“Fiera di contribuire alla difesa del mio paese”

La soldatessa araba di Galilea che va nelle scuole a motivare i giovani israeliani.

image_3340Può una persona essere araba e al contempo un buon cittadino israeliano al punto da voler difendere il proprio paese in uniforme? A quanto pare la risposta è sì. Basta chiede a Shirin Shlian, soldatessa ventenne delle Forze di Difesa israeliane, originaria di un villaggio arabo della Galilea, il cui compito nell’esercito è quello di incoraggiare gli studenti delle scuole superiori ad arruolarsi nelle forze armate. Di più, ad arruolarsi nelle unità combattenti.
Visto che non mancano giovani ebrei israeliani che fanno di tutto per sottrarsi all’obbligo di leva, la vicenda dalla famiglia araba Shlian appare abbastanza sorprendente. Shirin non è l’unico membro della famiglia che serve nelle Forze di Difesa israeliane: un suo fratello è maggiore in un’unità di combattimento, mentre un altro fratello presta servizio nella polizia di frontiera.
“Molti arabi ed ebrei mi chiedono come mai mi sono arruolata nelle Forze di Difesa israeliane – dice Shirin ai suoi amici nella città di Nazareth Illit, nel nord di Israele – Specie gli ebrei quando sentono che sono araba e si stupiscono. Deve essere la buona educazione che ho ricevuto in famiglia. Sorrido a tutti e non litigo con nessuno”.
Shirin si è arruolata diversi mesi fa ed ha seguito un corso per giovani istruttori. Come parte dei suoi compiti, va nelle scuole superiori di Nazareth Illit a parlare di reclutamento nelle forze armate con gli studenti degli ultimi e penultimi anni. “Tengo loro delle lezioni sull’avviso di coscrizione, sul servizio di leva nelle Forze di Difesa israeliane e sulle mansioni che offre l’esercito. Poi ho degli incontri a tu per tu coi singoli studenti con l’obiettivo di incoraggiarli a dare il loro contributo prestando servizio in modo significativo. Gli studenti si congratulano con me per la mia decisione di arruolarmi volontaria [i cittadini arabi d’Israele sono esentati dal servizio di leva obbligatorio, ndr] per dare il mio contributo al paese”.
Ad ogni modo, quando torna a casa, nel suo villaggio, Shirin si toglie la divisa e indossa abiti civili per evitare qualunque genere di frizione con coloro che potrebbero disapprovare la sua scelta. “Non ho paura di nessuno – tiene comunque a precisare – e non ho mai ricevuto nessun tipo di minaccia”. E conclude: “Sono molto fiera del mio servizio militare. Avevo sempre desiderato entrare nell’esercito e dare il mio contributo alla difesa del mio paese”. Shirin dice che anche il suo ragazzo è d’accordo e l’ha appoggiata nella sua scelta.
Di lei, il sindaco di Nazareth Illit, Shimon Gapso, parla solo bene. “Il soldato Shirin – dice – è un esempio positivo. Ci sono molti come lei, qui a Nazareth Illit: una città che rappresenta la coesistenza fra tutte le componenti della società israeliana”.

(Da: YnetNews, 19.1.12)

Nella foto in alto: il caporale Elinor Joseph, prima donna araba entrata in una unità di combattimento delle Forze di Difesa israeliane. “Guardate il berretto” dice Elinor con un grande sorriso, intervistata da Rotem Caro Weizman, esibendo con orgoglio il berretto verde che si è guadagnata completando il corso d’addestramento per entrare nel Battaglione Karakal. Nata e cresciuta in un quartiere misto arabo-ebraico della città di Haifa, si trasferì successivamente a Wadi Nisnas, il quartiere arabo dove vive tuttora. Benché avesse sempre portato al collo la piastrina di suo padre, che aveva servito nei paracadutisti, non pensava davvero di arruolarsi lei stessa. Quando lo fece, dovette affrontare l’ostilità di molti amici arabi che minacciavano di toglierle il saluto. “Ho deciso di andare avanti lo stesso e vedere quali erano i miei amici autentici. Mi era chiaro che dovevo fare qualcosa per difendere la mia famiglia e il mio paese. Io sono nata qui”. Dice d’aver poi capito che era la cosa giusta da fare. “Col tempo, quando fai le cose col cuore, ne capisci l’importanza. Alla fine mi ha sorpreso vedere come anche quelli che non volevano più parlare con me hanno accettato la mia scelta”. Secondo Elinor, essere soldato significa garantire la sicurezza per tutti i cittadini israeliani, compresi gli arabi israeliani come i suoi genitori. E ricorda quella volta che un razzo Katyusha cadde vicino a casa sua, ferendo alcuni arabi. “Se qualcuno mi dice che servire in unità di combattimento israeliane significa potersi trovare ad uccidere degli arabi, rispondo che molti più arabi sono uccisi da altri arabi”. “In fin dei conti – conclude – questa sarà sempre la mia casa, e sono convinta che, nonostante tutto, prima o poi verrà la pace”.
(Da: northshorejournal.org, 28.7.2010)