E se Israele non fosse il problema?

Quando dicono che loccidente è nei guai con i musulmani a causa di Israele, ricordate che le cose non sono così semplici.

di Amir Taheri

image_471Nella sua recente escursione a Ramallah, il ministro degli esteri britannico Jack Straw ha indicato il conflitto israelo-palestinese come la più importante questione che divide Occidente e mondo islamico, riproponendo la nota convinzione generale secondo la quale, risolvendo la questione israelo-palestinese, i rapporti tra Islam e Occidente dal loro stato attuale, tanto prossimo a uno scontro di civiltà, diventerebbero invece teneramente amichevoli. Ma se questa convinzione generale fosse sbagliata?
Ho appena trascorso tutto il mese del Ramadan in diversi paesi arabi, dove in questo periodo si passano lunghe serate mangiando, bevendo caffè e naturalmente discutendo di politica. Nel mondo arabo non esistono elezioni libere né sondaggi d’opinione realmente attendibili. Pertanto nessuno può sapere cosa pensi davvero la maggioranza silenziosa. Tutto quello che si può fare è affidarsi a testimonianze aneddotiche. Su queste basi, sono giunto alla convinzione che la questione israelo-palestinese occupi una posizione molto bassa nella lista delle priorità dell’uomo della strada, mentre diventa qualcosa di simile a una vera e propria ossessione quando si tratta di elite politiche, economiche e intellettuali.
Per quando riguarda la gente comune, quasi nessuno mi ha mai parlato la questione palestinese, nemmeno nei giorni in cui la morte di Yasser Arafat dominava i titoli dei mass-media. Quando chiedevo loro quali questioni li preoccupassero maggiormente, contadini negozianti impiegati e taxisti non hanno mai fatto menzione dellla Palestina. Viceversa, parlando con principi e principesse, magnati dell’economia, alti ufficiali e col bel mondo dell’accademia araba, la Palestina era la prima e più urgente questione.
Il motivo per cui le elite fingono tanta passione per questa materia è che essa è l’unica sulla quale vanno d’accordo. In molti casi, è anche l’unica questione politica che la gente può discutere senza correre il rischio di avere guai con la polizia e i servizi segreti. Un terzo motivo, forse ancora più importante, è il fatto che è l’unica questione sulla quale le elite sentono di godere delle simpatie del mondo circostante. Ad esempio, non ho trovato praticamente nessuno che in privato esprimesse alcuna stima per Arafat. Ma tutti si sentivano obbligati a nascondere le loro vere opinioni dal momento che Arafat è stato onorato e riverito dal presidente francese Jacques Chirac. Quando alcuni giornali arabi hanno titolato su presunti casi di dispotismo e corruzione di Arafat, gli altri mass-media arabi li hanno immediatamente attaccati per aver mancato di rispetto a un uomo che era stato trattato come un “eroe dell’umanità” dallo stesso Chirac.
Secondo la nota convinzione generale, inoltre, gli Stati Uniti sarebbero odiati dai musulmani perché troppo amici di Israele. E’ un’opinione condivisa dalla maggior parte degli stessi rappresentanti americani in servizio nelle capitali arabe. Ma se invece fosse vero il contrario, e cioè che Israele è odiato perché è troppo amico degli Stati Uniti?
Quando ho avanzato questa ipotesi nelle discussioni serali a Ramallah, sono stato accolto inizialmente da un assordante silenzio. Ben presto, tuttavia, alcuni interlocutori hanno ammesso che la mia idea forse non era poi così peregrina. Consideriamo alcuni fatti.
Se i musulmani odiano gli Stati Uniti perché appoggiano Israele, il quale a sua volta opprime i musulmani in Palestina, perché allora altri musulmani oppressi non godono dello stesso grado di solidarietà da parte dei loro correligionari?
Durante l’ultimo Ramadan è giunta notizia che più di cinquecento musulmani erano stati uccisi in scontri con la polizia nella Thailandia meridionale. Almeno ottanta di loro sono morti soffocati all’interno di furgoni della polizia in circostanze perlomeno poco chiare. La stampa araba e iraniana, tuttavia, ha completamente ignorato questa notizia o tutt’al più l’ha relegata nelle pagine interne. A quanto ne so, c’è stato un solo giornale islamico che le ha dedicato l’editoriale. E solo due giornali hanno menzionato il fatto che la Thailandia sta costruendo un muro per separare i due milioni di musulmani del sud: un muro più alto e più lungo della tanto controversa “barriera di sicurezza” che sta costruendo Israele.
Gli stati islamici non hanno mai appoggiato il Pakistan sulla questione del Kashmir perché la maggior parte di loro era vicina all’India all’interno del cosiddetto movimento dei non-allineati, mentre il Pakistan era alleato degli Stati Uniti all’interno della CENTO e della SEATO. Quando alcuni nazionalisti hindu hanno distrutto la moschea di Ayodhya, nessuno pensò che fosse necessario infiammare le passioni dei musulmani.
Nessun paese islamico ha riconosciuto la repubblica creata dai musulmani turchi nella parte nord di Cipro. Motivo? La Grecia è sempre stata al fianco degli arabi sulla Palestina e di tanto in tanto tocca le corde dell’anti-americanismo, mentre la Turchia è sempre stata alleata degli Stati Uniti.
Quando i serbi, dieci anni fa, massacrarono ottomila uomini e ragazzi musulmani a Srebrenica, non una piega turbò la serena calma dell’opinione islamica. All’epoca, i mullah di Teheran e il colonnello Muammar Gheddafi di Libia erano in combutta con Slobodan Milosevic, al quale fornivano petrolio e denaro perché la Jugoslavia aveva la presidenza del cosiddetto movimento dei non-allineati. Belgrado fu l’unica capitale europea onorata da una visita di stato di Ali Khamenehi, il mullah che oggi è la guida suprema della repubblica islamica iraniana.
E che dire della Cecenia, che è da ogni punto di vista la nazione islamica che più a sofferto negli ultimi due secoli? Lo scorso ottobre il summit islamico nella capitale malese Kuala Lumpur ha accolto come un eroe proprio quel Vladimir Putin che ha presieduto al massacro di ceceni più massiccio di ogni altro periodo della storia russa.
Mentre scriviamo sono in corso nel mondo non meno di ventidue conflitti che vedono coinvolti i musulmani. Quasi tutti i musulmani non ha mai nemmeno sentito parlare della maggior parte di questi conflitti semplicemente perché questi conflitti non offrono pretesti per fomentare odio contro gli Stati Uniti.
La prossima volta che sentite dire che gli Stati Uniti (e l’occidente) sono nei guai con i musulmani a causa di Israele, rammentate che le cose potrebbero non essere così semplici.

(Da: Jerusalem Post, 1.12.04)

Nella foto in alto: Un uomo prepara “alla palestinese” la figlia, membro dell’unità di duecento giovani iraniani, uomini e donne, che il 2 dicembre, con una cerimonia nel cimitero Behesht-e-Zahra di Teheran, hanno giurato d’essere pronti a compiere attentati suicidi contro americani, iracheni e israeliani. Ali Mohammadi, portavoce del gruppo organizzatore: “Presto o tardi bruceremo tutti gli infedeli che occupano terre islamiche”.