Gilad Shalit: la straziante scelta d’Israele

Il paese si confronta ancora una volta con lo spietato ricatto imposto dai terroristi

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_2443In un editoriale YEDIOT AHARONOT afferma che, nel vicenda dell’ostaggio Gilad Shalit, “perderemo in ogni caso: il gap fra le due parti è troppo grande e il tempo che rimane al governo Olmert troppo breve. Di tutti i compiti che il governo Olmert lascierà al successore Netanyhau, quello della liberazione di Shalit è in assoluto il più doloroso”.
In un secondo editoriale, YEDIOT AHARONOT cita una valutazione dei servizi di sicurezza israeliani secondo la quale, se venissero rimessi in libertà i terroristi che Israele si rifiuta di scarcerare, “essi molto probabilmente darebbero vita a una nuova ondata di terrorismo targato Hamas”. L’editoriale approva le dichiarazioni fatte martedì sera in televisione dal primo ministro israeliano Ehud Olmert definendole “chiare, sintetiche e autorevoli”, e aggiunge: “L’opinione pubblica israeliana ha accolto le parole di Olmert con sentimenti misti di comprensione e tristezza”, ma “questo serrare i ranghi potrebbe infrangersi nel giro di pochi giorni quando – sabato 21 marzo – scoccheranno i 1.000 giorni esatti da quando Gilad Shalit è stato preso in ostaggio”.
Anche MA’ARIV sottolinea come martedì il direttore dei servizi di sicurezza israeliani Yuval Diskin abbia informato il governo che i terroristi che Israele si rifiuta di scarcerare potrebbero, se rilasciati, “rimettere in piedi in breve tempo una ramificata struttura terroristica in Cisgiordania” e suppone che il primo ministro Olmert abbia pensato: “Il mio compito è pensare a tutte le madri: non solo alla madre di un soldato, ma anche a quelle dei soldati e dei comuni cittadini, uomini donne e bambini, che verrebbero uccisi da quella rete terroristica”.
In un secondo editoriale, MA’ARIV approva la decisione di Olmert di non cedere all’estremo ricatto di Hamas e sostiene che “una capitolazione d’Israele alle pretese di Hamas garantirebbe all’organizzazione terroristica una vittoria anche nell’ambito della politica interna palestinese e indebolirebbe Mahmoud Abbas (Abu Mazen), forse mortalmente”.
YISRAEL HAYOM analizza la campagna pubblica e mediatica per Gilad Shalit e scrive: “Non c’è esempio migliore di quanto sia vero che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzione. In questo caso le buone intenzioni hanno contribuito ad allontanare il giorno in cui Gilad Shalit potrà tornare a casa. È più che fondata la tesi secondo cui le manifestazioni e il loro impatto sui mass-media hanno spinto Hamas a indurire la sua posizione e a imporre condizioni che nessun governo potrebbe accettare. In campo arabo c’è chi lo dice apertamente”. In questo contesto, l’editoriale critica il ministro della difesa Ehud Barak per essersi recato in visita di solidarietà alla tenda di protesta eretta dalla famiglia Sahlit davanti alla residenza del primo ministro, e le dichiarazioni rese alla stampa da altri ministri volte a sostenere che Israele dovrebbe pagare “qualunque prezzo” pur di arrivare alla liberazione di Shalit. E aggiunge che “agli occhi di Hamas, la logica conclusione è stata: se sono disposti a pagare qualunque prezzo, allora il prezzo deve essere alzato, e alzato di molto”. Secondo l’editoriale, Olmert avrebbe dovuto fissare molto tempo fa limiti precisi e invalicabili; comunque “la posizione che ha assunto ora merita tutta l’ammirazione: non è facile resistere alla massiccia pressione pubblica, ma lo esige il senso di responsabilità”.
In un altro editoriale, YISRAEL HAYOM ricorda ai lettori che Gilad Shalit “è un soldato, non un bambino”. L’autore dell’articolo, egli stesso un ex soldato che ebbe a partecipare a “operazioni dietro le linee nemiche”, sostiene che “lo scopo del suo reclutamento nelle forze armate, come per ogni militare combattente, è quello di proteggere il paese e i suoi cittadini, eventualmente anche a costo della vita. È chiaro e naturale che ogni singolo cittadino vorrebbe fare tutte le concessioni per ottenere il rilascio di una persona cara. Ma i dirigenti del paese hanno l’onere di agire in base alla responsabilità pubblica”.
In un terzo editoriale, YISRAEL HAYOM scrive: “E’ del tutto ragionevole presumere che, come nel caso dei negoziati di Camp David del luglio 2000, anche riguardo alle attuali trattative per Gilad Shalit vi saranno degli israeliani che sposeranno la versione palestinese e sosterranno che non siamo noi che ci siamo spinti abbastanza avanti con le concessioni. Invece, benché non tutti i dettagli del negoziato siano noti, nulla può cambiare il fatto principale: né i capi di Fatah a Camp David né quelli di Hamas oggi sono disposti a recedere neppure di un millimetro dalle loro posizioni, anche se in entrambi i casi dovrebbero essere interessati a un compromesso non meno di Israele, anzi di più”.
Il JERUSALEM POST discute ciò che c’è di logico e di illogico dietro ai negoziati per la liberazione dell’ostaggio da più di due anni e mezzo nella mani dei terroristi Hamas a Gaza, ed esprime la massima partecipazione per il tormento della famiglia Shalit. Sostiene però anche che il prossimo governo dovrà, come minimo, prendere in considerazione una dichiarazione che fissi una nuova, irrevocabile e sacrosanta linea politica, stabilendo che non vi siano mai più scambi così sbilanciati tra centinaia di terroristi condannati e detenuti, e un ostaggio israeliano vilmente sequestrato mentre era in servizio ai confini del paese e trattenuto per anni senza il minimo rispetto per le regole più basilari di umanità.
(Da: Yediot Aharonot, Ma’ariv, Yisrael Hayom, Jerusalem Post, 17-18-19.03.09)

