Falsi movimenti e sviluppi preoccupanti

La vera notizia non sono i colloqui israelo-siriani ma la caduta del Libano nelle mani di Hezbollah

Da un articolo di Barry Rubin

image_2123Perché Israele sta negoziando con la Siria? E cosa sta succedendo in Libano? Di questi due sviluppi, uno potrebbe rivelarsi fra i più importanti in Medio Oriente nel 2008. Ma attenzione: non è il primo dei due.
Si consideri come mai le due parti – Gerusalemme e Damasco – stanno “negoziando”, compreso il fatto che non stanno realmente negoziando. Probabilmente non si arriverà a un accordo, ed entrambe le parti lo sanno. Però entrambe hanno buone ragioni per mostrarsi impegnate in colloqui, ancorché indiretti.
Iniziamo con sei fattori che rendono conto della politica israeliana.
1. Mantenere il primo ministro israeliano Ehud Olmert al suo posto. Non è lo scopo principale, ma certamente gioca la sua parte. Olmert vuole mostrare d’essere impegnato in negoziati così importanti che sarebbe un peccato interromperlo. Cosa conta di più, chiede, qualche busta di contante o la pace? Per un po’ di tempo Olmert ha fatto ricorso a questa tattica con i colloqui coi palestinesi; ora salta su un altro cavallo. Ciò non significa che intenda svendere degli asset della sicurezza nazionale per salvare se stesso. Il bello di questa tattica è che non c’è bisogno di farlo: basta produrre dei titoli sulle prime pagine per ottenere il risultato.
2. Mostrare a tutti che Israele vuole la pace. Il paese è davvero pronto ad assumersi rischi e a fare concessioni, purché adeguatamente compensate. Dandone pubblica dimostrazione, il governo cerca di ottenere il sostegno dei governi, dei media e delle opinioni pubbliche occidentali, assicurandosi contemporaneamente il consenso della propria base all’interno di Israele.
3. Dare alla Siria un buon motivo per esercitare autocontrollo. Finché la Siria è impegnata a chiacchierare in contatti nei quali la dittatura non ha nulla da perdere, Damasco non avrà interesse a farli saltare con un eccesso di terrorismo o con un’altra guerra di Hezbollah contro Israele. Mantenere la calma sul fronte nord permetterebbe a Israele si concentrarsi sul fronte sud (striscia di Gaza).
4. Far contenta la Turchia. La Turchia è un amico importante per Israele e ha legato il suo prestigio a questa iniziativa. Questo fattore non è di grandissima importanza, ma non può mancare nell’elenco.
5. Mostrare ai palestinesi che Israele ha un interlocutore alternativo, il che può esercitare su di loro una forma di pressione. Israele si garantisce maggiore libertà di movimento sul versante palestinese (punto 3) ampliando perlomeno momentaneamente il gap fra gli interessi palestinesi e quelli siriani. Molti di coloro che sostengono il binario siriano non credono veramente possibili dei progressi su quello palestinese. Quanto il punto 1 può essere importante per Olmert, tanto questo punto 5 è centrale per il suo partner nella coalizione, il ministro della difesa Ehud Barak.
6. Copertura mediatica e dichiarazioni politiche ignorano o fraintendono il fatto che Israele non sta negoziando con la Siria. Si tratta solo di contatti indiretti condotti in modo più sistematico per stabilire se possano essere soddisfatte le condizioni israeliane per avviare negoziati diretti. Anche se la risposta fosse negativa, Israele può fare questa esplorazione con poca spesa e senza concessioni sostanziali.
Ciò che Israele sta facendo è totalmente diverso da ciò che propone, ad esempio, il senatore Usa Barack Obama. Se la Siria è disposta ad allontanarsi dall’Iran, a non sostenere più i gruppi terroristi e ad aprire alla pace piena con Israele, comprese le altre concessioni necessarie (limitazione delle sue forze sulle Alture del Golan, postazioni militari di pre-allarme ecc.), allora i colloqui potranno andare avanti. Se e quando queste condizioni non dovessero verificarsi, allora i colloqui naufragheranno o entreranno in un lungo processo comatoso al rallentatore.
