Fondi spesi male

Il contribuente europeo non sa che i suoi soldi vanno spesso a finanziare ONG puramente anti-israeliane.

Da un articolo di Gerald M. Steinberg

image_1178La condanna rapida e incondizionata dell’attentato terroristico palestinese di lunedì scorso a Tel Aviv da parte dei rappresentanti europei è rivelatrice dei grandi cambiamenti intercorsi nei rapporti fra Europa e Israele. Solo pochi anni fa, Chris Patten e altri funzionari europei condannavano automaticamente Gerusalemme per qualunque azione intraprendesse per contrastare il terrorismo, mentre vari parlamentari europei minacciavano boicottaggi. Intanto milioni di fungibili euro venivano riversati nelle tasche e nei conti bancari di Yasser Arafat. Quando gli Stati Uniti ruppero i rapporti con Arafat, l’inviato dell’Unione Europea Miguel Moratinos (oggi ministro degli esteri spagnolo) continuò imperterrito ad incontrare il capo dell’Olp. Risultato: l’Europa rimaste praticamente esclusa dal processo diplomatico.
Da allora la politica europea verso Israele è diventata decisamente più onesta e più realistica. Sono cessati i versamenti indiscriminati di fondi nelle casse dell’Autorità Palestinese, e sono stati indagati i collegamenti con la corruzione (anche se in segreto, mentre l’Europa continua a predicare agli altri la trasparenza). Gli europei hanno anche iniziato a prendere più sul serio le esigenze di sicurezza di Israele, spinti forse dall’esperienza diretta del terrorismo di massa fatta a Madrid e a Londra. Dopo che Hamas è salita al potere, l’Unione Europea si è unita a Canada, Stati Uniti e Israele nel sospendere i finanziamenti al governo dell’Autorità Palestinese. Ecco perché oggi il governo israeliano accetta un maggiore coinvolgimento dell’Europa in essenziali iniziative politiche e di sicurezza, compreso l’accomodamento (peraltro fallito) per la sicurezza ai valichi della striscia di Gaza.
Stride, in questo quadro, il fatto che l’Unione Europea insista a finanziare alcuni gruppi estremisti che promuovono la demonizzazione di Israele. Pochi mesi fa, nonostante il cambiamento di rotta in altri campi, ignoti funzionari europei hanno scelto di includere alcune organizzazioni non governative particolarmente estremiste nei finanziamenti previsti dal Programma di Partnership per la Pace. Fra questi partner figura ad esempio un piccolo gruppo chiamato ICAHD (Israel Committee Against House Demolitions, Comitato israeliano contro la demolizione delle case). ICAHD, che già in passato ha ricevuto fondi UE, ha ricevuto altri 472.786 euro per un progetto che porta un bel titolo pseudo-accademico: “Reinquadramento ovvero: fornire all’opinione pubblica israeliana una coerente paradigma di pace”.
L’idea che dei funzionari usino i soldi dei contribuenti europei per finanziare azioni di propaganda politica presso cittadini di un’altra democrazia appare già di per sé piuttosto criticabile. Cosa penserebbero i cittadini europei se – per dire – una campagna anti-abortista lautamente finanziata dal governo americano venisse intitolata “Reinquadramento ovvero: fornire all’opinione pubblica europea un coerente paradigma contro l’infanticidio”?
Gli europei considerano i sussidi governativi a gruppi di interesse molto politicizzati e specificamente selezionati come parte di una filosofia per la promozione della “società civile”. Ma usare queste risorse per manipolare il dibattito pubblico in altri paesi democratici, Israele compreso, sembra un comportamento assai discutibile.
In questo caso, poi, il problema va oltre quello della manipolazione attraverso il finanziamento di gruppi di interesse politico. In realtà alcuni funzionari UE, tuttora dediti a promuovere la guerriglia politica contro Israele, usano questi fondi per sostenere gruppi estremisti sotto la maschera del Programma di Partnership per la Pace. ICAHD è una ONG del tutto marginale la cui figura principale è Jeff Halper, un tizio che ha attivamente preso parte alla famigerata kermesse antisemita a Durban nel 2001, che interviene spesso a sostegno delle proposte di boicottaggio anti-israeliano che circolano nella Chiesa anglicana d’Inghilterra (versione aggiornata della strategia di Durban), e che appare frequentemente accanto a Naim Ateek, capo di Sabeel, una ONG estremista cristiana palestinese (animatrice della cosiddetta teologia della liberazione palestinese). Come ricorda un partecipante a un incontro sul dialogo inter-religioso, Ateek non esita a negare ”il legittimo diritto del popolo ebraico a vivere nella propria terra, e a dar corso a calunnie antisemite di stampo medievale”.
Grazie all’aiuto di Halper, Sabeel viene decritta come “la forza guida che spinge, da dietro le quinte, le principali denominazioni protestanti ad adottare la politica di disinvestimento contro Israele”. Non è da meno Halper, che fa affermazioni del tipo: “E’ dimostrato che uno stato ebraico è politicamente e moralmente insostenibile”, definisce “inaccettabile” la soluzione due popoli-due stati e parla di “apartheid israeliano”.
Quando affermazioni così estremiste vengono fatte da un ebreo israeliano il cui stipendio e le cui spese sono pagati dall’Unione Europea, è molto più facile ottenere legittimità e schivare l’accusa di pregiudizio anti-ebraico.
ICAHD non è l’unico esempio. I fondi della UE o di singoli governi europei vanno a decine di altre ONG politicizzate che promuovono la demonizzazione di Israele, come ad esempio Hamoked che – come ha detto l’avvocatura di stato – sostiene di essere un’organizzazione umanitaria, ma in realtà promuove posizioni estremiste palestinesi.
Non si tratta di una questione secondaria, giacché concerne uno dei nodi centrali del conflitto: l’istigazione all’odio e al terrorismo. Se davvero politici e burocrati europei sono sinceramente interessati a promuovere lo sviluppo della società civile nel quadro della democrazia israeliana, hanno a disposizione certamente molti altri modi per farlo che siano assai meno ostili e più decorosi.

(Da: Jerusalem Post, 20.04.06)

Nella foto in alto: L’autore di questo articolo, prof. Gerald M. Steinberg, del Jerusalem Center for Public Affairs e dell’Università di Bar Ilan (Ramat Gan).