IL GOVERNO ISRAELIANO HA RESO NOTA UNA LISTA DI UNA DECINA DI TERRORISTI PLURI-ASSASSINI DI CUI HAMAS PRETENDE LA SCARCERAZIONE E CHE ISRAELE SI RIFIUTA DI RIMETTERE IN LIBERTÀ. ECCOLA:
– Hassan Salama – Condannato nel 1998 a 38 ergastoli per l’assassinio di decine di israeliani in attentati esplosivi, fra cui due attentati su autobus di Gerusalemme nel 1996 che causarono la morte di 44 persone.
– Bahij Badar – Arrestato nel 2004 e condannato a 18 ergastoli per aver organizzato attentati che causarono la morte di 18 israeliani. È considerato una delle figure di maggior spicco di Hamas.
– Abdallah Barghouti – Condannato a 67 ergastoli per il ruolo svolto in una serie di attentati che causarono la morte di 66 israeliani, oltre a 500 tra feriti e mutilati. Fra l’altro, fu tra gli organizzatori dell’attentato alla pizzeria Sbarro e al Moment Cafè di Gerusalemme.
– Mahmoud Hassan Ahmoud Arman – Condannato nel 2002 per il suo ruolo diretto in una serie di attentati che causarono la morte di 34 israeliani. Oltre al ad essere implicato nell’organizzazione dell’attentato al Moment Cafè, fu tra gli artefici dell’attentato alla caffetteria dell’Università di Gerusalemme e in un night club di Rishon Letzion.
– Ibrahim Hamed – Condannato per il ruolo svolto in una serie di attentati costati la vita a 82 israeliani e il ferimento di centinaia di altri, fra cui il duplice attentato suicida del 2001 in Piazza Sion a Gerusalemme, costato la vita a 11 persone.
– Abbas A-Sayid – Fino al giorno del suo arresto fu il capo di Hamas a Tulkarem. Condannato per diversi di attentati mortali, tra cui un attentato suicida nel centro commerciale di Hasharon di Netanya (5 morti).
– Mohand Sarim – Uno degli organizzatori dell’attentato al Park Hotel di Netanya che causò la morte di 29 israeliani, più 64 tra feriti e mutilati, durante la celebrazione della Pasqua ebraica nel 2002.
– Ra’ad Hutari – Arrestato nel 2003 e condannato per il suo ruolo nel reclutamento di diversi attentatori suicidi, compreso quello che si fece esplodere nel 2001 davanti alla discoteca Dolphinarium di Tel Aviv causando la morte di 22 persone, per lo più ragazzine adolescenti, più 83 tra feriti e mutilati.
– Jamal Abu Al-Hija – Già capo dell’ala militare di Hamas a Jenin, condannato a 9 ergastoli per il ruolo svolto in diversi attentati fra cui l’esplosione di un’auto bomba presso il centro commerciale di Hadera (2 morti e 64 tra feriti e mutilati).
– Mua’at Balal – Condannato a 26 ergastoli per il ruolo svolto in vari attentati, fra cui un attentato esplosivo nel 1996 nel mercato di Mahane Yehuda, a Gerusalemme, costato la vita a 18 israeliani. Fu anche direttamente implicato nell’organizzazione dell’attentato suicida del 1997 nella via pedonale Ben Yehuda di Gerusalemme, che causò la morte di 8 persone e più di 200 tra feriti e mutilati.
(Da: Jerusalem Post, 17.03.09)

