Evitare confusioni morali

I terroristi colpiscono donne e bambini con premeditazione. Gli israeliani lo fanno di rado e per errore

Da un articolo di Nadav Shragai

image_1335Nathan Alterman, che ha riflettuto e scritto a lungo sul tema dell’uso etico delle armi, molti anni fa si domandava che tipo di monumento si dovesse erigere per tre soldati israeliani – Hanan Samson, Yossi Kaplan e Boaz Sasson – che avevano perso la vita mentre inseguivano dei terroristi perché, all’ingresso di una grotta nella valle del Giordano, non erano disposti a colpire una madre che allattava dietro la quale si erano trincerati i terroristi inseguiti. Doveva essere un monumento normale, come ve ne sono tanti sparsi in giro per il paese in memoria dei soldati caduti in battaglia, o forse doveva essere un monumento dalla forma di una madre con un neonato al seno, la madre e il figlio le cui vite erano state risparmiate al prezzo della vita dei tre soldati?
Anche oggi, il nemico di Israele con una mano tiene i bambini mentre con l’altra spara su civili e militari israeliani. E intanto il mondo fa uso di una distorta scala di valori per giudicare la moralità di Israele. Quarant’anni fa Alterman definiva la differenza fra gli israeliani e i loro nemici alla luce della morte di Samson, Kaplan e Sasson. “Non c’è dubbio – scriveva – che, anche spingendo all’estremo la nostra immaginazione, non possiamo nemmeno figurarci una situazione a parti invertite rispetto a quella verificatasi durante quell’inseguimento. Cioè una situazione in cui dei combattenti delle Forze di Difesa israeliane si nascondano dietro donne e bambini israeliani, usando una madre che allatta come copertura e scudo per nascondersi dai terroristi di Fatah. I soldati delle Forze di Difesa israeliane sarebbero del tutto incapaci di una cosa simile. E quand’anche ignorassimo tutte le altre ottime ragioni per cui non o farebbero mai, resta il fatto puro e semplice che una donna ebrea con un neonato fra le braccia non costituirebbe affatto un ‘deterrente’ per quel genere di combattenti arabi”.
Ciò che è cambiato dai tempi i cui Alterman scriveva queste parole – ma forse anche questa non è una novità – è che oggi non solo la popolazione civile non “dissuade” in alcun modo i terroristi Hezbollah e palestinesi dal colpire, ma anzi la popolazione civile sembra essere diventata il loro quasi unico bersaglio. Per contro, anche in questa circostanza le Forze di Difesa israeliane hanno già scarificato la vita di diversi soldati nella battaglia di Bint Jbail avendo evitato, per non colpire troppo i civili, di “ammorbidire l’obiettivo” (come si dice in gergo) con massicci bombardamenti a tappeto. Nel tragico caso di Qana, gli Hezbollah si sono intenzionalmente piazzati nel cuore della popolazione civile, creando consapevolmente in questo modo le condizioni che hanno prodotto la strage.
Non bisogna lasciarsi confondere né permettere al mondo e a noi stessi, a cominciare dagli arabi che sono cittadini di Israele, di ribaltare le cose. Hezbollah, come i terroristi palestinesi, colpisce donne e bambini con premeditazione e in modo sistematico. Noi israeliani lo facciamo di rado e per errore. Sono cose che debbono essere dette e ripetute, perché proprio le cose più ovvie ed evidenti sono quello che tendono ad essere dimenticate.
Questa guerra deve terminare con una vittoria e con il disarmo di Hezbollah, ad opera degli israeliani o di altri. Questa è la linea che separa il successo da un’occasione perduta. Il primo ministro israeliano Ehud Olmert sa bene che qualunque cosa meno di questo non farebbe altro che fissare la linea da cui si renderebbe presto necessario partirebbe per la prossima campagna contro Hezbollah. …
Olmert ha ragione anche per quel che riguarda la sua tradizionale politica sulla questione dei soldati presi in ostaggio. La leadership israeliana deve fare un calcolo razionale di costi e vantaggi, di pro e contro, per quanto doloroso possa essere. Non è facile scrivere queste cose, e naturalmente tutti ci auguriamo che gli ostaggi possano tornare a casa presto e in buona salute. Ma la inflessibile contrarietà al rilascio di terroristi in cambio degli ostaggi a cui Olmert si è finora attenuto si spiega con la dura e sanguinosa realtà in cui viviamo. Delle grandi stragi subite da Israele negli ultimi anni, ben quattordici sono state compiute da terroristi appena scarcerati, così come decine di altri attacchi, costati la vita o il ferimento di decine di persone, sono stati organizzati da terroristi che erano stati scarcerati da poco. L’esperienza di Israele nei passati casi di ricatto con presa di ostaggi rappresenta una chiara indicazione di come non ci si deve comportare, non un precedente da imitare.

(Da: Ha’aretz, 2.08.06)

Nella foto in alto: Il dolore di una donna arabo-israeliana alla notizia della morte di un parente, ucciso giovedì da razzi Hezbollah nella città israeliana di Acco