Fu necessaria la guerra di un anno fa contro Hezbollah

Lo ribadiscono, fra gli altri, Ehud Olmert e A.B. Yehoshua

image_1761La decisione, l’estate scorsa, di muovere guerra contro Hezbollah in Libano era giustificata, e oggi la situazione nel nord di Israele è migliore di quanto fosse un anno fa. Lo ha detto giovedì mattina il primo ministro israeliano Ehud Olmert durante una visita nel nord del paese in occasione del primo anniversario dello scoppio della guerra.
“Oggi – ha detto Olmert – un anno dopo la seconda guerra in Libano, il nord di Israele gode di una calma sicurezza che non conosceva da almeno quattro anni. E io ancora oggi sono convinto che prendemmo la decisione giusta quando decidemmo di allontanare la minaccia dai nostri confini settentrionali”.
Olmert ha aggiunto che l’apparato della Difesa sta facendo ogni sforzo per superare i punti deboli che si sono rivelati durante le operazioni di guerra di un anno fa.
Circa la situazione con la Siria, Olmert ha ribadito di non credere alla possibilità di uno scoppio di ostilità su quel fronte quest’estate, benché non vi sia nulla di nuovo da riferire sul versante diplomatico. “Speriamo ardentemente che possano crearsi le condizioni per un dialogo – ha dichiarato – Noi non abbiamo alcun interesse a fare una guerra con la Siria, e ci auguriamo che anche loro non abbiano interesse a combattere contro di noi”.

Un anno fa il 12 luglio – ha scritto il celebre autore israeliano A.B. Yehoshua – Hezbollah, l’organizzazione militare libanese che propugna la distruzione di Israele, lanciò un attacco contro Israele sulla frontiera internazionale, uccise otto soldati israeliani, ne prese in ostaggio due e prese a martellare la parte nord del paese con i razzi Katyusha. La vigorosa risposta di Israele a quell’attacco era moralmente giusta, ed è così che la vede la maggior parte del mondo compresa una buona parte del mondo arabo. È vero che, nonostante fosse giustificata, è durata più a lungo di quanto avrebbe dovuto e ha rivelato una quantità di punti deboli sia nelle nostre forze armate che nella sicurezza del nostro fronte interno. Ma debolezze ed errori non significano necessariamente debiti morali, esattamente come vittorie e successi non dimostrano necessariamente superiorità morale.
Al contrario della prima guerra in Libano (del 1982), la guerra dell’estate 2006 è stata la vera Operazione Pace in Galilea: essa deve prendere il nome originario della prima guerra in Libano, che portò solo sangue e distruzione.
Avrà mai pace la Galilea? Non lo so. Se questa guerra, di cui ricordiamo oggi il primo anniversario, non si risolverà solo in un esercizio da punching-ball, ma piuttosto in un’estesa lista di azioni che attendono urgentemente d’essere compiute, a cominciare dal rettificare le inefficienze militari, rafforzare le difese delle comunità nel nord, formulare un accordo del Consiglio di Sicurezza sul confine settentrionale, soprattutto promuovere passi coraggiosi per arrivare a un accordo di pace con la Siria, allora tutto sommato c’è la possibilità di un futuro di pace per il nord di Israele.
Tenendo presente che “il nord di Israele” è molto più ampio di quanto tendiamo a pensare, giacché si estende da Metula e Nahariya fino alle porte di Tel Aviv.

(Da: Jerusalem Post. YnetNews, 12.07.07)