Fatah ribadisce: no allo stato ebraico

Per i palestinesi Israele non è il paese del popolo ebraico, dunque gli ebrei non avranno mai diritto a nessuna porzione di territorio

Nabil Shaath nel dicembre 1988: “Se otterremo l’indipendenza su una parte della nostra terra, non abbandoneremo il nostro sogno di istituire un singolo stato su tutta la terra palestinese”. Domanda: mentiva allora o mente oggi?

L’alto esponente di Fatah Nabil Shaath ha smentito d’aver mai affermato che, una volta appianati i nodi fondamentali del negoziato con Israele, l’Autorità Palestinese potrebbe considerare il riconoscimento di Israele come stato ebraico. L’affermazione era stata riportata martedì da diversi mass-media, tra i quali il Palestine News Network che citava “i media israeliani”. Tutto falso, ha dichiarato mercoledì Shaath al sito di notizie palestinese Ma’an sostenendo d’essere stato male interpretato durante un dibattito tenuto lunedì con una delegazione di studenti dell’Università di Harvard. È vero anzi il contrario, ha detto Shaath: i palestinesi non prenderebbero nemmeno in considerazione quel riconoscimento perché esso, a suo dire, “rafforzerebbe l’occupazione” e metterebbe a repentaglio qualunque ipotetico “diritto ritorno” dei profughi palestinesi, così come i diritti “dei palestinesi residenti in Israele”.

Uno studente aveva chiesto a Shaath se i palestinesi riconoscerebbero Israele come stato ebraico nel caso Israele riconoscesse uno stato palestinese con Gerusalemme come capitale, il “diritto al ritorno” e l’impegno a rispettare i diritti dei palestinesi. La risposta di Shaath è stata no: “Se Israele riconoscerà e metterà in pratica tutti i nostri diritti – ha spiegato al ragazzo – discuteremo il tuo suggerimento, ma la nostra risposta sarà negativa, perché ci opponiamo a uno stato ebraico come ci opponiamo a una Palestina come uno stato per i musulmani o per i cristiani”.

All’inizio di questo mese Shaath aveva accusato il primo ministro Netanyahu d’aver posto fine unilateralmente ai negoziati di pace con il suo discorso a Washington del 4 marzo in cui chiedeva che i palestinesi riconoscessero Israele come stato ebraico. “Il presidente Abu Mazen riconosca lo stato ebraico – aveva detto Netanyahu – In questo modo potrete dire al vostro popolo che, sebbene vi sia fra noi un contenzioso territoriale, il diritto di Israele ad esistere è fuori discussione. E finalmente mettereste in chiaro che siete veramente disposti a porre fine al conflitto”. (Da: Ha’aretz, 19.3.14)

Dalla Costituzione Palestinese

Legge Fondamentale del 2002 emendata nel 2003, promulgata a Ramallah il 18 marzo 2003

Nel nome di Allah clemente e misericordioso

Articolo 1 – La Palestina è parte del più generale mondo arabo e il popolo palestinese è parte della nazione araba. L’unità araba è un obiettivo per il cui conseguimento si adopera il popolo palestinese.

[…] Articolo 4 – L’islam è la religione ufficiale in Palestina. Deve essere preservato il rispetto per la santità di tutte le altre religioni divine. I principi della shari’a islamica sono la fonte principale della legislazione. L’arabo è la lingua ufficiale. (Da: palestinianbasiclaw.org)

Tutta la pubblicistica palestinese (anche quella ufficiale, come questa pagina del sito web della delegazione dell’Autorità Palestinese nel Regno Unito) identifica tutto il paese come Palestina: non c’è posto per lo stato ebraico

La pubblicistica palestinese (anche quella ufficiale, come questa pagina del sito web della delegazione dell’Autorità Palestinese nel Regno Unito) identifica tutto il paese come Palestina: non c’è alcun posto per lo stato ebraico

Scrive Dror Eydar, su Israel HaYom: «Torniamo a ripeterlo: la richiesta di riconoscere lo stato d’Israele come stato ebraico non è un capriccio. È il cuore, la radice del conflitto del XX secolo: gli ebrei hanno o non hanno diritto come nazione a esercitare la propria sovranità su una parte di questa terra? Senza il riconoscimento di Israele come stato nazionale del popolo ebraico, il conflitto persisterà anche dopo la ratifica di un tardivo “accordo di pace”. Se Israele non è il paese del popolo ebraico, allora gli ebrei non hanno diritto a nessuna porzione di territorio. Allora gli israeliani sono predatori colonialisti anche all’interno dei confini d’Israele più angusti che si possa immaginare (che è appunto ciò che sostengono gli anti-israeliani viscerali). Messa in questo modo, il movimento internazionale per il boicottaggio e le decine di organizzazioni anti-israeliane continueranno ad alimentare l’odio e la guerra contro Israele anche quando fosse ridotto ai minimi termini, e continueranno ad agitare l’indegna calunnia dell’”apartheid”: dopo tutto c’è un 20% di popolazione non-ebraica all’interno di Israele, e la Legge del Ritorno vale per gli ebrei. I cittadini arabi hanno eguali diritti civili e politici individuali, ma non hanno diritti “nazionali”, ed è proprio lì che salta fuori la rivendicazione di uno status politico autonomo per gli arabi israeliani, ed è da lì che partirà la richiesta di fare d’Israele uno stato come gli altri 22 stati arabi che già esistono: giacché gli ebrei non hanno alcun diritto nazionale, neanche se Israele fosse ridotto alla sola Tel Aviv. Anche lo stato ebraico più democratico possibile verrà etichettato come etnocentrico e razzista se gli ebrei come tali non hanno alcun diritto a uno stato nazionale, e in tutto il mondo si leveranno sempre più voci che esigeranno di trasformare Israele in uno stato che non abbia nulla di ebraico. “Cosa farete con un 20% di popolazione palestinese?” ha chiesto Shaath parlando alla radio. Ma si tratta di una diffusa menzogna: il dato si riferisce ai membri di svariate minoranze – arabi musulmani, arabi cristiani, drusi, circassi e altri – molti dei quali non si identificano affatto con i palestinesi. Ma consideriamoli pure tali, per assurdo: “cosa faremo con loro?”. In realtà hanno già eguali diritti civili e politici, molto più degli altri arabi in tutto il Medio Oriente. E infatti non hanno alcuna intenzione di prendere la cittadinanza palestinese. Ma Israele è lo stato della nazione ebraica, ed è l’unico stato al mondo che appartenga a questo popolo: gli ebrei. Riconoscere questo fatto è un presupposto estremamente importante per porre fine al conflitto e ad ogni ulteriore rivendicazione. È la cartina di tornasole per verificare l’onestà delle intenzioni palestinesi. Rifiutarsi di riconoscere questo fatto indica la persistenza del catalizzatore che alimenta questo conflitto: non si tratta di questo o quel territorio, ma della nostra legittima esistenza come nazione ebraica nella nostra terra. È tanto difficile capirlo?» (Da: Israel HaYom, 19.3.14)