Gli inguaribili pregiudizi delle Nazioni Unite

Il Consiglio di Sicurezza ha abbracciato la teologia della sostituzione e della totale negazione

Editoriale del Jerusalem Post

“Al Consiglio di Sicurezza l’odio fanatico viene chiamato libertà di culto dei musulmani”

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha giurato che impedirà agli ebrei di “profanare la moschea di al-Aqsa con i loro piedi sozzi”. Forse che c’è stata una qualche condanna di rilievo da parte delle Nazioni Unite di questa evidente istigazione all’odio? Nemmeno un accenno.

Le Nazioni Unite non smettono mai di stupirci, anche se lo spudorato pregiudizio di quell’organizzazione non dovrebbe ormai sorprendere nessun israeliano ragionevole. Eppure in qualche modo noi continuiamo compulsivamente a presumere che prove abbondanti e incontrovertibili sotto gli occhi di tutti possano finalmente riequilibrare la distorta bilancia internazionale. Ma invariabilmente ci viene dimostrato che nessuna assurdità è troppo assurda per le Nazioni Unite.

Il Consiglio di Sicurezza, ad esempio, in una stravagante dichiarazione è riuscito a ignorare le prepotenti aggressioni dei musulmani sul Monte del Tempio, abolendo nel contempo ogni traccia di legame fra gli ebrei e il luogo più sacro del giudaismo. E’ stata una fantastica prodezza riuscire in un sol colpo a cancellare la verità e alimentare la menzogna.

Tanto per cominciare, nel dichiarazione non compare mai il termine “Monte del Tempio” cancellando di fatto, in questo modo, tremila anni di storia ebraica (per non parlare della storiografia cristiana che ne deriva). Quello che viene menzionato è solo e unicamente l’arabo Haram al-Sharif (nobile santuario), che venne successivamente sovrapposto al Monte del Tempio. Ripetutamente, questo è l’unico termine con cui viene indicato il sito. E’ come se gli ebrei non vi fossero mai stati, come se non avessero alcun legame con quel monte, come se avessero inventato un falso racconto su un tempio inesistente e ora cercassero di usurpare i diritti dei musulmani il cui santuario sarebbe esclusivamente lì da tempo immemorabile.

Tutto questo si iscrive perfettamente nella scandalosa pretesa anti-storica che viene reiterata senza vergogna dagli arabi musulmani in generale, e dai palestinesi in particolare, che si atteggiano a vittime cui sono negate le libertà minime religiose mentre allo stesso tempo definiscono queste libertà come il diritto di escludere tutti gli altri e cancellare la civiltà e le credenze ebraiche dagli annali della storia umana. Si tratta della teologia basata su una spudorata sostituzione e sulla totale negazione.

“Perché mai dei pacifici fedeli in preghiera dovrebbero ammassare scorte come quelle, in un luogo così sacro?”

Questo è ciò che il Consiglio di Sicurezza ha ritenuto appropriato sostenere, in un momento in cui l’intero Medio Oriente è a brandelli e i suoi profughi inondano l’Occidente. In queste circostanze precarie ed esplosive, la preoccupazione più pressante è stata quella di affermare: “I membri del Consiglio di Sicurezza sottolineano che i fedeli musulmani allo Haram al-Sharif devono poter pregare in pace, esenti da violenze, minacce e provocazioni”. Il sotto-testo è chiaro: i diritti dei musulmani “a pregare in pace” vengono violati, e il cattivo della situazione è Israele. Non basta. Le prove sotto gli occhi di tutti degli ultrà musulmani che hanno trasformato la moschea di al-Aqsa in un campo di battaglia ammassandovi pietre, molotov e ordigni incendiari vengono scrupolosamente ignorate. Perché mai dei “pacifici fedeli in preghiera” dovrebbero ammassare scorte come quelle, e in un luogo così sacro? Non sorge il sospetto che l’intento fosse un tantino bellicoso? Com’era prevedibile, tutto questo è passato inosservato al Consiglio di Sicurezza, dove evidentemente l’odio fanatico viene chiamato “libertà di culto” dei musulmani.

Ogni anno i luoghi sacri vengono sfruttati per alimentare tensioni in occasione delle grandi festività del calendario ebraico, quando folle di fedeli ebrei si raccolgono presso il Muro Occidentale (“del pianto”) che si trova direttamente sotto il Monte del Tempio. Abitualmente viene ripetuto il tentativo non solo di attaccare sul Monte i visitatori non-musulmani (ai quali è comunque vietato anche solo sussurrare una preghiera), ma anche di tormentare e bersagliare di pietre i fedeli ebrei al Muro, interrompendo i loro servizi più sacri.

Israele e le organizzazioni ebraiche di tutto il mondo hanno debitamente biasimato la vergognosa declamazione ad opera del Consiglio di Sicurezza delle incendiarie falsificazioni musulmane, senza un briciolo di riconoscimento del legame ebraico con il sito: un legame che precede tutte le eventuali rivendicazioni successive. Ma sono state solo parole al vento.

Bisogna mettere in conto il più grossolano travisamento del passato e del presente, ogni volta che le Nazioni Unite si occupano di Israele. E c’è da aspettarsi di peggio, ora che va in scena lo spettacolo autunnale dell’Assemblea Generale.

Ma per quanto le svariate dichiarazioni e risoluzioni delle Nazioni Unite tendano ad essere invariabilmente assurde e ingannevoli, è innegabile il loro dannoso effetto cumulativo. Come minimo, inculcano e consolidano un lessico tendenzioso nella mente dei non esperti, avallando e alimentando pregiudizi. E imprimono quasi un marchio di legittimità a un programma fondato sull’odio, in spudorata contraddizione con la missione originaria delle Nazioni Unite.

(Da: Jerusalem Post, 26.9.15)