggior parte dei paesi (ancora) liberi e (ancora) democratici provano invidia e rancore per il successo rapido e stupefacente che lo stato ebraico ha conseguito in molti diversi campi. Come è stato possibile che nel giro di meno di settant’anni Israele si sia trasformato da paese deserto e arretrato in uno dei paesi più sviluppati, moderni e affascinanti del mondo? Come è stato possibile che lo stato ebraico, che non ha praticamente conosciuto un solo giorno di calma, serenità e pace sin dalla sua nascita, sia più avanzato e tecnologizzato della maggior parte dei paesi del mondo? Come è potuto diventare leader nell’ideare tecniche agricole e metodi e dispositivi per la lotta contro diverse malattie? E si potrebbe continuare a lungo citando, ad esempio, l’aviazione israeliana e la nostra intelligence (il famoso Mossad), considerate entrambe fra le migliori al mondo nei rispettivi campi. Oppure il fatto, e lo dico con dolente amarezza, che il nostro esercito è il numero uno al mondo sotto quasi ogni aspetto.

E’ vero, talvolta i metodi di insegnamento nelle nostre scuole non sono tra i più avanzati, eppure gli studenti israeliani raggiungono spesso i primi posti nella maggior parte delle “olimpiadi” della scienza. Negli ultimi vent’anni, otto israeliani hanno ricevuto il premio Nobel, subito dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna: uno dei tassi di Nobel pro capite più alti al mondo. Quanti paesi europei possono dire la stessa cosa?

Ecco, secondo me alla base dell’aumento dell’antisemitismo c’è anche questo: pura e semplice invidia.

(Da: YnetNews, 27.11.16)