Si tratta di un gioco pericoloso giacché indebolisce la lotta contro il blocco guidato dall’Iran, che continua ad essere la questione più grave in questa fase in Medio Oriente. Tuttavia non dovrebbe comportare danni materiali per la posizione strategica d’Israele.
E quali sono, allora, le motivazioni della Siria? Anche Damasco ha buone ragioni per stare a questo gioco.
a) Il principale problema della Siria è l’isolamento internazionale. La sua alleanza con l’Iran, unita alla sua sponsorizzazione del terrorismo contro Libano, Iraq e Israele, procura alla Siria seri problemi diplomatici e costi economici. Negoziare con Israele le serve per tirarsi fuori dall’angolo. Il precedente si ebbe nel periodo 1991-2000. Senza concessioni né mutamenti di politica, la dittatura sopravvisse durante il decennio in cui era più vulnerabile (a causa del crollo dell’Urss e della vittoria americana in Kuwait). Comprensibilmente cerca oggi di replicare quella strategia di successo.
b) Il regime di Damasco sostiene che, se occidente e Israele vogliono che la Siria parli di pace, allora dovranno trattarla bene: si scordino le indagini sugli assassini politici in Libano di matrice siriana, si cancelli il tribunale internazionale che vorrebbe mettere sotto processo per assassinio i più alti quadri del regime.
c) Idem per l’idea di punire la Siria per aver cercato di costruire un impianto segreto di armi nucleari con l’aiuto della Corea del Nord. E si ignori l’appoggio da parte della Siria agli insorti in Iraq che ammazzano iracheni e soldati americani
d) Chiedere più concessioni, che potrebbero essere ottenute senza alcuna concessione da parte siriana.
e) Prendere tempo nell’attesa di vedere se il prossimo presidente degli Stati Uniti avrà una politica più favorevole alla Siria, eventualità di cui si parla molto a Damasco.
f) Potersi concentrare su ciò che la Siria vuole veramente: consolidare il proprio controllo sul Libano senza interferenze esterne. Il mondo, specie Onu e Dipartimento di stato, non hanno fatto nulla per fermare la vittoria di Hezbollah-Siria-Iran in Libano. Poi hanno rabberciato il tradimento fingendo che fosse un passo verso la stabilità. Il che probabilmente sarebbe avvenuto anche senza la commedia israelo-siriana, ma quest’ultima ha comunque aiutato, hanno pensato a Damasco.
Naturalmente l’idea che la Siria voglia una vera pace, che riconosca Israele, che si allontani dall’Iran, che abbandoni Hamas e Hezbollah e cessi di intromettersi nel terrorismo in Iraq semplicemente non sta in piedi. Sono tutte misure contrarie agli interessi vitali del regime. Tuttavia, come si è detto, Damasco può stare al gioco dei colloqui senza fare nulla di tutto questo.
Nel frattempo il Libano è caduto nelle mani di Hezbollah, un altro stato che va ad aggiungersi al blocco iraniano: una sciagura accresciuta dal fatto che viene disconosciuta. Un giorno, questo sviluppo potrebbe essere visto come il sacrificio della Cecoslovacchia nel 1938 a Monaco per accondiscendere la Germania. Bashar Assad non è Adolf Hitler (un parallelo più calzante potrebbe essere quello con il partner minore della Germania di allora, il dittatore italiano Benito Mussolini). Ma Stati Uniti ed Europa, specie la Francia, si sono comportati verso il Libano come il primo ministro britannico Neville Chamberlain a Monaco. E questo, prima ancora che l’Iran abbia armi nucleari o che alla Casa Bianca sieda un presidente più incline all’appeasement.
Se l’occidente non si sveglia alla svelta, ciò che seguirà potrà essere molto peggio.

(Da: Jerusalem Post, 25.05.08)