Pur di ottenere la liberazione dell’ostaggio Gilad Shalit, Israele ha dichiarato la propria disponibilità ad includere fra le centinaia di detenuti da scarcerare anche i seguenti (a condizione che non si vadano a stabilire in Cisgiordania):
– Ata Latif Shakir – in carcere per l’omicidio a freddo del soldato israeliano Akiva Shaltiel nel 1985.
– Nasser Abdullah Nizal – capo del quartier generale di Hamas a Qalqilya, in carcere per il suo coinvolgimento in un attentato suicida del 2002 all’incrocio Bar Ilan di Ramat Gan.
– Ziad Kilani – in carcere per l’attentato del 2001 all’incrocio Mei Ami, nel nord di Israele, costato la vita a un militare in licenza.
– Said Yusuf Badarna – in carcere per il suo coinvolgimento nell’attentato suicida compiuto a Hadera nel giorno dell’indipendenza 1994 (5 morti).
– Muhammad Taher al-Karem – in carcere per il suo coinvolgimento in un attentato suicida del 2001 a Haifa (15 morti).
– Walid Ajnes – condannato a 26 ergastoli per il ruolo svolto nell’organizzazione di attentati suicidi a Gerusalemme e nella città di Rishon Lezion, che provocarono la morte di 37 persone.
– Ibrahim Shamasna – in carcere per il suo coinvolgimento nell’assassinio di quattro israeliani.
– Iyad Shalalda – in carcere per l’assassinio di Sasson Nuriel nel 2002.
– Adris Rajbi – in carcere per il suo coinvolgimento in una serie di attentati che causarono la morte di 22 israeliani.
– Fadi Juabeh – condannato a 26 ergastoli per il ruolo svolto in un attentato suicida del 2003 a Haifa (17 morti).

Questi elenchi, afferma il governo israeliano, “dimostrano fino a che punto Israele era disposto a spingersi e quale prezzo fosse disposto a pagare in cambio del rilascio di Gilad Shalit” (un soldato che non si è macchiato di nessun crimine e che venne sequestrato mentre stava soltanto facendo il suo dovere, a difesa di un confine internazionalmente riconosciuto). Queste liste però ”dimostrano anche che vi sono dei limiti e degli impegni verso la propria sicurezza che Israele non è disposto a infrangere”.
(Da: YnetNews, 17.03.09)

Nella foto in alto: Immagine d’archivio di un attentato palestinese su un autobus israeliano