Elezioni palestinesi: un esempio per il mondo arabo?

Forse le elezioni del 9 gennaio sono state la scossa di cui avevano bisogno i regimi totalitari arabi.

image_528Le elezioni del 9 gennaio per la presidenza dell’Autorità Palestinese sono state la scossa di cui avevano bisogno i regimi totalitari del resto del mondo arabo. Lo afferma Nagi al-Ghatrifi, vice presidente del partito egiziano Al-Ghad. “Anche tra gli arabi c’è chi sostiene che nel mondo arabo non è ancora il momento di introdurre riforme politiche perché la gente non sarebbe abbastanza matura per decidere del proprio futuro – dice Ghatrifi, un analista politico che ha partecipato lo scorso settembre alla fondazione del partito d’opposizione egiziano – Ora possono vedere che non è vero dal momento che i palestinesi, con tutte le difficoltà in cui vivono, sono riusciti a tenere delle elezioni. Le elezioni palestinesi aiuteranno i gruppi arabi d’opposizione che avevano bisogno di un esempio”.
Uno dei principali obiettivi del partito di Ghatrifi è quello di impedire che il figlio dell’anziano presidente egiziano Hosni Mubarak subentri automaticamente al posto del padre, sulla falsariga di quanto è accaduto pochi anni fa nella insolita “repubblica ereditaria” siriana.
Lunedì, mentre venivano diffusi in tutto il mondo i risultati delle elezioni palestinesi, un gruppo di democratici egiziani ha lanciato una campagna politica per ottenere una modifica della costituzione che permetta di eleggere il presidente del paese scegliendo fra una rosa di candidati. “Sette candidati hanno partecipato alle elezioni palestinesi sotto un’occupazione che dura da 38 anni – ha detto alla Associated Press Hussein Abdel-Raziq, capo del Comitato per la Difesa della Democrazia – Il cittadino egiziano non è certo meno capace di quello palestinese di scegliere un presidente fra diversi candidati, ma i governanti sanno che perderebbero in caso di elezioni libere”.
Attualmente in Egitto un solo candidato può concorrere alle elezioni per la carica di presidente e viene scelto dal parlamento, che è dominato dal Partito Democratico Nazionale di Mubarak e da altri gruppi ad esso affiliati. I cittadini egiziani possono solo votare “sì” o “no” al candidato unico.
In altri paesi arabi gli osservatori politici sono più scettici circa l’influenza che le elezioni palestinesi potranno esercitare sui rispettivi regimi. “Ci saranno discussioni e qualche incoraggiamento – dice Abdul-Rahim Malhas, parlamentare indipendente giordano – Forse verrà scritto qualche articolo sui giornali, almeno fin dove permesso. Ma alla fine in Egitto, Siria e Giordania non cambierà nulla. Pensate che qualcuno in Giordania parlerà di eleggere un nuovo leader?. E’ assai difficile, perché il sistema arabo è estremamente radicato: è un sistema neo-patriarcale dal volto moderno, nel quale il leader governa finché muore. Indipendentemente da ciò che dice la costituzione, il figlio è destinato a prenderne il posto”.
Concorda con questa opinione una ex giornalista saudita che preferisce restare anonima. “No, non credo che nel prossimo futuro vi saranno elezioni democratiche per la leadership – scrive in una e-mail al Jerusalem Post – Ma questo non significa che non possa mai avvenire. Quando? Non c’è risposta a questa domanda. Forse quando monterà la pressione dal paese”.
Malhas ritiene comunque che un certo effetto vi sarà. “Non c’è dubbio che qualcosa sta avvenendo, qualcosa si sta muovendo verso la vera democrazia – dice – Ma lentamente, molto lentamente. Nel futuro prevedibile non vedremo, qui, ciò che è avvenuto in Palestina”.

(Da: Jerusalem Post, 12.1.05)

Nella foto in alto: Il capo degli osservatori della UE ed ex pm francese Michel Rocard (a sin) e l’ex presidente Usa Jimmy Carter si sono congratulati con palestinesi ed israeliani per la correttezza delle elezioni dell’Autorità Palestinese del 9 gennaio. “Si è trattato di un caso unico al mondo – ha dichiarato Rocard – Abbiamo avuto elezioni democratiche sotto un’occupazione straniera”.